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Calabria, da brutto anatroccolo a… cigno

Ciò che sorprende è la meraviglia che sta suscitando lo spettacolo di “Roma in mano alla ’ndrangheta”, primato del malaffare. E ancora. Sembra scandalizzare (!) l’impadronimento della Capitale da p…

Pubblicato il: 15/12/2014 – 9:34
Calabria, da brutto anatroccolo a… cigno

Ciò che sorprende è la meraviglia che sta suscitando lo spettacolo di “Roma in mano alla ’ndrangheta”, primato del malaffare. E ancora. Sembra scandalizzare (!) l’impadronimento della Capitale da parte della politica peggiore che fa uso di tutto quanto può disporre, dalle cooperative deviate ai beneficiari dello spoil system di ieri e di oggi. Ci sono proprio tutti ad assaltare il tesoro della città eterna, facendo ricorso alla violenza fisica e morale nonché alla più cinica delle corruzioni, perché ordita a danno dei miserabili.

La difesa dei responsabili è quasi impossibile. Il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, campione di efficienza, ha fatto emergere gli imbrogli e gli imbroglioni. Ha evidenziato i peccati degli inquirenti di ieri, tra i quali occorrerebbe individuare e distinguere i peccatori veniali da quelli capitali. Un modo per fare ammenda pubblica, da praticare specie laddove si sa e si tace su ciò che a Roma, invece, viene fuori.

Insomma, con Roma sul banco degli imputati, che assume i connotati di un dramma seguito dal mondo intero, sono saltati i coperchi dei mali della pubblica amministrazione locale, vittima ovunque di una spaventosa malversazione delle risorse. Usando un linguaggio caro alla nazione, è arrivata la fine della seconda Repubblica! Quest’ultima intesa così come la Costituzione la prevede (articolo 114): l’insieme dello Stato, delle Regioni e dei Comuni, nonché delle Province che non ci sono ma si vedono (e che costano) come prima e le città metropolitane che ci saranno. 

Si spera, che la terza sia tutt’altra cosa!

Per far sì che la prossima Repubblica costituisca la soluzione definitiva occorrerebbero tre cose, per dirla come i Gesuiti (e quindi a mo’ di Papa Francesco) che riconducono il tutto al numero tre (progressivo), corrispondente ai chiodi della passione di Cristo.

La prima. Necessita una bonifica generale. Propedeutica ad un tale obiettivo è la “rottamazione”, intesa nel senso che vanno stravolti i criteri di selezione del ceto dirigente, sostitutivo di quello esistente, destinato al riposo (ovviamente non a quello eterno!).  Per conseguire un tale risultato occorre che cambino i soggetti rappresentanti ma anche i rappresentati. Partiti e sindacati dovranno cambiare piumaggio e modi di concepire l’interesse da proteggere. I cittadini la qualità del consenso elettorale. C’è bisogno di un interesse organizzato variato rispetto al passato, ove l’indigente costituzionalmente inteso – al quale garantire tutto gratuitamente – è destinato a crescere. Di conseguenza, va garantito il salario di cittadinanza e intensificato il formarsi di una classe abbiente a vocazione solidaristica. A tal fine, ogni istituzione centrale e territoriale deve impegnarsi per l’ottimizzazione della spesa pubblica e per la crescita, senza la quale ogni solidarietà è impraticabile. I prodotti-sintomo del cambiamento dovranno, quindi, essere il taglio di tutto ciò che è inutile e superfluo (a cominciare dalle partecipate) e una tassazione compatibile con le povertà sopravvenute e incentivante dell’incremento del Pil, da destinare all’altruismo sociale e al sostegno dei servizi pubblici e delle prestazioni essenziali. 

La seconda. Un ruolo imprescindibile deve essere assegnato ai controlli. A quelli interni, da rivedere perché ricondotti a complicità con i controllati, che selezionano “accuratamente” i preposti al solo scopo di “non disturbare il manovratore”. A quelli esterni, sino ad oggi  per lo più designati dagli stessi verificati che ne sopportano i costi, che fanno budget professionale. Anche il giudice contabile deve metterci del suo. Deve evitare di perdonare all’ingrosso a Roma ciò che non viene sempre fatto male nelle Sezioni regionali nonché procedere in periferia con più puntualità e severità nei confronti dei colpevoli conclamati. 

La terza. Per concludere una preghiera, che con il Natale oramai prossimo ci sta tutta. Possa venire nel nuovo anno, il Governatorato della svolta. Una Calabria del lavoro e dei diritti, che sappia dare fiducia a chi vuole andare via e imprimere coraggio a chi rimane. Che ritrovi nelle Istituzioni, ivi compresa la Magistratura, la capacità di espellere il verme dalla mela. Che dia risposte puntuali alle domande, oramai affievolite dalla più generale incredulità. Che sappia essere madre e babbo amorevoli per tutti quei figli che, per necessità, vedono il loro futuro altrove.

Su tutto occorrerà quest’anno un grande regalo. Babbo Natale, al secolo Matteo Renzi, dovrà imparare ad essere per i calabresi il più bravo premier di tutti i tempi. Salga subito sulla slitta di Mario Oliverio per trasformare, insieme, la Calabria da brutto anatroccolo, nato e cresciuto nelle passate legislature, in un cigno. Bellissimo ma severo! 

*Docente Unical

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