Sono questi giorni di accadimenti rilevanti che hanno innescato un dibattito denso, ma ancora non si riesce a capire se gli attuali protagonisti della politica (quale?) e della cosa pubblica hanno chiari i nodi che si aggrovigliano sempre di più e il divenire del Paese diventa nebuloso e incerto. Le questioni che oggi sono fortemente “monitorate” sono il rilevante astensionismo nelle elezioni regionali della Calabria e della Emilia-Romagna (qui quasi uno sciopero generale degli aventi diritto al voto) e la bruttissima storia di Roma. Questi due “fatti” si legano e sono espressione di un processo di decomposizione sociale e della politica, smarritasi in velleitarismi penalizzanti. Chi pensava con baldanza, agli albori della cosiddetta seconda repubblica, di ribaltare l’impianto costituzionale svuotando le istituzioni di democrazia rappresentativa, eliminando di fatto i partiti e sostituendo il tutto con la pratica della democrazia diretta, oggi si trova a gestire dei vuoti politici e morali. Quando si indeboliscono sostanzialmente le aree di responsabilità intermedie, quanto il patrimonio di risorse della rete delle associazioni, dei gruppi culturali sono sospinti nella irrilevanza tutto diviene difficile! Il credo nei leader non paga ma recide una sostanziale “quota” della democrazia che innesca fenomeni di disaffezione dei cittadini che non credono ai salvatori e non hanno più gli strumenti per potersi esprimere. Non ci sono più vari livelli decisionali ma una sola istanza che si confronta con tutti e quindi con nessuno. I dibattiti televisivi non sono facitori di politica ma il suo sostanziale smantellamento. Le difficoltà italiane sono tutte qui: aver prosciugato energie umane, intelligenze, risorse culturali ingabbiandoli in un progetto paese senza vigoria e senza anima. I partiti dovevano essere riformati e non distrutti e così anche il sindacato vive una stagione grama mentre le istituzioni di democrazia e il parlamento stesso sono considerati un intralcio. Un intralcio a progetti elaborati fra pochi. Ma per questo non sono la risultante di diffuse responsabilità e di seri impegni formativi. Senza democrazia, senza gli spazi di libertà una nazione perde la sua coscienza e il senso del suo cammino. I fatti su menzionati hanno dimostrato che sarà stato rottamato qualche vecchio politico di lungo corso ma hanno aperto una voragine che ha inghiottito storie che dovevano essere difese. Oggi c’è molto da fare: bisogna recuperare buon senso e coraggio. Non si risolvono i problemi con riforme di dubbia efficacia o con modifiche costituzionali avventate. E allora bisogna andare verso l’elezione di un’assemblea costituente per iniziare a discutere di politica e del futuro assetto del Paese. Il resto è solo presunzione che non va bene di fronte la gravità della situazione. Noi abbiamo incominciato a dare il nostro contributo e andiamo avanti con il sentimento di chi si sente nel giusto. Bisogna investire e rischiare. Altrimenti tutto verrà spento nel segno di una rabbia e del decadimento morale che le elezioni regionali del 23 novembre e i fatti di Roma ci hanno consegnato non come cronaca, ma come chiaro monito.
*Segretario nazionale Cdu
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