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Oliverio contro gli ayatollah

Ci possono essere diverse ragioni per muovere riserve o per sollevare perplessità rispetto all’avvio di questa decima legislatura della Regione Calabria e rispetto all’esordio del nuovo governatore…

Pubblicato il: 13/01/2015 – 17:03
Oliverio contro gli ayatollah

Ci possono essere diverse ragioni per muovere riserve o per sollevare perplessità rispetto all’avvio di questa decima legislatura della Regione Calabria e rispetto all’esordio del nuovo governatore Mario Oliverio. È singolare, però, che lo si attacchi sull’unica iniziativa concreta che fin qui ha messo in cantiere e sull’unico atto veramente coraggioso e dirompente che ha sottoscritto in queste settimane.

Il riferimento è alla proposta di legge che chiude l’era scandalosa del doppio binario gestionale, economico e organizzativo che ha fin qui diviso il consiglio regionale dalla Regione Calabria.
Si tenta disperatamente, in queste settimane, in ogni modo di bloccare l’iniziativa di Oliverio che mira a mettere ordine in una giungla, organizzativa, retributiva e gestionale, quale quella rappresentata dal consiglio regionale.
In tanti avevano promesso di farlo, in questi quarant’anni di regionalismo calabrese. Oliverio non lo ha promesso… ma lo ha fatto. Da qui una catena di mal di pancia che mettono insieme pezzi del mondo sindacale con reduci del peggiore campanilismo reggino. Una cortina fumogena che tenta, senza successo, di nascondere le vere ragioni per le quali si cerca di intimidire il nuovo governatore e farlo recedere dalla decisione di stabilire per legge una cosa semplicissima: non c’è ragione alcuna per differenziare i dipendenti della Regione tra quelli che prestano servizio presso l’assemblea e quelli che, invece, lavorano al governo regionale.
O meglio: non c’è una ragione lecita, che di ragioni inconfessabili, invece, ve ne sono tantissime. È grazie a questa separazione dei ruoli, infatti, che negli ultimi quindici anni il consiglio regionale ha potuto far nascere una burocrazia infetta, inadeguata e logora. È grazie a questa separazione di ruoli che il più amorale dei familismi ha potuto consentire che in Consiglio entrassero e diventassero dipendenti di ruolo figli, mogli, fratelli, sorelle, fidanzati, fidanzate, suoceri e persino domestici dei consiglieri regionali. Ed è sempre grazie a questa separazione dei ruoli che le carriere si consumavano dentro un circuito ristrettissimo, senza la possibilità di aprirsi a innesti da parte degli altri settori della Regione Calabria.
Non è solo una scelta di contenimento della spesa, quella che viene fuori dall’iniziativa adottata da Mario Oliverio. È molto di più: è l’avvento di un minimo di moralità all’interno di uno scenario burocratico come quello del consiglio regionale della Calabria che è quanto di più immorale la burocrazia pubblica possa rappresentare.
Sanno benissimo, gli ayatollah di Palazzo Campanella, che non c’è nessun rischio per i dipendenti e nessuna ipotesi di trasferimento per il personale. Men che meno si corre il rischio che la sede del Consiglio possa essere trasferita altrove. È, questo, solo un modo “salviniano” di fare terrorismo teso a tentare di arruolare mercenari per contrastare l’iniziativa avviata dal governatore. La verità è che, finalmente, alcune incrostazioni vanno in sofferenza, da quelle che riguardano le assunzioni a quelle che riguardano le forniture. Su questa strada c’è solo da auspicare che Oliverio non desista e anzi la percorra fino in fondo.
E tuttavia ben vengano anche le resistenze e i tentativi di minare la volontà di Oliverio: questo è anche un modo per far capire al nuovo governatore quanto stretto e irto è il percorso che porta al risanamento morale, ancor prima che economico, di un ambiente dove anche la più determinata azione di governo deve fare i conti con la palude e le sabbie mobili di una burocrazia faccendiera, figlia di una politica vissuta all’insegna dei peggiori particolarismi.

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