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Omicidio a Montalto, «non avrebbe sparato per legittima difesa»

COSENZA «Non avrebbe sparato per legittima difesa». Lo mette nero su bianco il gip del tribunale di Cosenza, Salvatore Carpino, che non crede alla versione di Carmine Cristini. Il 31 anni di Montal…

Pubblicato il: 07/12/2014 – 13:08
Omicidio a Montalto, «non avrebbe sparato per legittima difesa»

COSENZA «Non avrebbe sparato per legittima difesa». Lo mette nero su bianco il gip del tribunale di Cosenza, Salvatore Carpino, che non crede alla versione di Carmine Cristini. Il 31 anni di Montalto, noto alle forze dell’ordine e già collaboratore di giustizia, è accusato di aver ucciso Stanislao Sicilia, il 29enne freddato nella notte tra martedì e mercoledì scorsi nella piazza del centro del Cosentino. L’ex pentito – che è accusato di omicidio aggravato e detenzione abusiva di armi da fuoco – nel corso di un lungo interrogatorio si era difeso dicendo di avere sparato perché era stato aggredito.
Una versione alla quale non hanno creduto il pm Giuseppe Cozzolino, titolare delle indagini, polizia e carabinieri che hanno partecipato all’interrogatorio. Nelle motivazioni dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, firmata dal gip, emerge come non sia credibile il racconto dell’indagato, che avrebbe parlato di legittima difesa solo per alleggerire la sua posizione. E, inoltre – spiega il giudice – dalle risultanze investigative e dagli interrogatori resi da alcuni testimoni, è chiaro che Stanislao Sicilia sia stato vittima di un agguato.

 

LA VERSIONE DEL PRESUNTO KILLER
«Mi hanno inseguito e poi mi hanno sparato senza però colpirmi. Così ho sparato verso chi mi aveva aggredito». Carmine Cristini è stato sentito per diverse ore nella sede della questura di Cosenza. Davanti a carabinieri, poliziotti e al pm di turno Giuseppe Cozzolino ha riferito la sua versione dei fatti sull’agguato di Montalto. Il 31enne – secondo quanto ha riferito agli inquirenti – quella sera doveva uscire con alcuni amici, ma per un cambiamento di programma la serata in un locale era saltata e lui si trovava nella strada che porta al centro abitato di Montalto Uffugo oppure a San Vincenzo la Costa.
A quel punto – è scritto nel decreto di fermo – «ho visto due macchine di colore scuro ferme sul ciglio della strada con delle persone a bordo che non ho riconosciuto perché la zona era completamente buia. Tale presenza mi ha insospettito, pertanto mi sono diretto repentinamente verso Montalto Uffugo. Giunto in località Vaccarizzo, mentre percorrevo la strada in direzione San Benedetto, ho visto una Smart bianca ferma con il motore e le luci accese a bordo della quale, lato guida, mi è sembrato di vedere Stanislao Sicilia ma non ho visto chi erano le altre persone a bordo. Dopo aver superato la Smart, ho notato che tale veicolo ha cominciato a seguirmi per poi, una volta giunto nella vicina piazza, superarmi e porsi di traverso bloccando la mia marcia. Sono stato costretto a fermarmi e, sulla destra, ho visto un’altra autovettura, una Fiat Grande Punto grigia, a bordo della quale vi era una persona che non ho riconosciuto mentre nei pressi del veicolo vi era un soggetto, con il volto coperto, che imbracciava un fucile a canne mozze. A quel punto vicino all’autovettura Smart, mentre il conducente era ancora alla guida, è comparsa una quarta persona – non so se scesa dalla Smart o già sul posto – che ha sparato al mio indirizzo un colpo di arma da fuoco con l’utilizzo di un’arma, che ho riconosciuto essere una pistola a tamburo, senza però riuscire a colpirmi. Immediatamente sono sceso dall’autovettura e ho iniziato a sparare diversi colpi di arma da fuoco verso la Smart. La persona che imbracciava il fucile è allora rientrata nella Fiat Grande Punto ed è fuggita in direzione San Benedetto unitamente al conducente, mentre la persona che aveva esploso un colpo di arma da fuoco al mio indirizzo si è dileguata verso la chiesa assieme al conducente della Smart, che nel frattempo era sceso dal veicolo. A quel punto – prosegue il suo racconto agli inquirenti – ho rimesso in moto l’autovettura e, in stato confusionale e molto impaurito, mi sono diretto verso l’autostrada imboccandola a Montalto Uffugo in direzione Rende. Da quest’ultima uscita, tramite le strade interne, mi sono recato in località Bucita di San Fili nei pressi dell’abitazione di mia zia. Ho consegnato le chiavi della mia autovettura al marito. In quel momento mi è pervenuto un sms da parte di mia madre che mi invitava a telefonare alla squadra mobile di Cosenza. Ho spiegato il luogo in cui mi trovavo, dove poi sono stato raggiunto dopo pochi minuti. Alla vista di due poliziotti ho consegnato l’arma che avevo utilizzato per sparare durante la mia aggressione». Cristini ha esploso tutti i colpi che aveva nella pistola.
Il presunto assassino ha anche spiegato perché indossava un giubbotto antiproiettile e portava una pistola: «Sono un ex collaboratore di giustizia e ho iniziato la mia collaborazione dal 2006. Fino al mese di aprile del corrente anno in tale qualità ho testimoniato in alcuni processi. Circa dieci giorni fa ho incrociato in località Settimo di Montalto Uffugo, Stanislao Sicilia che in più circostanze nel corso della mia collaborazione avevo indicato quale partecipe all’associazione mafiosa “Romeo-Calvano”. Nonostante le mie dichiarazioni lo stesso è stato assolto nel processo in cui era imputato. Qualche giorno fa l’ho rivisto nei pressi del cimitero di Montalto Uffugo e Sicilia dopo avermi apostrofato come “u pentitu” mi minacciava di morte accompagnando le parole con l’eloquente gesto delle mani che disegnavano in aria una croce. Da circa un mese, ovvero da quando ho ultimato la custodia cautelare degli arresti domiciliari, quando sono fuori casa indosso sistematicamente il giubbotto antiproiettile. Da circa una settimana, dopo aver patito la minaccia di Stanislao Sicilia, mi ero procurato anche la pistola che vi ho consegnato e che detenevo per difendermi in caso di agguati atteso che, come ho già dichiarato nel 2006 e risulta agli atti relativi alla mia collaborazione, sapevo che Sicilia deteneva due pistole, che io stesso gli avevo consegnato molti anni fa».

 

«STANISLAO AVEVA PAURA»
«Stanislao aveva paura di uscire solo di casa in virtù del fatto che qualche giorno prima gli era stato riferito la presenza a Montalto di Carmine Cristini». Lo ha riferito la fidanzata della vittima, sentita nell’immediatezza dell’agguato dai carabinieri del reparto operativo di Cosenza, guidati dal tenente colonnello Vincenzo Franzese. «Stanislao – ha aggiunto – mi rappresentava il fatto che proprio quest’ultimo lo aveva accusato ingiustamente di fatti già trattati in un procedimento penale per il quale Stanislao veniva assolto». In particolare – è scritto nel provvedimento di fermo – estremamente importanti appaiono le dichiarazioni rese dalla sorella e fratello della vittima, i quali hanno riconosciuto l’indagato quale autore dell’omicidio.

 

IL RACCONTO DELL’AGGUATO
«Mentre ero intenta a studiare per un esame da sostenere all’Università di Rende – ha raccontato la sorella della vittima – vedevo mio fratello Stanislao in sosta con la propria autovettura Smart davanti la nostra abitazione con lo stereo acceso ed era solo in macchina. Mi affacciavo alla finestra, ubicata a piano terra dell’abitazione e vedevo mio fratello che come usualmente fa, era in sosta davanti il portone di casa. Dopo qualche attimo attratta dal rumore della macchina di mio fratello, mi recavo presso il portone di ingresso, lo aprivo e uscivo su strada e potevo notare l’autovettura Smart di mio fratello partire a forte velocità poiché veniva affiancato da una Lancia Y, di colore nero. Entrambe le autovetture si dirigevano in direzione di marcia verso la piazza Garibaldi. Dopo pochi attimi udivo dei forti boati e avendo capito che stava accadendo qualcosa di strano, immediatamente, iniziavo a correre in direzione delle macchine. Durante il tragitto, di poche centinaia di metri, incrociavo proprio la Lancia Y che poco prima avevo notato seguire a forte velocità quella di mio fratello. Riconoscevo, senza ombra di dubbio, Carmine Cristini alla guida dell’autovettura Lancia Y, di colore nero, a lui in uso ma non riuscivo a notare il numero di targa. Conosco personalmente Carmine C
ristini in quanto lo stesso è stato coinvolto in alcune vicende penali unitamente a mio fratello e che la madre abita nello stesso Comune dove noi viviamo. Successivamente giungevo sul luogo dove vi era l’autovettura Smart in uso a mio fratello e notavo subito il finestrino lato guida frantumato, lo sportello lato guida aperto e mio fratello, poco più avanti, disteso a terra. Immediatamente soccorrevo mio fratello e convinta che fosse solamente svenuto, lo abbracciavo e lo sedevo all’interno della mia macchina Opel Corsa, di colore viola, unitamente al mio fidanzato. Nel momento in cui sollevavo mio fratello potevo notare la presenza di molto sangue sugli abiti e immediatamente provvedevo a trasportarlo alla la guardia medica di Montalto paese. Il medico di turno provvedeva a prestare le prime cure, a contattare i carabinieri e anche il 118. Poco dopo giungeva l’ambulanza che trasportava mio fratello nell’ospedale di Cosenza. Io seguivo l’ambulanza e giungevo unitamente alla stessa proprio al pronto soccorso».

 

Mirella Molinaro

m.molinaro@corrierecal.it

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