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Le fatiche di Oliverio

Agli impegni dei mesi pre-elettorali, si aggiungono adesso per il nuovo presidente della giunta regionale, Mario Oliverio, le fatiche per le quali ha gridato ai quattro venti di volersi spendere, d…

Pubblicato il: 11/12/2014 – 10:38

Agli impegni dei mesi pre-elettorali, si aggiungono adesso per il nuovo presidente della giunta regionale, Mario Oliverio, le fatiche per le quali ha gridato ai quattro venti di volersi spendere, dopo gli ultimi dieci anni trascorsi alla guida della Provincia di Cosenza. D’altro canto, non ne ha fatto mistero, durante le sue maratone, nella gran parte dei 409 comuni calabresi. Lo stesso hanno fatto gli altri candidati, ma se Oliverio ha vinto vuol dire che ha messo una marcia in più, o è risultato più credibile e che Renzi gli ha portato fortuna, al di là degli scontati meriti personali. Dovrà iniziare i suoi primi giorni da presidente, facendosi il segno della croce, sia per ottenere l’aiuto del buon Dio, che per auspicare una strada in discesa, verso la soluzione dei problemi che i calabresi attendono da tempo. La volontà e la determinazione ci sono – e sono dimostrate – occorre che i collaboratori diretti e con responsabilità facciano squadra, accantonando quanti – all’ultimo miglio – si sono inventati renziani o oliveriani, fiutando il risultato. E in Regione servi di due padroni ce ne sono stati, ce ne saranno e – sono in tanti a saperlo – ce ne sono. Durante la giunta Loiero c’era chi informava la destra. Come durante la giunta Scopelliti chi manteneva il filo con Adamo, per esempio. Pur avendo avuto ampia delega dal centrodestra. Ma dice Ennio Flaiano, il calabrese non è diverso dall’italiano che «corre sempre in soccorso del vincitore», per aver potere da spendere su più fronti e, possibilmente, senza dover render conto.
I problemi, come tutti ben sappiamo per averli ascoltati da candidati e supporter, sono tanti e non sono facili da affrontare: occorre dedizione e capacità, oltre che sprone da quanti hanno a cuore le sorti della Calabria e non guardano alla rielezione, ma alla soluzione delle “afflizioni” elencate da anni e che oramai fanno parte degli annali delle opere promesse, inseguite e mai realizzate.
Siamo da anni in una crisi economica e sociale senza paragoni. Agli ultimi posti di tutti gli indicatori che si occupano di affrontare questioni di merito nelle varie regioni: la Svimez, l’Istat, la Banca d’Italia. Ed ecco che la questione principale è quella di riuscire a elaborare un piano per il lavoro che dia respiro e sollievo ai tanti giovani che, giustamente, si ostinano a rimanere in Calabria.
Creare nuova occupazione, femminile e giovanile, significa ridare speranza a quanti hanno studiato e vivono di anelanti attese. Lo stesso presidente Oliverio lo ha voluto sottolineare davanti al presidente del Consiglio, che, pure, ci ha messo del suo per dar ragione ai calabresi e allo stesso neo governatore. Non si dovrebbe più sentir parlare di precari, ma di contrattualizzazione da parte degli enti che utilizzano questi lavoratori atipici. Sarebbe opportuna poi una verifica sui risultati venuti dalla Field, anche per evitare errori ingiustificabili del passato. C’è poi il problema dell’utilizzo completo dei fondi comunitari. Non si può non dar corso ai progetti indispensabili per il loro utilizzo e, addirittura, restituirli all’Unione europea.
Certo, occorre che Oliverio e la sua giunta facciano delle scelte, in maniera tale che l’opera realizzata con i fondi europei sia utile, ma crei anche occupazione e sviluppo.
Gioia Tauro. La questione del porto di transhipment (fino a ora) è vitale al pari della questione occupazione. Lo ha detto lo stesso Renzi, lo ha ribadito il “candidato” Oliverio. E oggi che non è più candidato, ma ha in mano le sorti del governo, Gioia Tauro è «questione di primo piano». Non può essere inserita in un puro e semplice elenco di cose da fare. Siamo alle priorità. Non si può assistere al gioco a nascondino, con i lavoratori del Porto che un giorno lavorano e l’altro no, con le Ferrovie che un giorno si impegnano a potenziare le opere e l’altro no, con la monofunzione della struttura, mentre le aree intorno al Porto sono state abbandonate, dopo che “i prenditori” della 488 sono fuggiti con la cassa, dopo aver fatto finta insediare piccole e medie industrie. Oggi quelle aree, un tempo note per “le clementine della Piana”, sono abbandonate ai pochi pecorai ormai rimasti. E la cultura? Alle parole di ieri, devono seguire i fatti di oggi. Franceschini ha ragione, ma anche Renzi ha spronato il ministro della Cultura: i siti di rilevante interesse di cui è dotata la regione non possono essere lasciati all’abbandono o, peggio, all’incuria. Di pari passo farà fortuna il turismo in termini arrivi e presenze. E questo, con il coinvolgimento pieno delle università calabresi per puntare all’innovazione e alla ricerca. Da ultimo, ma sappiamo bene che non è l’ultimo dei problemi, non si può vivere nella terra del batticuore, a ogni nubifragio. Il territorio non va sottovalutato: si devono predisporre idonee misure geologiche nella consapevolezza che prevenire è meglio che curare. Quanto è avvenuto quest’anno in altre regioni, deve far da sprone a pensarci per tempo, senza giungere al “territoricidio”.
Il problema della legalità. Non basta l’azione dell’Arma dei carabinieri e di concerto della polizia e della guardia di finanza: occorrono i comportamenti di chi è chiamato a svolgere funzioni burocratiche e che non rispondano a logiche di clientela. E la sanità? Siamo in molti a sapere, anche nello stesso nuovo Consiglio, che c’è molto da fare. L’elenco è lungo, ma bisogna – presidente – iniziare per bene e subito. La Calabria aspetta e spera, giustamente.

*giornalista

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