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Mafia Capitale, il Riesame: Carminati da anni in affari con i Mancuso

ROMA «Il clan di Massimo Carminati è da anni in affari con il clan ‘ndranghetista dei Mancuso di Limbadi». È quanto scrivono i giudici del Riesame nelle motivazioni con cui hanno respinto le istanz…

Pubblicato il: 09/01/2015 – 15:15
Mafia Capitale, il Riesame: Carminati da anni in affari con i Mancuso

ROMA «Il clan di Massimo Carminati è da anni in affari con il clan ‘ndranghetista dei Mancuso di Limbadi». È quanto scrivono i giudici del Riesame nelle motivazioni con cui hanno respinto le istanze di scarcerazione di Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, ritenuti dalla Procura l’anello di congiunzione tra la ‘ndrangheta calabrese e Mafia Capitale. Secondo i magistrati, Carminati con Salvatore Buzzi aveva costituito la coop Santo Stefano, onlus destinata a gestire l’appalto per la pulizia del mercato Esquilino. «La nascita della cooperativa – si legge – avrebbe costituito la conferma del rapporto tra l’associazione mafiosa romana e il clan Mancuso che aveva già portato a proficui affari in Calabria». Rotolo e Ruggiero «sarebbero stati di fatto accreditati su richiesta di Buzzi presso la famiglia Mancuso che come proprio referente per le attività a Roma aveva indicato l’imprenditore Giovanni Campennì».

In numerose conversazioni intercettate dai carabinieri del Ros, emerge come Rotolo, dipendente della cooperativa 29 giugno fin dal 2009 e Ruggiero, dipendente della stessa cooperativa salvo poi passare formalmente dal 2009 alla Roma Multiservizi, spa presieduta da Franco Panzironi, siano definiti ‘ndranghetisti da Buzzi. Parlando dei due indagati, il Riesame scrive che si tratta di «soggetti pericolosi per la collettività e da sempre gravitanti nell’ambito di organizzazioni criminali organizzate». I giudici ricostruiscono la storia criminale dei due a cui viene contestata l’associazione per delinquere di stampo mafioso. Su Ruggiero, in particolare, il tribunale scrive che «sin dagli anni 90 aveva frequentazioni con elementi di spicco della ‘ndrangheta calabrese e in particolare con Girolamo Molè detto u Gangiu» mentre Rotolo «risulta collegato, e non solo per ragioni di parentela, con il clan Piromalli di Gioia Tauro». Per il riesame, «entrambi gli indagati trasferitisi a Roma non hanno evidentemente perduto i contatti con la criminalità organizzata calabrese tanto da avere accettato l’incarico da parte di Buzzi di prendere contatto con la cosca Mancuso di Limbadi». Per i magistrati romani, i due «avevano a disposizione anche armi».

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