CATANZARO L’ex parlamentare di Rifondazione comunista ed ex esponente no global Francesco Caruso interviene sulla polemica scatenatasi in seguito alla decisione dell’Università Magna Grecia di affidargli una cattedra in Sociologia dell’ambiente e del territorio. «Dopo anni e anni di studi e ricerca – afferma Caruso – dopo l’accesso previo concorso pubblico e il conseguimento del titolo di dottore di ricerca in sociologia, dopo l’assegnazione previo concorso pubblico di un assegno di ricerca post-doc nel settore scientifico disciplinare Sps/10, dopo diverse pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali e internazionali di fascia A, dopo gli incarichi di insegnamento presso l’Università della Calabria, di Napoli, di Almeri’a, dopo le relazioni presentate ai convegni europei e mondiali dell’Isa (International Sociological Association) a Delhi, Lisbona, Bruxelles, Murcia, Londra, alle conferenze annuali dell’Associazione italiana di Sociologia, dopo la collaborazione a Progetti di rilevante interesse nazionale (Prin), ai bandi di ricerca internazionali dell’Unione Europea (European Research Council), dopo mesi di ricerca all’estero, all’università Complutense di Madrid come al centro ricerche Cemyri dell’Università di Almeri’a, lontano dagli affetti familiari e dall’amore di una bellissima bambina di due anni, ecco sbucare un tale Ivan Cardamone che, dall’alto della sua conclamata autorevolezza scientifica e accademica, definisce poco opportuno l’assegnazione al sottoscritto dell’incarico di insegnamento in Sociologia dell’Ambiente e del territorio».
«Lo stimato scienziato catanzarese – prosegue Caruso – esplicita apertamente come il suo laconico giudizio non viene a definirsi sulla base delle competenze accademiche, ma di un ulteriore elemento che sembra suggerire alle istituzioni universitarie di adottare in sede di valutazione comparativa per incarichi di insegnamento: il curriculum politico. “Penso sia una questione di opportunità e buon senso, considerato il suo curriculum politico”: lo dice apertamente, senza peli sulla lingua. In verità l’illuminante proposta non è particolarmente innovativa, essendo corroborata dal significativo precedente storico della riforma del regolamento universitario generale disposta dal regio decreto n.1227 del 28 agosto 1931 su proposta del filosofo Balbino Giuliano in base al quale i docenti universitari erano tenuti a giurare fedeltà non solo alla “patria”, ma anche al “regime fascista”». «Malgrado – sostiene ancora Caruso – non manchino taluni rappresentanti sindacali delle forze di polizia che pretendono finanche anch’essi di sindacare su incarichi accademici, arrivando a minacciare manifestazioni di poliziotti all’esterno dell’università contro la nomina di docenti a loro poco graditi, fortunatamente viviamo in un’altra epoca storica. Un’epoca nella quale la libertà di opinione viene garantita purché non scivoli nella diffamazione, parlando ad esempio, come nel caso di Cardamone, “di una lunga serie di precedenti penali a carico di Francesco Caruso” a fronte dell’inesistenza di carichi pendenti, un casellario giudiziario vuoto e diverse sentenze ormai definitive di assoluzione. Ma preferisco lasciar perdere polemiche e strumentalizzazioni politiche. Guardiamo l’aspetto positivo di questa vicenda: nonostante i Cardamone di turno, che pretendono di verificare il “curriculum politico” probabilmente anche dell’ultimo usciere del comune, esiste nel capoluogo calabrese un’istituzione di un certo rilievo, come l’università “Magna Graecia”, dove puoi insegnare anche senza avere padrini, padroni e padreterni alle spalle. Pur senza conoscere nessuno, mandi il curriculum e vieni valutato per quello che sei: dovrebbe essere la normalità, e invece già questo rappresenta un atto quasi “rivoluzionario” in una regione come la Calabria costellata dai tanti piccoli e grandi Cardamone e in un ambiente come quello dell’accademia in Italia ancora soffocato da baronati e nepotismo. Questa almeno – conclude l’ex esponente no global – la mia esperienza personale: e agli studenti sarò ben lieto e orgoglioso di esporre non solo le teorie sociologiche e i risultati delle mie ricerche, ma anche questa lezione di dignità e di speranza che ho trovato nel capoluogo calabrese».
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