LAMEZIA TERME Il miglior perdente tra i candidati a governatore fuori dal Consiglio? Non è una sorpresa. Almeno per i vertici della Regione Calabria. Che erano al corrente delle nuove regole sin dallo scorso mese di settembre. Lo si evince da un verbale del ministero dell’Interno rimasto finora riservatissimo.
Il documento, inedito, di cinque pagine, raccoglie i resoconti di una riunione tra i rappresentanti del Viminale e quelli spediti a Roma da Palazzo Alemanni. È il 26 settembre e le strutture del ministero guidato da Angelino Alfano (in particolare la direzione centrale dei servizi elettorali) vogliono capirne di più sulle norme – appena varate dal consiglio regionale – per l’elezione del nuovo presidente della giunta e della nuova assemblea legislativa calabrese. Di fronte ai tecnici ministeriali ci sono i rappresentanti della Regione. I burocrati del Viminale chiedono conto delle modifiche alla legge elettorale (approvate a Palazzo Campanella lo scorso 11 settembre) ricevendo risposte esaurienti a ogni quesito posto, ovvero su ripartizione dei seggi, soglie di sbarramento e abolizione del voto disgiunto.
La sorpresa arriva quando i funzionari chiedono conto della sorte che toccherà ai competitor del candidato alla presidenza che vincerà le elezioni. I tecnici della Regione non hanno dubbi: la nuova legge elettorale abolisce la previsione che fino alla scorsa legislatura assicurava un seggio al miglior perdente tra gli aspiranti presidente. Insomma, ciò che era successo con Nuccio Fava nel 2000, con Sergio Abramo cinque anni più tardi e ancora con Agazio Loiero nel 2010 non era più possibile. Colpa (o merito) delle nuove regole votate dal parlamentino calabrese.
Stop. Fine della storia. O, meglio, inizio di un’altra. Perché la notizia viene tenuta sottotraccia per quasi due mesi. Nessuno (o quasi) ne parla. Lo fa, quando manca una settimana dal voto, il senatore Giovanni Bilardi che, incidentalmente, milita nello stesso partito del ministro Alfano: «È inutile votare la candidata di Forza Italia perché dalle notizie in mio possesso, pur arrivando seconda, non potrà entrare in Consiglio».
Dentro Forza Italia tacciono tutti. Nessuno, nelle settimane di trattative che precedono la costruzione della coalizione e l’individuazione del candidato, avvisa Wanda Ferro del rischio che corre. Non lo fa la coordinatrice regionale del partito Jole Santelli, non lo fanno gli assessori regionali del partito Mimmo Tallini, Nazzareno Salerno e Giacomo Mancini, e non lo fanno nemmeno i consiglieri regionali uscenti Fausto Orsomarso, Alessandro Nicolò, Gabriella Albano, Gesuele Vilasi, Claudio Parente, Tilde Minasi, Ennio Morrone e Mario Magno che proprio qualche giorno prima hanno votato “sì” alla riforma elettorale con cui si taglia il seggio in passato riconosciuto al leader dell’opposizione. Per non parlare poi dell’ex governatore Peppe Scopelliti, che a sostegno di Ferro aveva schierato alcuni suoi fedelissimi.
Possibile che nessuno sia stato messo al corrente del cambio delle regole? Possibile che si sia consumato un così ampio cortocircuito tra le strutture burocratiche e i vertici politici dell’amministrazione Scopelliti-Stasi (tra le altre cose dello stesso colore politico della coalizione che sosteneva Ferro) tale da non consentire uno scambio di informazioni su un tema così rilevante?
Una cosa è certa: sia il Viminale che la Regione Calabria erano consapevoli del quadro mutato sin dalla mattina di venerdì 26 settembre. Ben undici giorni prima di quel 7 ottobre, quando Palazzo Grazioli diffonde la nota con cui ufficializza e benedice la discesa in campo di Wanda.
p.s. Gli unici ad aver compreso tutto e subito sono stati i rappresentanti del Movimento 5 Stelle. Quando l’aspirante governatore Cono Cantelmi presentò pure la sua candidatura a semplice consigliere nella circoscrizione Catanzaro-Crotone-Vibo in molti si chiesero il perché di tale mossa. Ora, evidentemente, è tutto più chiaro.
Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it
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