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Processo Lanzino, il giallo dei filmati

COSENZA I colloqui in carcere tra Franco Sansone e i suoi familiari sono stati al centro di una lunga udienza del processo che cerca di fare luce sulla morte di Roberta Lanzino, la studentessa…

Pubblicato il: 17/12/2014 – 17:40
Processo Lanzino, il giallo dei filmati

COSENZA I colloqui in carcere tra Franco Sansone e i suoi familiari sono stati al centro di una lunga udienza del processo che cerca di fare luce sulla morte di Roberta Lanzino, la studentessa violentata e uccisa il 26 luglio del 1988 sulla strada di Falconara Albanese, nel Cosentino. Per quel brutale assassinio è imputato Franco Sansone, accusato di aver violentato e ammazzato Roberta assieme a Luigi Carbone, vittima di lupara bianca. Per l’omicidio di Carbone sono accusati, invece, Alfredo Sansone e il figlio Remo, rispettivamente padre e fratello di Franco.
Oggi nell’aula della Corte di Assise del tribunale di Cosenza è stato il giorno dei filmati. Il perito informatico Alberto Trocini – che era stato incaricato dal giudice Maria Antonia Gallo (a latere Lo Feudo) – ha associato in un unico supporto voci e immagini di dvd che si riferiscono a intercettazioni nel penitenziario di Turi dove erano ristretti Alfredo Sansone e il figlio Franco. Si tratta, in particolare, di cinque colloqui. La visione avrebbe dovuto consentire di verificare se il contenuto delle intercettazioni trascritte corrispondesse a quelle immagini, cercando di decifrare mimica e gesti. I colloqui risalgono al 2000 e in alcuni si sente Alfredo Sansone parlare con i figli di animali e non solo. Ma nei video, proiettati oggi in aula, l’audio era spesso disturbato. Ed è stato sul decifrare i gesti e associarli alle trascrizioni che si è giocata la partita tra accusa e difesa. Diverse le contestazioni dell’avvocato Enzo Belvedere, che difende i Sansone. In più di un’occasione il legale ha voluto sottolineare e far prendere atto alla Corte di quelli che lui ha definito atteggiamenti assolutamente disinvolti di Remo Sansone. L’imputato, che era in aula, ha preso la parola un paio di volte, rilasciando dichiarazioni spontanee per dare la sua versione su alcuni frame del video. Secondo l’accusa – rappresentata dai pm della Procura di Paola Sonia Nuzzo e Maria Camodeca – invece, nel corso di questi colloqui gli imputati avrebbero parlato di fatti riconducibili alla vicenda di Roberta Lanzino e in alcuni momenti avrebbero anche taciuto perché consapevoli di essere intercettati. Per intenderci: per la pubblica accusa nel linguaggio usato dagli imputati per parlare della loro attività di pastori e in alcuni gesti (come quello di toccarsi il naso, mettere la mano davanti alla faccia, far scivolare l’indice davanti al naso – come si è anche visto dal video – per dire di non parlare) ci sarebbero allusioni alla riapertura del caso sulla morte di Roberta Lanzino e il riferimento ai collaboratori di giustizia che avevano cominciato a parlare della vicenda. In particolare è emerso il riferimento a un giornale che sarebbe stato fatto vedere a Franco Sansone. E se sul punto la difesa ha ribadito che il giornale non si vede nel video, l’accusa ha replicato che in realtà nel filmato non si vede il piano ma si vede a un certo punto che sia Franco che Remo abbassano lo sguardo come per leggere qualcosa. Un qualcosa non visibile perché dalle immagini non si vede il piano essendo nascosto da una busta. Infatti, uno dei colloqui che ha fatto molto discutere accusa, difesa e la Corte è stato quello del 24 febbraio del 2000 in cui Remo Sansone dialoga con il padre Alfredo, mentre Franco con la moglie e il suo bambino. Al centro delle contestazioni proprio una busta – che come ha sottolineato l’avvocato Ornella Nucci, difensore della famiglia Lanzino – non permetteva di vedere con chiarezza al di là del vetro che separa familiari e detenuti e nascondeva il piano. Diversi i momenti di tensione sul contenuto di quella busta e su un pacchetto preso da Franco Sansone. Per la difesa si trattava di una confezione di cioccolato. Remo Sansone ha precisato ai giudici che quella busta era stata portata dal padre e conteneva generi alimentari, tra cui una bottiglietta d’acqua, che si vede nelle immagini. Perché – ha precisato – loro dall’esterno non potevano portare nulla ai detenuti. Ma per l’accusa e per le parti civili la visione di questi video non fa altro che confermare che i Sansone facessero allusioni alla morte di Roberta perché la mimica coincide con quanto trascritto dai periti. In particolare – ha sottolineato il pm Nuzzi – c’è un passaggio inequivocabile in un colloquio tra Franco e il fratello Remo e che si sente nel filmato. L’udienza – che è durata quasi nove ore – è stata sospesa e aggiornata al prossimo 21 gennaio quando si riprenderà la visione dei filmati relativi ad altri colloqui e alla seconda parte di quello sentito oggi e poi interrotto per motivi tecnici. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Enzo Belvedere, Armando Veneto, Sergio Calabrese, Ornella Nucci, Marina Pasqua ed Elena Coccia.
In aula, come sempre, la signora Matilde, mamma di Roberta, che non ha distolto quasi mai lo sguardo dalla visione di quelle immagini.

 

Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it

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