CATANZARO E fu così che il generale Pezzi disse sì a un utilizzo quanto meno allegro dei fondi della sanità. Il caso in questione riguarda la storica convenzione tra la Regione Calabria e l’Ao universitaria “Mater Domini” di Catanzaro. Lo scorso 26 novembre il commissario ad acta ha vergato una nota nella quale dà via libera alla liquidazione delle rate per il mese di ottobre e novembre. Si dirà, tutto normale, se c’è un accordo va rispettato. Il punto è però un altro: quella convenzione non dovrebbe esistere. Eppure c’è, nonostante sia scaduta dal lontano 2008. Al tempo stesso il nuovo protocollo, pronto da almeno tre anni, sembra disperso.
Non è un particolare da poco, perché la vecchia intesa continua in realtà a vivere in un inedito regime di prorogatio, con un aggravio delle spese di più di 10 milioni di euro per le casse della sanità regionale.
LA “CONVENZIONE FANTASMA”
Il nuovo protocollo era stato elaborato, ironia della sorta, dall’allora sub-commissario Luciano Pezzi, dal suo omologo (poi dimissionario) Luigi D’Elia e dal dirigente del settore “Piano di rientro” Gianluigi Scaffidi. Bozza poi ufficialmente recepita (il 5 luglio del 2012) con un decreto (il 110) firmato dall’ex commissario ad acta, il governatore Peppe Scopelliti. Per rendere operativo il nuovo accordo mancava solo la sottoscrizione tra le parti, che non è mai arrivata.
Qual è la differenza? Semplice: la “convenzione fantasma” stabiliva un principio fondamentale (previsto dalle leggi nazionali): i fondi che la Regione destina all’Università devono essere tarati sulla produzione, ovvero sulle attività mediche e specialistiche realmente fornite dalla “Magna Graecia”.
Oggi La “Mater Domini” eroga prestazioni che si aggirano sui 38 milioni di euro, ma la Regione continua a finanziarla con un contributo che si aggira sui 52. A “ballare” sono quindi 14 milioni, che la sanità calabrese potrebbe risparmiare se solo la nuova convenzione fosse approvata. Invece le resistenze alla ratifica del documento sembrano a tutt’oggi troppo forti. Di certo l’archiviazione del vecchio protocollo non conviene all’ateneo diretto dal rettore Aldo Quattrone; e altrettanto evidentemente pare non esserci nessuno che dal dipartimento Salute spinga in maniera decisa per l’approvazione definitiva dell’accordo.
CHE NE PENSA L’EX MASSICCI
Nell’ultimo verbale del Tavolo ex Massicci (che vigila sul Piano di rientro), in riferimento al protocollo, venivano rilevate delle semplici «criticità da risolvere». Un eufemismo, alla luce dei fatti.
Anche il settore economico del dipartimento Salute si è reso conto che qualcosa non torna. In una comunicazione che risale alla scorsa estate, due dirigenti scrivono al dg Bruno Zito e spiegano tutte le anomalie dell’affaire Mater Domini, sottolineando l’illegittimità di finanziamenti che appaiono incongrui rispetto alla effettiva produzione dell’Università. A Zito viene recapitata una sola richiesta: che nel caso di altri finanziamenti “oltre soglia” si assuma la responsabilità di sottoscrivere il provvedimento di liquidazione. Il dg non fa una piega e «ritiene plausibile» l’erogazione di un ulteriore rateo sulla base di quanto avvenuto nei mesi precedenti. Quando, cioè, la Regione pagava all’Ao catanzarese più di quanto avrebbe dovuto.
VIETATO PROROGARE
Le stranezze non sono finite. La prorogatio della convenzione, peraltro a dir poco insolita nella pubblica amministrazione, sarebbe possibile solo in mancanza di un’alternativa. Che in questo caso esiste ed è rappresentata proprio dal decreto 110 firmato da Scopelliti e dall’intera struttura commissariale del tempo.
Secondo i dati diffusi dall’ex Massicci, il disavanzo sanitario regionale ammonta a 34 milioni di euro. Con il protocollo finalmente operativo il debito potrebbe essere addirittura quasi azzerato. Ma il generale Pezzi pare proprio essersi appisolato di fronte a una vicenda che, se risolta, potrebbe determinare benefici importanti per le economie della sanità.
E pensare che, nel gennaio 2013, era stato proprio Pezzi, assieme a Scopelliti, a inviare una lettera a Quattrone, nella quale il rettore veniva invitato a firmare al più presto la nuova convenzione. Sono passati quasi due anni e il generale, diventato nel frattempo commissario, sembra aver cambiato idea. Al punto di autorizzare quello che sembra uno sperpero (immotivato?) di risorse pubbliche.
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it
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