«Nessun tribunale ce lo ha imposto, nessun pm lo ha mai chiesto ma siamo stati costretti all’esilio digitale, spostando il nostro sito su un server estero». Christian Abbondanza non è un personaggio che stia simpatico a molti, soprattutto nella sua Liguria. Come presidente della Casa della Legalità tra qualche mese sarà chiamato a testimoniare anche a Reggio Calabria, nel procedimento che vede imputato l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, accusato di aver aiutato l’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena a sottrarsi ad una condanna definitiva per mafia. L’ex politico ligure è finito più volte nei dossier della Casa della Legalità, come gli uomini dei clan che da tempo imperversano in Liguria e gli imprenditori che con loro fanno affari, spesso pizzicati ben prima che per loro scattino le manette.
LA BATTAGLIA DI CHIAPPORI
Il suo nome è Giacomo Chiappori e prima di diventare il sindaco leghista di Diano Marina – il Comune finito anche al centro delle preoccupate attenzioni della commissione parlamentare antimafia – il suo nome era già salito alla ribalta nazionale. Eletto alla Camera nel 1996, ma non riconfermato nel 2001, salvato l’anno successivo dalla nomina voluta dall’allora ministro delle Attività produttive, Antonio Marzano, che lo catapulta nel cda dell’Ente nazionale del turismo, Chiappori diventa in breve tempo noto alle cronache per la frequentazione con Gennaro Mockbel, l’imprenditore romano, con un passato da protagonista nell’estrema destra, che grazie a specifici accordi con le ‘ndrine degli Arena Nicoscia avrebbe spianato la strada all’elezione al Senato di Nicola Di Girolamo. La circostanza viene fuori dalle carte dell’inchiesta Phuncard-Brokers della Procura distrettuale di Roma, una storiaccia di riciclaggio, fondi neri, tangenti e false transazioni che ha coinvolto grandi aziende di telecomunicazione come Fastweb e Sparkle, società controllata al 100% da Telecom Italia, pizzicate in affari con le ndrine di Isola Capo Rizzuto, e ha lambito anche i vertici di quella Finmeccanica oggi sotto indagine a Busto Arsizio per le presunte tangenti versate alla Lega. Per i pm romani, sarebbe stato proprio Gennaro Mockbel a mettere in contatto l’ovattata realtà dell’alta finanza nel periodo di massimo boom delle Tlc e la ndrangheta, coinvolta anche nell’elezione del senatore del Pdl e uomo di Mockbel, Nicola Di Girolamo, che per questo ha patteggiato una pena a cinque anni di reclusione.
I GUAI A DIANO MARINA
Un giudizio pesante che non ha significato però alcuna conseguenza penale per Giacomo Chiappori, oggi sindaco di Diano Marina, dove su circa 6.000 abitanti vi sono ben 6 famiglie di ‘ndrangheta e l’ombra delle cosche di Seminara sembra testimoniata anche dall’arresto del noto latitante Carmelo Ditto, in seguito ucciso in un agguato di ndrangheta nel reggino. «In particolare, ad esempio, si è evidenziato il rapporto diretto del Chiappori con soggetti quali Surace Domenico o i Frisina, così come anche l’inserimento nel Consiglio direttivo della neo Forza Italia di una giovane esponente della famiglia Papalia, dimessasi da tale carica dopo le nostre denunce pubbliche in merito», sottolinea Casa della legalità nel dettagliato dossier che ha fatto avere alla commissione parlamentare antimafia. Un’iniziativa che non è piaciuta per nulla al sindaco che ha querelato la Casa della Legalità, pretendendo la rimozione di un articolo e della relazione della Procura Nazionale Antimafia del 2013, che nel mappare la situazione a Diano Marina, indicava nelle famiglie Papalia e Surace le più preoccupanti presenze di ‘ndrangheta in zona. Un’informazione scomoda per Chiappori. Fra i suoi grandi elettori c’è infatti Domenico Surace – catapultato dal sindaco alla guida della municipalizzata cittadina G.M. Spa che gestisce il porto turistico, le spiagge comunali e le aree parcheggio – che di quella famiglia è espressione. Per la procura di Imperia, il problema non sussiste. Nessun magistrato chiede la rimozione del pezzo contestato o della relazione della Dna.
Il SINDACO INTIMA LA RIMOZIONE, E ARUBA ESEGUE
Ma il sindaco Chiappori, scoprirà dopo Abbondanza, non si rassegna e si rivolge direttamente ad Aruba Spa – la società che ospita il sito della Casa della Legalità sul proprio server – intimando la rimozione dei pezzi perché «violerebbero i diritti e le libertà del Comune di Diano Marina». Sotto Natale, agli attivisti della nota associazione antimafia arriva la richiesta di specificare le fonti dei propri pezzi da parte di Aruba, che però non si accontenta. E agli attivisti comunica: «Precisato che non compete alla Scrivente esaminare e valutare la documentazione da Voi inviata con dette comunicazioni non possiamo fare a meno di rilevare che i contenuti pubblicati sono comunque oggetto di giudizio pendente presso la competente Autorità Giudiziaria. Ciò detto comunichiamo che trascorse 24 ore dal ricevimento della presente la Scrivente provvederà, senza ulteriori avvisi, alla sospensione del Servizio». Nonostante da parte dell’autorità giudiziaria non ci sia stata alcuna disposizione di sequestro preventivo, di oscuramento o un provvedimento di censura, al presidente della Casa della legalità e agli altri attivisti non rimane che lavorare in tempi record per salvare i dati archiviati sul server. Nelle prossime settimane – dicono dalla Casa della legalità – partiranno le denunce nelle sedi competenti. Nel frattempo, le pressioni di un privato su un provider sembrano pesare di più delle determinazioni dell’autorità giudiziaria. E della libertà di stampa.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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