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Non delocalizziamo

«Sosteniamo gli interessi della Calabria tutta, di tutte le imprese, di tutti i cittadini. La crisi non si supera da soli, guardando ai propri interessi corporativi. Con più determinazione del pass…

Pubblicato il: 04/12/2014 – 10:49

«Sosteniamo gli interessi della Calabria tutta, di tutte le imprese, di tutti i cittadini. La crisi non si supera da soli, guardando ai propri interessi corporativi. Con più determinazione del passato puntiamo a perseguire interessi “generali”, a coniugare i vantaggi per le imprese con i vantaggi per la società regionale». Così i presidenti delle cinque associazioni territoriali della Calabria all’indomani della costituzione di Unindustria, che ha sostituito la Confindustria regionale. E per presentarsi alla società calabrese affermano di voler puntare a un regionalismo aperto che sia connesso con le altre regioni e con lo Stato centrale, oltre che con l’Europa. Si sono resi conto, in sostanza, gli industriali calabresi che bisogna aprirsi alle relazioni istituzionali, sociali ed economiche se si vuole avanzare, mentre la Calabria continuerà ad arretrare se si chiude nel suo guscio, nei risentimenti, nell’antistatalismo, nel ribellismo, nella mera protesta.
Natale Mazzuca, Daniele Rossi, Michele Lucente, Antonio Gentile e Andrea Cuzzocrea – che rappresentano le unioni industriali delle cinque province – hanno messo a disposizione dei cittadini le loro conoscenze, competenze, strutture. Insomma hanno offerto la rete di Confindustria come porta di ingresso per favorire lo sviluppo della nostra regione e per attrarre imprese nuove. E questo – proprio quando la Banca d’Italia ha diffuso i dati, sempre più negativi, che caratterizzano la congiuntura calabrese che nel 2014 – ha fatto registrare un’ulteriore diminuzione del tasso di occupazione che ha perso altri due punti rispetto allo scorso anno. I responsabili della filiale della Banca per eccellenza ha parlato di debolezza della domanda e della limitata propensione delle imprese a investire. Ovviamente, come quasi sempre è accaduto, il calo del tasso di occupazione ha riguardato maggiormente la componente femminile, rispetto a quella maschile, con una flessione che ha riguardato soprattutto i lavoratori autonomi.
Anche se, come va ripetendo il premier Renzi, il posto fisso è finito, e da tempo. È ora, però, che la cabina di regia annunciata dall’ex sindaco di Firenze, che guida il governo con piglio decisionale, dia i frutti promessi e sperati. A partire dal porto di Gioia Tauro, che non può soffrire, ogni anno di più, le conseguenze della crisi e la conseguente diminuzione degli occupati. Alle parole non possono non seguire i fatti concreti, anche se a pagare le conseguenze della crisi (e della furia degli elementi) sono tutte le regioni italiane. Scontato che pagano maggiore pegno le regioni, come la Calabria, che necessitano, come il pane, di un forte supplemento di attenzione governativa. E gli industriali calabresi paiono essere d’accordo allorquando sostengono che non hanno alcuna intenzione di delocalizzare. «Siamo radicati in Calabria – hanno detto – e qui vogliamo restare». Ecco perché si sono impegnati a lavorare per migliorare il destino di questa regione, e garantire a tutti opportunità di crescita, economica e occupazionale. Hanno addirittura sostenuto che anche le imprese eccellenti che – pure in Calabria hanno radici e che potrebbero emigrare altrove, in aree più promettenti – vogliono continuare la loro attività (e la loro esperienza) imprenditoriale dalle nostre parti. E questo perché, se opportunamente coadiuvate da Renzi e dal suo governo – a loro parere – la nostra regione ha ottimi ingredienti, in termini di capitale umano, naturale e ambientale, per fare quel salto di sviluppo economico e civile che tutti, e non da ora, auspichiamo.
Che cosa attendono gli industriali calabresi? Il cambiamento istituzionale: che si metta al centro della politica il territorio, la sua difesa, la sua manutenzione.
Nella piena consapevolezza, come hanno sostenuto i geologi calabresi, che la salvaguardia idrogeologica sia una precondizione imprescindibile per garantire in primis la sicurezza dei cittadini, e poi quella del patrimonio ambientale e delle attività economiche che ancora, a denti stretti, resistono. Mazzuca, Gentile, Cuzzocrea, Rossi e Lucente hanno reclamato – e non solo loro e non per la prima volta – il bisogno disperato del funzionamento degli uffici, delle istituzioni e degli apparati pubblici ordinari. Senza di questo continueremo a essere sempre agli ultimi posti di ogni graduatoria che sia fatta da Banca d’Italia, Svimez, Istat. E che dire di Comuni, trasporti, scuole, ospedali? Siamo noi cittadini a dover essere messi al centro di ogni intervento. L’incertezza appartiene al quarto mondo, a quelli che vivono la loro vita col “magnana”, domani, domani.
Naturalmente non si possono trascurare i problemi della trasparenza e della legalità, per evitare malaffare e corruzione. Tutto deve avvenire alla luce del sole, i cittadini devono essere messi nelle condizioni di conoscere e partecipare, ove possibile, alle scelte pubbliche. Non è mancato, da parte industriale, il riferimento all’uso veloce e aggiuntivo dei fondi europei, che vengono considerati determinanti per lo sviluppo regionale. Non ci si può permettere la restituzione dei fondi assegnati all’Unione europea perché incapaci progettare. Non si è avuta, spesso, la consapevolezza che questi fondi rappresentano, fin quando ci saranno, le risorse pressocché esclusive per finanziare la crescita economica e sociale della Calabria.
Occorre cambiare. La trappola del sottosviluppo non si romperà mai se tutti non cambieremo atteggiamento, a seconda dei livelli di responsabilità avuti.

 

*giornalista

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