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Ci può essere analogia tra il prezzo della benzina, che alcune volte rimane inalterato nonostante il crollo del costo del petrolio, e il modo di agire in alcuni ambienti della politica? Detto così …

Pubblicato il: 18/12/2014 – 11:51

Ci può essere analogia tra il prezzo della benzina, che alcune volte rimane inalterato nonostante il crollo del costo del petrolio, e il modo di agire in alcuni ambienti della politica? Detto così sembrerebbe un quesito privo di senso – improponibile – e, invece, a pensarci bene, ci può essere un filo che unisce i due argomenti ed è l’interesse. Da una parte c’è, infatti, la decisione di voler tenere alto il prezzo di una materia prima che determina l’economia del Paese dove il costo del carburante per autotrazione è il più alto d’Europa e, dall’altra, la volontà di determinare ruoli e strategie per continuare a garantirsi potere. Naturalmente sarà sempre il popolo, o meglio una minoranza di esso – stante il numero degli elettori che si è recato a votare nelle recenti elezioni regionali – a decidere. Ma la decisione, come si sa, viene presa su uno scacchiere predeterminato. Ed è proprio ciò che accade a monte che bisogna esaminare per capire quanto comparabile sia l’oggetto della domanda iniziale. Ci si riferisce a quella fase in cui si determinano i nomi; il momento nel quale si comincia a preparare il piano per proporre il singolo nominativo; la tecnica è di iniziare a farlo quasi incidentalmente, per inciso, magari parlando d’altro, poi surrettiziamente e, infine, ci sarà l’ufficialità della candidatura. Tutto, sia il prezzo della benzina, sia la nomination di una persona, accade e si concretizza sulla pelle della popolazione destinata solo a prendere atto di una volontà maturata chissà come, quando, dove, e ignara del perché si “offre” all’elettorato quel determinato nominativo. E come si può pretendere, sic stantibus rebus, di poter fermare lo tsunami dell’astensionismo elettorale? Come sia possibile (ri)motivare i cittadini sui temi della politica e delle ideologie?
Recentemente – sull’onda di una notizia lanciata dai quotidiani locali che riguardava il momento poco felice in cui si è venuta a trovare l’amministrazione comunale di Catanzaro, retta da un sindaco eletto e da una giunta di nominati – si è lanciata l’ipotesi di possibili elezioni anticipate e si è fatto il nome dell’ex presidente della Provincia, Wanda Ferro quale possibile candidata a sindaco. La notizia non è stata mai smentita nonostante si parlasse con insistenza di un coinvolgimento della Ferro nell’amministrazione comunale, dopo il flop alle regionali, ma da vicesindaco. Una notizia, quest’ultima, smentita solo dalla diretta interessata. Comunque sia il nome è stato fatto, l’input c’è stato. Come dire: dopo si vedrà, per il momento siamo nella fase incidentale nella quale né l’elettorato, né la città sono chiamati a dare indicazioni o, comunque, reazioni emotive. Se ne è discusso, invece, negli ambienti politici dove la questione per il momento è stata liquidata con un poco riguardoso giudizio, sostenendo che si tratta di un «progetto di collocamento per la disoccupata Ferro».
Un “progetto” che, come detto, implicherebbe non solo una crisi ma anche nuove elezioni di cui la città, pure avendo la sensazione che sia amministrata con molta distrazione per come dimostrano i dati sulla qualità della vita certificati dal Sole 24 Ore che la pongono al 90esimo posto sui 107 presi in esame, non può sopportare da un punto di vista della spesa, spesso per la verità gravata più per sostenere iniziative ludiche che per destinare risorse per la tenuta morfologica del territorio e per la manutenzione delle strade interne molte delle quali versano in condizioni pietose. Ciò solo per citare gli esempi più evidenti, ma ci sarebbero anche da elencare le cose non realizzate, quelle fatte male e quelle “ripensate” dopo aver speso cifre importanti di denaro pubblico come è accaduto per corso Mazzini. Che si stia attenti, comunque, perché ci sono tutti i segnali che anche l’abulica Catanzaro abbia cominciato a dare segni di reazione e c’è il rischio reale che gli errori alla fine si paghino.
Oggi comincia a essere difficile per tutti, anche per il Sinedrio di nuova generazione, riunirsi dibattere e decidere perché tanto il popolo seguirà senza fiatare.
La Calabria, seppure in ritardo rispetto al resto del Paese, ha già iniziato a farsi sentire dimostrando che sa recepire, interpretare e agire. Ne ha dato prova facendo alzare l’asticella dell’astensionismo al 55,2 per cento degli elettori; una maggioranza silenziosa che, nonostante si tenti di non parlarne, rappresenta l’unico, vero, grave elemento di dissenso che, invece, meriterebbe il posto d’onore del dibattito politico di questi giorni e di quelli a venire per tentare di capire le ragioni che l’hanno generato e adottare le necessarie contromisure.
Ecco perché diventa triste sapere che qualcuno dà fiato a nuove, prossime, strategie come se ciò che è accaduto non ci riguardasse o ci interessasse poco; si lancia così l’idea di una crisi al Comune di Catanzaro nonostante sia palese a tutti che il percorso sarebbe assai tortuoso perché si scontrerebbe tra l’altro con gli interessi personali della maggior parte di coloro che siedono già sugli scranni della “sala rossa” e che riescono a prevalere anche su quelli di partito, ammesso che quella della Ferro sia una questione di partito.

 

*giornalista

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