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Il grande “chirurgo”

Anche il dopo elezioni fa brutti scherzi. Li fa nello schieramento di chi ha vinto. A maggiore ragione, li fa tra chi ha perso. Sia nel primo che nel secondo si fa comunque la conta e ci si divide …

Pubblicato il: 11/12/2014 – 10:31

Anche il dopo elezioni fa brutti scherzi. Li fa nello schieramento di chi ha vinto. A maggiore ragione, li fa tra chi ha perso. Sia nel primo che nel secondo si fa comunque la conta e ci si divide tra vincitori e perdenti. Questi ultimi solidarizzano leccandosi le ferite soprattutto economiche. Ovviamente, governa chi vince e va all’opposizione chi perde. Almeno in una regione normale. In Calabria non è andata sempre così, (de)merito di quel trasversalismo che la caratterizza da decenni. Di quello stare insieme con spirito lobbistico che ha fatto sì che si formassero le “classi miste”, che nulla hanno a che fare con quelle nate ai miei tempi per superare il vecchismo divisivo tra maschi e femmine. Quel modo di risiedere nelle istituzioni che ha ivi impedito il perdurare della distinzione reale tra i rossi, i bianchi e i neri, tanto cara agli antagonisti della politica di allora e ai nostalgici di oggi (tra i quali mi annovero).

I fondi comunitari, l’eolico e la gestione della sanità, in primis, hanno messo d’accordo tutti, tranne che l’esercizio della politica con l’interesse pubblico.
Il nuovo consiglio regionale è ancora da decifrare, perlomeno per quanto riguarda le new entry, molte delle quali di buona qualità. Queste ultime, al di là delle positive esperienze di provenienza, per molti versi apprezzabili, sono tutte da verificare alla prova del compito istituzionale da svolgere. In Regione, ove la primaria funzione da esercitare è quella legislativa, l’impegno è notevole e difficile, specie allorquando v’è la necessità di riscrivere anche lo Statuto, pieno zeppo di incongruenze. Non solo. Ci sarà da riformare tanto e da riprogrammare tantissimo nonché ci sarà l’esigenza di dare fiato alla dirigenza che vale, spesso schiacciata all’angolo dall’assurda prevalenza del criterio dell’appartenenza lato sensu su quello della meritocrazia.
Dalle intenzioni del premier regionale si ricava la volontà del medesimo di volere cambiare le regole che non vanno e di accelerare la marcia del rinnovamento. Ben vengano le modifiche statutarie tendenti a sancire l’incompatibilità dell’esercizio del ruolo assessorile con quello di consigliere regionale. La laicità dell’assessore è fondamentale. Da una parte, per garantire un esecutivo che vuole essere forte in termini di assunzione delle scelte senza le quali la Calabria non va da nessuna parte. Dall’altra, per un consiglio regionale che deve impegnarsi a: approvare le leggi e regolamenti indispensabili per la svolta, stando bene attenti a farlo in linea con la Costituzione perennemente violata nel corso delle trascorse legislature; perfezionare la programmazione necessaria per fare meglio ciò che fino ad oggi non è stato fatto male e pianificare al meglio gli interventi necessari; verificare routinariamente le scelte dell’organo esecutivo e della dirigenza che pesano sulla formazione del bilancio regionale.
Ciò in relazione all’obbligo conseguente al neo introdotto (2012) principio costituzionale di ineludibile concorso all’equilibrio del bilancio e alla sostenibilità del debito pubblico, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.
Quanto alla “cura” della patologie che affliggono il sistema produttivo calabrese e quello dell’assistenza socio-sanitaria, il presidente Mario Oliverio dovrà interpretare, nel contempo, il ruolo del garante e quello del grande “chirurgo”. Le terapie ordinarie non sono, infatti, sufficienti a guarire “il grande malato”, tante sono le malattie che lo hanno colpito sino a invalidarlo, si spera, non irrimediabilmente.
Sarà una guarigione da traguardare nel tempo, ma che deve rispondere da subito a esigenze occupazionali, solo che non si voglia fare scappare via dalla Calabria i tanti giovani disoccupati che ancora ivi risiedono.
Occorre, quindi, un progetto industriale regionale nel quale scandire, tra l’altro, le fasi: della riscoperta del territorio, da recuperare prioritariamente sul piano della tutela idrogeologica; della ripresa del lavoro, facendo leva anche sulla cultura produttiva, d’aiuto alle imprese, ai lavoratori autonomi e alla domanda d’impiego in senso lato; del radicale miglioramento dell’assistenza, intendendo per tale sia quella sanitaria che quella sociale, da dovere essere rese necessariamente in forma integrata.
Un progetto da realizzare usando le utili collaborazioni con il commissario governativo “laico” che sarà, verosimilmente, nominato nel rispetto della ratio legislativa che ha preteso la modifica alla disciplina specifica introdotta dall’articolo 2, comma 6, del decreto legge 174/2012; della ricostruzione dei trasporti pubblici locali, facendo leva sulle nuove metodologie di finanziamento disegnate dal “federalismo fiscale”, ancora impegnato nella interminabile corsa del suo perfezionamento; del recupero del turismo inesistente, perché sino a oggi decapitato dal malgoverno regionale che ha buttato via i soldi senza produrre alcunché; dell’individuazione, infine, di un programma innovativo di formazione professionale funzionale a creare iniziative assistite per i giovani imprenditori capaci di insediarsi su un mercato internazionale in ambiti che privilegino la diversità della Calabria. Quella diversità sino a oggi emersa nelle sue negatività piuttosto che nel suo essere stupenda per bellezze naturali, per generosità dei suoi abitanti, per l’intelligenza dei suoi figli e per le testimonianze di cultura di cui può fregiarsi.

 

*Docente Unical

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