PAOLA Non è necessario risentire l’avvocato Tommaso De Capua, legale dell’imprenditore emiliano Angelo Marani. Lo ha deciso il tribunale di Paola davanti al quale si sta celebrando il processo a carico degli imprenditori cosentini Piero Citrigno e Fausto Aquino. Secondo l’ipotesi accusatoria, questi avrebbero costretto Marani – titolare dell’ex Emiliana tessile – a svendere l’azienda da lui realizzata nel comune di Cetraro. Nell’inchiesta, avviata dalla Procura di Paola, era finito anche l’ex sindacalista della Cgil Franco Mazza, che però ha chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato.
De Capua era stato sentito nel corso della precedente udienza. E rispondendo alle domande del pm e della difesa, aveva ricostruito tutte le fasi della compravendita avvenuta tra “Vela latina”, la società dei due imprenditori cosentini, e Marani. Per il legale non ci sarebbe stata assolutamente alcuna estorsione ma una normale trattativa, che lo stesso Marani aveva deciso di intraprendere dopo aver tentato di vendere anche ad altri gruppi, senza però riuscirgli. È a tal punto che Marani avrebbe contattato Citrigno e Aquino, decidendo di intavolare una trattativa con loro, trattativa seguita da De Capua fino alla stipula del contratto di cessione.
Il nuovo scenario, emerso dalla deposizione di De Capua, aveva spinto il pubblico ministero Francesco Verderese a chiedere al tribunale una riconvocazione di Angelo Marani. Una richiesta sulla quale il collegio giudicante oggi ha sciolto la riserva, precisando che non ci sono discrasie tra le dichiarazioni di Marani e quelle di De Capua. Il Tribunale ha poi acquisito tutta la documentazione prodotta dalle difese e relativa agli atti amministrativi della compravendita tra Marani e “Vela latina”.
L’INCHIESTA
Citrigno e Aquino, in uno con l’ex sindacalista Mazza, avrebbero esercitato pressioni illecite nei confronti di Marani fino a costringerlo a cedere l’azienda tessile di Cetraro al prezzo di 850mila euro «notevolmente inferiore al reale valore del bene». Questa l’accusa posta a base del rinvio a giudizio per estorsione nei confronti dell’imprenditore emiliano. La condotta estorsiva si sarebbe concretizzata nel corso di un incontro che Citrigno e Mazza avrebbero avuto con l’imprenditore Marani in quel di Bologna, dove Citrigno avrebbe imposto «la vendita al prezzo da lui unilateralmente stabilito» e, secondo l’accusa, avrebbe sentenziato: «Il prezzo è quello di ottocentocinquantamila euro non trattabili e ringraziami di averti creato una via d’uscita dalla Calabria e se non ti va bene, ti deve andare bene lo stesso».
Si torna in aula il prossimo 8 aprile ma solo per la discussione del processo con la requisitoria del pubblico ministero e le arringhe degli avvocati che rappresentano i due imputati e le parti civili.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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