CORIGLIANO CALABRO È attraccato nel porto di Corigliano Calabro il mercantile “Ezadeen” che trasporta i 450 immigrati di nazionalità siriana, tra cui una cinquantina tra donne e minori, soccorsi ieri dalla Guardia costiera nel mare Jonio al largo della costa della Calabria dopo che gli scafisti avevano abbandonato l’imbarcazione. Dopo l’attracco sono cominciate le operazioni di sbarco degli immigrati coordinate dalla Prefettura di Cosenza con la collaborazione delle organizzazioni di volontariato per garantire assistenza ai migranti. Una volta completato lo sbarco, gli immigrati saranno avviati in alcuni centri di accoglienza dove si procederà alla loro identificazione. Le condizioni del mare hanno obbligato la deviazione di rotta, prima prevista verso Crotone. A bordo ci sono decine di bambini e anche alcune donne in gravidanza. Le operazioni di attracco della nave al porto della cittadina jonica, a quanto sembra per l’altezza della banchina, si è rivelata particolarmente difficile. Una volta sbarcati e soccorsi, i migranti saranno trasferiti in strutture di accoglienza di altre regioni, considerato che in Calabria quelle operative sono tutte piene.
ABBANDONATI AL LORO DESTINO
Li hanno abbandonati al loro destino, dopo avere impostato la rotta automatica verso le coste della Calabria e aver lasciato la nave. A tre giorni dal cargo battente bandiera moldava privo di equipaggio e carico di migranti – poi condotto nel porto pugliese di Gallipoli – si registra un nuovo caso di mercantile abbandonato a se stesso. Questa volta verso le coste calabresi. Il mercantile Ezadeen – lungo una sessantina di metri, con bandiera della Sierra Leone, arrivato al porto di Corigliano Calabro – è stato lanciato verso le coste calabresi nel pomeriggio di ieri col suo carico di circa 450 migranti di nazionalità siriana, tra i quali donne e bambini. Giunti in quelle che vengono definite acque “Sar” (ricerca e soccorso) italiane, a circa 80 miglia da Crotone, i migranti hanno lanciato l’allarme. In zona sono arrivate le motovedette della Guardia costiera e la nave islandese Tyr della missione Frontex.
OPERAZIONI DI SOCCORSO DIFFICILI
Impossibile, pero’, per gli uomini della Guardia costiera salire a bordo, anche dopo che il cargo si è fermato per avere esaurito il carburante. Con onde alte sette metri il rischio di un abbordaggio era troppo elevato. E così, come già successo nel caso di Gallipoli, i marinai si sono dovuti calare a bordo col verricello di un elicottero dell’Aeronautica militare. Una volta ai comandi, i militari si sono anche resi conto che questi erano fuori uso; si è reso quindi necessario l’intervento della nave islandese, che ha trainato la Ezadeen verso il porto di Corigliano Calabro.
STRATEGIA: GRANDI NAVI CARRETTE DA ABBANDONARE
Gli ultimi due episodi confermano la nuova strategia messa in atto dai trafficanti di essere umani: per evitare ogni pur minimo rischio di essere arrestati, lasciano le navi ingovernate, col rischio di farle finire sugli scogli. Una metodica già nota alla Guardia costiera calabrese, che si è trovata ad affrontare casi analoghi nel recente passato. Per questo tipo di “sbarchi” l’organizzazione – spiegano alla Guardia costiera – usa navi dismesse da 2-3 anni, di cui non vi è piu’ traccia nei registri navali ma che ricompaiono misteriosamente in queste circostanze. Navi, tra l’altro, di dimensioni tali – dai 60 ai 100 metri – da consentire la navigazione anche d’inverno, col mare grosso, mentre in passato venivano usate solo vecchie carrette di pochi metri e gli sbarchi erano concentrati nella stagione estiva. Dopo la partenza da porti della Grecia o della Turchia, a distanza di sicurezza dalle coste italiane, gli scafisti inseriscono il pilota automatico – o comunque danno i rudimenti di navigazione a qualcuno dei migranti a bordo – e abbandonano la nave. A modificare l’approccio degli scafisti avrebbe contribuito anche il fatto che i profughi provenienti dalla Siria sono disposti a pagare prezzi più alti per il viaggio – in alcuni casi sino a ottomila dollari a testa – ma pretendono, come contropartita, l’uso di mezzi sicuri. Il cambio di strategia, pero’, oltre ad essere rischioso per i migranti e per gli stessi soccorritori – costretti a salire a bordo di navi in movimento in condizioni meteo marine spesso al limite – provoca anche un altro problema: l’occupazione delle banchine dei porti di attracco che limitano, a volte per periodi molto lunghi, le normali attività commerciali degli scali, con danni per gli operatori e l’economia della zona.
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