Toni pacati ma parole ferme. Tanta comprensione per le difficoltà che si incontrano ma anche fermo richiamo ad una reciprocità nei rapporti istituzionali. Insomma non è andata per niente bene la trasferta romana di Mario Oliverio, o almeno non è andata come si augurava. Questo non tanto, o non solo, per il secco rifiuto incassato, davanti alla reiterata richiesta di essere nominato commissario alla Sanità, ma per il fatto che il rifiuto è arrivato direttamente da Matteo Renzi.
Era stato lo stesso Oliverio questa volta a chiedere un incontro diretto, quasi a sottolineare che aveva dubbi sulle cose che gli venivano riferite dai più stretti collaboratori del premier. Alla fine è stato accontentato ma con esito assolutamente negativo.
Risultato: anche nei prossimi giorni il Consiglio dei ministri eviterà di nominare il commissario e intanto la premiata ditta Pezzi-Urbani continuerà indisturbata a malgestire quel che resta della sanità calabrese. Il ritardo imposto alla ripartenza della macchina regionale, del resto, non riguarda solo la sanità. Da quel che si apprende passerà gennaio senza che venga varata la nuova giunta regionale e governare le mille emergenze calabresi con decreti presidenziali appare difficile oltre che poco lecito. Certo fa benissimo il nuovo governatore a non cedere a veti e ricatti incrociati. Non vuole cedimenti rispetto a vecchi interessi trasversali ma nello stesso tempo dà l’idea di rifiutare ogni confronto nelle sedi deputate cadendo in una sorta di pericolosa autoreferenzialità superata solo, dicono i maligni, dalla sua ristrettissima corte cosentina le cui chiavi stanno in mano a Nicola Adamo, laddove però che quel che è utile a Nicola Adamo lo sia anche a Mario Oliverio e alla Calabria resta ancora tutto da dimostrare.
Insomma si rischia lo stallo ogni volta che i piani del governatore debbono incrociare il consenso del partito o del gruppo consiliare. È la conseguenza inevitabile dell’arroccamento voluto da Oliverio: è geloso delle sue prerogative delle quali non intende neanche discutere? Giustissimo, ma si faccia una ragione del fatto che anche gli altri intendono restare gelosi delle loro prerogative, a cominciare dal governo, cui tocca scegliere il commissario alla sanità, per finire al gruppo consiliare che di un oliveriano travestito da renziano come Ciconte non vuole sentir parlare quale presidente del consiglio regionale.
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