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La "Terra di mezzo"

di Paolo Pollichieni   Siamo proprio sicuri che la Calabria è al riparo rispetto alle esalazioni venefiche che arrivano dalla Capitale? Non lo è certamente dal punto di vista delle indagini: g…

Pubblicato il: 13/12/2014 – 5:00

di Paolo Pollichieni

 

Siamo proprio sicuri che la Calabria è al riparo rispetto alle esalazioni venefiche che arrivano dalla Capitale? Non lo è certamente dal punto di vista delle indagini: già emerge il ruolo che esponenti di primo piano delle cosche di Gioia Tauro, Vibo Valentia e Crotone avevano e hanno nell’inchiesta condotta dal procuratore Giuseppe Pignatone. Le prossime settimane, non c’è da dubitare, riserveranno nuove “sorprese” sul fronte delle sinergie criminali con la Banda della Magliana in settori cruciali dell’economia capitolina. Si “scoprirà”, ad esempio, che molte aziende che stavano a cuore alla cricca operavano anche in Calabria con la benedizione di Alemanno e di Matteoli, magari.
E neanche dal punto di vista politico, pare che la Calabria resterà estranea al ciclone romano. Anche qui siamo a un capovolgimento di fronte: si passa da una gestione di destra-destra, quali erano quelle di Alemanno al Comune di Roma e di Scopelliti alla Regione Calabria, a una gestione di sinistra-sinistra, quale avrebbe dovuto essere quella di Marino al Comune di Roma e quale dovrebbe essere quella di Oliverio alla Regione Calabria. Eppure abbiamo visto che la “terra di mezzo” a Roma ha resistito al cambiamento e tenterà di farlo certamente anche in Calabria. Cosa faranno i nostri politici per evitare un siffatto “destino”? Intanto vediamo, non senza qualche preoccupazione, che gareggiano nell’avanzare candidature di noti trombati; di femmine in disarmo ma pronte a offrire il proprio petto alla Patria; di rottamatori che vogliono finalmente cancellare dai teleschermi i figuri rottamati; di rottamandi che aprono giochini sottobanco con aspiranti primattori di opposta tendenza, così creando alleanze trasversali fra contrapposti, ma che possono trasformarsi in movimenti regionali per scardinare lo strapotere dei renziani imperanti. Così che, alla conta delle conte, si vanno organizzando alleanze territoriali tra vecchi vendicativi e giovani ambiziosi che disfano di notte ciò che, di giorno, tessono – dicono – per salvare la Calabria.
Ormai tutto è ridotto a un agitazionismo di misteriosità o di amicizie territoriali di ciascuna delle tre Calabrie in feroce contrapposizione fra loro. Insomma una babele di trasversalità.
Tutto questo mentre si continuano a saccheggiare risorse pubbliche, calpestare leggi, norme e regolamenti, assumere amici e amici degli amici. Aiuta il fatto che, scientificamente, viene impedito alla Calabria di avere, ormai da quasi un anno, un governo stabile. E mentre la giunta non esiste e il consiglio regionale è in licenza, “maneggioni” vecchi e nuovi continuano a distribuire incarichi e prorogare contratti. Il tutto con un’impudenza insopportabile sorretta dal fatto che il trasversalismo – alle nostre latitudini – non riguarda solo la politica, ma anche quei settori della società civile che dovrebbero esercitare un minimo di controllo di legalità. Nei saldi di fine impero c’è posto per tutti: uomini delle forze di polizia, magistrati con famiglio al seguito e… giornalisti. Per questi ultimi, addirittura, si procede a un ennesimo reclutamento: «Cinque redattori esperti» verranno reclutati e profumatamente pagati per spiegare ai calabresi come sono stati spesi i fondi comunitari Fse e Fesr 2007/2013. Il tutto mentre si ha la conferma che quei soldi non sono stati spesi affatto e che anzi oltre un miliardo di euro sta per tornare nelle casse dell’Unione europea perché non utilizzato.
Ecco che allora tutto si può spiegare, in Calabria, anche l’impudenza di chi assume duecento precari nella sanità alla vigilia del voto, o recluta una nuova infornata di giornalisti alla vigilia della proclamazione della nuova giunta. E si può spiegare anche il fatto che nessuno intervenga neanche per dare una sbirciatina nelle carte o per ordinare alle forze di polizia di indagare su cosa è accaduto nei seggi elettorali, visto che dopo due settimane dal voto i calabresi, quelli che (in misura appena superiore al 40%) sono andati alle urne nonostante tutto, non sono ancora nelle condizioni di conoscere i nomi dei nuovi consiglieri regionali e tantomeno la data del loro insediamento.
Un andazzo che, evidentemente, sta bene a tutti, posto che neanche a sinistra si colgono segnali che indichino una parvenza di reazione rispetto a questo stato di cose. Salvo poi affacciarsi all’indomani dello scoperchiamento della pentolaccia dove ribolle il disgustoso minestrone della politica legata agli affari e condita dalla criminalità organizzata per lanciare un urlo indignato: «Che schifo!».

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