VIBO VALENTIA Uno scambio in piena regola, non fra due imprenditori che si fanno reciprocamente favori, ma fra due potenti organizzazioni criminali. Sono questi i meccanismi che regolavano i rapporti fra il ras delle cooperative al servizio di Mafia capitale, Salvatore Buzzi, e l’emissario del clan Mancuso di Limbadi, Giovanni Campennì. A chiarirlo – rivelano le intercettazioni a sostegno dell’ordinanza di custodia cautelare eseguita oggi nei confronti dei calabresi Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero – sarà lo stesso Campennì, nipote del boss Giuseppe Mancuso che proprio in riferimento al potente clan di Limbadi con Buzzi si lascia scappare «vengo io perché loro mi mandano… e dico “si Salvatore, andiamo” però dietro ci sono loro… perché loro comandano».
COOPERATIVA SU MISURA
E per «andare a Roma» per ordine del clan – che non aveva ostacolato Campennì quando si era occupato di gestire il Cara di Cropani e in cambio aveva ottenuto appalti nella Capitale – era stata costituita una cooperativa ad hoc, la Santo Stefano onlus. Manovre che sarebbero iniziate già nel dicembre 2013, quando proprio negli uffici di Buzzi sarebbero state discusse alcune questioni preliminari relative alla costituzione del nuovo soggetto, a partire dal formale assetto che avrebbe dovuto assumere. «Allora… Colantuo’.. dato che tu sarai il presidente de questa cooperativa de ‘ndranghetisti». Buzzi ha deciso, il presidente sarà il suo collaboratore Guido Colantuono, lui – si giustifica – «… ho qualche problema… come amministratore unico della Santo Stefano ho qualche problema». Ma nel corso della discussione, i reali motivi della reticenza di Buzzi nell’assumere l’incarico di presidente della Santo Stefano verranno fuori. Nonostante inviti tutti a non definirla più «cooperativa di ‘ndranghetisti”, lui stesso si rende conto che gestire affari e rapporti concerti soggetti è tutto fuorchè semplice. «Salvatò – dice a Colantuono – nun ma sento co’ loro, perché già ho visto alcune cose…», rivelando piena consapevolezza della caratura criminale degli altri soci, il cui spessore criminale avrebbe potuto creargli problemi. Un progetto che non piacerà per nulla a Colantuono che con Buzzi si lamenta «e poi io non gliaa faccio a gestì loro capito? Un conto c’ho operai, so io che comando, ma con loro chi comanda?».
«SE LA FACESSERO TRA ‘NDRANGHETISTI»
Di fronte alle insistenze di Buzzi, risponde «so il più debole… hai capito? Perché te dei sette sei il più forte, io dei sette so il più debole». Alla fine, su suggerimento dello stesso Colantuono, come presidente e legale rappresentante della nuova coop verrà scelta la moglie di Campennì, emissario dei Mancuso. Una soluzione che piace anche a Buzzi che approva «si questo è meglio di …(inc)… se la facessero tra ‘ndranghetisti». Della cooperativa invece avrebbero fatto parte con vari ruoli oltre a Colantuono e Campennì, Vito Marchetto e i due calabresi che avevano “curato” gli iniziali contatti con i Mancuso, Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero. Ma se a febbraio arriverà la definitiva benedizione di Massimo Carminati, che approverà il progetto di girare alla nuova cooperativa l’appalto per la pulizia del mercato Esquilino, in precedenza gestito dalla coop 29 giugno di Buzzi, bisognerà aspettare il 1 luglio per il formale inizio delle attività. È lo stesso Buzzi a comunicarlo a Campennè, cui il 12 giugno scorso annuncia «è fatta… 1° luglio si inizia eh (..) sicuro… stavolta è sicuro… sicuro sicuro sicuro.. è stato cambiato… eh tutto.. quindi si fa… inizia 1° luglio… ».
LE INEFFICIENZE DI CAMPENNÌ
Una notizia accolta con entusiasmo dall’emissario dei Mancuso, che si limita a chiedere quando avrebbe dovuto presentarsi a Roma insieme a Michelino Galati, in seguito scelto come amministratore unico della nuova coop. «Dovete salì per fa un sacco di cosine – gli dice Buzzi – quindi… te faccio richiama’ domani co’ Paolo (Di Ninno Paolo, ndr) te metti d’accordo». Ma l’emissario dei Mancuso non è tanto preciso, nonostante le ripetute sollecitazioni, a fine giugno non si è ancora presentato a Roma. Solo il 24 dello stesso mese, l’affare sembra arrivare a una svolta. Buzzi informa Rotolo che «zio Oronzo (fonetico) viene domani… l’ho fatto venire domani all’una se no non riusciamo a chiudere tutte quelle operazioni». E sarà proprio ascoltando Rotolo che inquirenti e investigatori scopriranno in dettaglio gli accordi fra Campennì e Buzzi, che prevedevano la partecipazione occulta alla cooperativa Santo Stefano anche del calabrese – nipote di Piromalli – e del «contabile» Marchetto. È proprio quest’ultimo a spiegare «noi non è che siamo menzionati, noi è un accordo che vendiamo che poi alla fine andremo a dividere quello che è l’utile». O almeno, queste erano le premesse.
QUESTIONE DI SOLDI
In realtà, già a settembre si registreranno le prime tensioni perché Rotolo, Marchetto e Ruggiero, l’altro calabrese in odor di ndrangheta coinvolto nella cooperativa, di utili non vedranno neanche l’ombra. «Quanti siamo qua? Vito – lo sentiranno ruggire gli investigatori che lo intercettano che così avranno conferma dei suoi interessi nella cooperativa – io… Vito e Salvatore (Ruggiero Salvatore, ndr)? ti prendi 60.000 euro al mese va bene? prendi 10.000 euro l’anno… 60.000 euro li.. prendi 10.000 euro l’anno.. pe’ Vito, per Rocco e per Salvatore …. io ti sto tenendo i camion, cazzone!!… tu prendi 10.000 euro alla fine dell’anno.. Vito, Salvatore e Rocco… che cazzo, ma non ni dai nianco ‘u 10%». Un malcontento che sarà alla base di diversi incontri fra i soci e Buzzi, convocato quasi in qualità di mediatore che prima dell’arrivo di Campennì cerca di disinnescare la situazione potenzialmente esplosiva. A informarne inconsapevolmente gli investigatori è sempre Rotolo, che all’altro calabrese comunica data e orario di una riunione convocata da Buzzi «ci vuole parlare per la cooperativa di Giovanni, perché loro non hanno capito.. loro le nostre intenzioni con la cooperativa».
LE DUE FAZIONI
Da una parte ci sono Rotolo, Marchetto e Ruggiero, imbestialiti per non aver ancora visto un quattrino, dall’altra Campennì protesta di non aver ancora percepito alcun utile, dunque di non avere nulla da distribuire. In puro dialetto vibonese, l’emissario dei Mancuso si sfoga con Buzzi: «Eh.. ancora cane i soldi e staio cacciannu solo io.. e ici si aspettano ca.. u dividendu?.. e ca unn’è u dividendu che ancora non pigliamo na lira!». «Con Vito.. allora.. allora Vito e Rocco.. mi segui?» … « …mi dissero se io ho bisogno… de soldi… u pagamo l’operai… che me dunano ici… giusto o no?». «Eh… io ce dissi no perchè fino a che n’aio.. pagu io!.. quandu non n’aio vi cerco… giusto o no? così è stato detto..». «Eh… Vito vuole pagatu i tot mesi che fici… senza io ancora o incassai… e io ce dissi che u pago… è na cosa giusta o è na cosa sbagliata… è una cosa sbagliata penso io o no?». «Eh… ma iddu disse che vole pagatu e io dissi o pago!… poi… vonno o sanno a percentuale… che s’attocca della cooperativa.. ma se non cazzo non mettisti u nente… non facisti nente… volete sapere che cazzo pigliate.. ca ancora non pigliammo nente!». Opposte visioni che saranno al centro di una serie di incontri – plenari e non – come di conversazioni telefoniche, in un crescendo di tensione che se da una parte Buzzi cercherà di disinnescare proponendo a Campennì un altro affare – «Archivia la pratica e ricominciamo da un’altra parte… senza de loro no?.. Non puoi stare li in paradiso a dispetto dei santi no! Non so se mi spiego” – dall’altra Rotolo deciderà di risolvere ricorrendo ai metodi tradizionali: rimettere la questione ai Mancuso in Calabria “dai parenti suoi” dice “prima che va a finire a
schifìo».
SOLUZIONI IN CALABRIA
Non è dato sapere – almeno allo stato – cosa Rotolo abbia detto ai Mancuso e quando e come l’incontro con loro si sia realizzato. Tuttavia dalle indagini emerge con chiarezza che di certo Rotolo non solo sa come funzionano certi rapporti, ma soprattutto è titolato a gestirli. Il calabrese è uomo di ‘ndrangheta e come tale si relaziona con i suoi soci e interlocutori romani, che della questione sono perfettamente a conoscenza. Lo sa – ad esempio – Salvatore Buzzi, costretto a redarguire duramente Colantuono, che con il calabrese ha avuto un duro scontro. «Rocco Rotolo – dice Buzzi – è un uomo a cui bisogna portare rispetto, al quale bisogna parlare “con i dovuti modi”». Quello – continua quasi con terrore «è un ‘ndrangheta.. affiliato.. se tu gli dici sei un mio soldato; lui il generale l’ha…; il generale non ce l’ha qui a Roma.. se offende.. non so se me capisci». Ma lo sa anche Massimo Carminati, che stando a quanto riferito dal ras romano delle coop «pure Massimo che è Massimo… gli parli tranquillo…!, dice Buzzi. Non puoi dire al Calabrese affiliato alla ‘ndrangheta sugnu soldato; è un offesa gravissima; Se tu ci hai dei problemi con questo;tu me chiami a me e ci parlo io..» poiché: «loro sanno come devono fa, quali so i limiti, non si devono allargà; però pure te devi sta attento a come ce parli!…».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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