«L’ultima intimidazione arrivata all’indirizzo del procuratore Giuseppe Lombardo della Dda di Reggio Calabria non può che essere interpretata come l’allarmante conferma della presenza di qualcuno molto vicino alla Procura di Reggio Calabria, che ha paura delle indagini della Procura stessa». Anche i meet up reggini del movimento Cinque stelle si schierano al fianco del pm Giuseppe Lombardo, ma i pentastellati lanciano anche l’allarme sulla matrice dell’ultima intimidazione ricevuta dal sostituto procuratore della Dda reggina. «È noto a tutti che il pm Lombardo sia titolare delle più complesse e delicate indagini gestite dalla Dda, non ultima quella che attualmente vede imputati l’ex ministro Claudio Scajola e l’ex parlamentare di Forza Italia, Amedeo Matacena. Proprio nell’ambito di questo procedimento è emerso che le imprese di Matacena, all’epoca già coinvolto in processi di mafia, avrebbero a vario titolo lavorato alla realizzazione della maggior parte delle opere pubbliche varate dall’amministrazione comunale negli anni del Modello Reggio, senza che la prefettura abbia mai disposto approfondimenti sulla natura delle società interessate». Per i Cinque stelle «Si tratta di circostanze che non possono passare inosservate ma richiedono seri approfondimenti anche su quelle emanazioni territoriali del governo centrale che dovrebbero concretamente lavorare per il rispetto della legalità professato. Allo stesso modo, è necessario che vengano al più presto individuati il contesto e i responsabili di quest’ultima come delle precedenti intimidazioni arrivate all’indirizzo del dottore Giuseppe Lombardo, cui va non solo la nostra più assoluta e incondizionata solidarietà, ma anche l’impegno ad assicurargli le migliori condizioni di lavoro, a partire dalla serenità personale». Ma soprattutto i pentastellati ammoniscono «La raffinata strategia di matrice mafiosa che punta a far salire la tensione pur di allontanare un pm caparbio e determinato come Lombardo dai fascicoli potenzialmente pericolosi per i clan come per i loro addentellati nella macchina dello Stato, non deve passare».
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