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Il pm Sandro Dolce verso la Dna

CATANZARO Fronteggiare l’emergenza ‘ndrangheta significa fare in modo che la magistratura sia nelle condizioni di operare a ranghi completi. Ne è convinto il Consiglio superiore della magistratura …

Pubblicato il: 13/01/2015 – 16:21
Il pm Sandro Dolce verso la Dna

CATANZARO Fronteggiare l’emergenza ‘ndrangheta significa fare in modo che la magistratura sia nelle condizioni di operare a ranghi completi. Ne è convinto il Consiglio superiore della magistratura che ha deciso di accordare una sorta di corsia preferenziale per la copertura dei posti direttivi nelle Procure calabresi. In questo contesto va letta la decisione di indicare, con voti unanimi, Vincenzo Luberto per il posto di procuratore aggiunto presso la Dda di Catanzaro. Contestualmente altre scelte operative sono state compiute e saranno completate dall’organo di autogoverno della magistratura a strettissimo giro.
Tra queste, il trasferimento alla Procura nazionale antimafia del pubblico ministero catanzarese Sandro Dolce. Il suo arrivo alla Dna coprirà un grave vuoto operativo e di collegamento. In sostanza, nonostante la crescita e l’espansione del fenomeno ‘ndrangheta, allo stato presso la Procura nazionale antimafia non era presente nessun magistrato calabrese. È dal trasferimento di Emilio Le Donne (che della Procura nazionale antimafia fu vicecapo) che nessun magistrato di Catanzaro aveva più fatto parte del massimo organismo inquirente di contrasto alla criminalità organizzata.
È anche in forza di queste ragioni che il trasferimento alla Dna di Sandro Dolce assume un particolare rilievo. Lavorando presso la direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, il magistrato si era occupato in particolare del territorio di Crotone. È stato lui a condurre le indagini sull’agguato, compiuto il 25 giugno del 2009, su un campo di calcetto a Crotone nel quale fu ucciso Gabriele Marrazzo, di 35 anni, e nel quale rimasero ferite altre nove persone tra le quali il piccolo “Dodò” Gabriele, il bambino di 11 anni morto dopo tre mesi di coma.
Nel 2008 si è occupato anche dell’inchiesta su “Europaradiso”, il grande villaggio turistico che l’israeliano David Appel voleva realizzare alla foce del Neto stimolando inevitabilmente – sostengono gli inquirenti – gli appetiti delle cosche crotonesi.
Ha poi rappresentato la pubblica accusa nella mattanza avvenuta nel pomeriggio del 26 febbraio 2000 sul corso principale di Strongoli, quando a terra restarono i corpi di Vincenzo Otello Giarratano, Salvatore Valente, Massimiliano Greco, oltre a quello di un innocente pensionato, Ferdinando Chiarotti. È stato lui a interrogare Lea Garofalo, la testimone di giustizia uccisa nel Milanese dall’ex compagno Carlo Cosco e da altre persone. In particolare, la donna, interrogata dal sostituto antimafia, riferì dell’attività di spaccio di stupefacenti condotta dai fratelli Cosco (compreso l’ex compagno dal quale ha avuto una figlia, Denise) grazie al benestare del boss Tommaso Ceraudo.
Restando a Crotone, va segnalata la scelta di Eugenio Facciolla per coprire il posto di capo di quella Procura della Repubblica, lasciato libero recentemente da Mazzotta, promosso a procuratore generale di Catanzaro. Facciolla è sostituto procuratore, applicato alla Direzione distrettuale di Catanzaro, e sulla sua scrivania sono numerosi i fascicoli che riguardano inchieste delicate, tra cui diverse sui clan del Cosentino. Prima ancora ha lavorato come pubblico ministero presso la Procura di Paola. In tale veste si è occupato, tra le altre, dell’inchiesta sull’Istituto “Papa Giovanni” di Serra d’Aiello, che ha portato alla chiusura dello stesso e ha rivelato aspetti assai oscuri relativi a presunte sparizioni di ammalati e perfino a decessi coperti da mistero. Il magistrato negli ultimi anni è stato anche vittima di alcune intimidazioni.
Da sostituto procuratore di Catanzaro ha rappresentato, assieme al collega Massimo Lia, la pubblica accusa nel processo d’appello “Why not”, che ha cercato di fare luce sui presunti illeciti nella gestione dei fondi pubblici. Molte inchieste da lui coordinate hanno anche riguardato il nodo dei rapporti tra politica e criminalità mafiosa: ha rappresentato la pubblica accusa nel processo contro l’ex consigliere regionale Franco La Rupa, imperniato sull’accusa di voto di scambio, e nel processo scaturito dall’inchiesta denominata Missing, contro le cosche cosentine. A Catanzaro ci è poi tornato con il ruolo di sostituto procuratore generale, prima di essere promosso a capo della Procura del Tribunale di Rossano.

 

Paolo Pollichieni

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