Ogni giorno che passa le difficoltà per Renzi aumentano sia sul piano interno, con i sindacati in guerra, che su quello comunitario, con una Merkel in prima fila a dare i brutti voti. Nondimeno crescono le opportunità per dimostrare le sue capacità di governo e di leader di un partito che detiene il 41% del consenso. Un Pd che ha fatto filotto (Lombardia esclusa) nelle ultime tornate elettorali regionali (9 a 1), sia di quelle che l’hanno visto predominare in Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Lazio e Molise nel 2013 e in Abruzzo, Piemonte e Sardegna nel 2014 che nelle ultime due, appena andate al voto, che hanno consacrato Bonaccini e Oliverio, rispettivamente, governatori dell’Emilia-Romagna e Calabria. A ben vedere, un en plain, con Renzi che probabilmente continuerà a fare “strage” di consensi nella primavera 2015, con al voto Campania, Liguria, Puglia, Toscana e Veneto. Ciò accadrà a condizione che sappia dimostrare il suo essere l’autore del rinnovamento reale e non già solo promesso.
Le difficoltà Roma come tante altre, ove il procuratore Pignatone trova ciò che altrove c’è, ma non emerge. La capitale d’Italia dimostra sempre più il suo essere corrotta e il suo essere esposta ai voleri della delinquenza organizzata, che occupa sia la politica che la governa che la burocrazia che la dirige. Buchi di bilancio irrecuperabili e politiche di risanamento incerte, tali da comportare l’abbandono di un bravo magistrato contabile nominata assessore al ramo. Erogazioni statali miliardarie funzionali al massimo ad anestetizzare “i dolori”. Una classe dirigente da rinnovare perché, in parte, predisposta ad assecondare le logiche delle cricche. Queste ultime divenute sempre più invasive nella determinazione delle preferenze e, quindi, condizionanti nell’esercizio del conseguente spoil system.
Un’occupazione del Palazzo che rende i fornitori di voti, prima, e di beni e servizi, dopo, padroni del sistema e dei partiti. Una logica non solo romana bensì comune ovunque. Addirittura sopravvenuta anche nelle isole d’oro che c’erano e che non ci sono più, ad opera di una delinquenza imprenditorializzata, capace di corrompere e intimidire, divenuta una holding del malaffare, capitanata dalla ‘ndrangheta, oramai egemone nella finanza mondiale (il bravo Nicola Gratteri docet). A tutti questo va, ovviamente, ad aggiungersi una crisi istituzionale da fare paura, atteso che le Regioni e i Comuni (passando dalle riesumate Province alle città metropolitane che ci saranno) non risultano in grado di superare l’esame necessario a riportare il Paese in una condizione accettabile e in linea con le legittime richieste dell’Ue.
Le occasioni Una tale situazione di disastro generale, che consiglierebbe a chiunque di tornarsene a casa gettando la spugna sul ring della sfida istituzionale, può tuttavia tradursi in un appuntamento fatale, in una grande opportunità. Un compito che un lottatore come Renzi fa bene ad accettare come premier e come segretario politico che intercetta il consenso più massiccio in tutta Europa.
Roma va bonificata e rilanciata, anche come esempio da esportare. I suoi problemi sono diffusi e, in quanto tali, vanno risolti con leggi. Gli interventi legislativi dovranno pertanto essere mirati a rottamare l’attuale sistema dei controlli che non funziona affatto.
Anche quello dei controlli esterni va rivisto e riformulato, vittima di una revisione all’acqua di rosa e di una Corte dei conti che cancella al centro ciò che di efficace viene prodotto nelle Sezioni regionali, specie in materia dei predissesti funzionali a premiare, spesso, i colpevoli.
Va rivisto altresì il criterio che regola i commissariamenti governativi, troppo spesso inefficaci e costosissimi.
Per cambiare i comportamenti della pubblica amministrazione occorre intervenire nel rapporto tra controllati e controllori, magari riprendendo il concetto della certezza della sanzione politica (l’incandidabilità quantomeno decennale), tanto da riproporla anche a livello regionale, ove è stata cancellata dalla Consulta che, nell’occasione, ha tra l’altro confuso la relazione di fine legislatura per ciò che non era. In una, occorre un coraggio da leoni per cambiare le regole, mettendo a rischio – ove occorra – il consenso indotto fino a oggi garantito dall’universo territoriale, troppo spesso amministrato nell’interesse dei rappresentanti piuttosto che dei rappresentati.
Il Bingo La prova del nove del cambiamento eventualmente realizzato da Matteo Renzi avrà modo di fornirla migliorando ciò che non ha mai funzionato. Dimostrando che l’impossibile non esiste, solo che se ne abbia voglia. L’impossibile è rappresentato dalla Calabria prima del voto. Campione di tutto ciò che è negativo, con una ‘ndrangheta che dilaga ovunque. Luogo nel quale i diritti costituzionalmente sanciti vengono degradati a veri e propri optional. Insomma, qui si gioca la partita: far diventare un fuoriclasse il brutto anatroccolo.
In questo sta la vera sfida: raggiungere risultati da vantare sul piano interno e internazionale. Il tutto con la complicità produttiva del nuovo governatore. Un compito difficile, ma non impossibile quello di accorciare le distanze tra il prodotto legislativo, di programma e amministrativo della Calabria con quello dell’Emilia-Romagna, ove i problemi saranno quelli di confermare invece le performance di sempre. Questo sarà il metro con il quale sarà misurata la distanza tra ciò che Matteo Renzi dice e quello che fa.
*docente Unical
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