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Bonomi: «Tuteleremo Capo Colonna»

LAMEZIA TERME La “denuncia” dei deputati e degli attivisti pentastellati, non lasciava spazio a mezze misure: il sito archeologico di Capo Colonna, avevano riferito, è «a rischio» per il proposito …

Pubblicato il: 15/01/2015 – 11:43
Bonomi: «Tuteleremo Capo Colonna»

LAMEZIA TERME La “denuncia” dei deputati e degli attivisti pentastellati, non lasciava spazio a mezze misure: il sito archeologico di Capo Colonna, avevano riferito, è «a rischio» per il proposito di realizzarvi un parcheggio nella zona antistante la Chiesa di Santa Maria e una tettoia al di sopra della cosiddetta “zona termale”, così come previsto dal progetto “Spa 2.4 Capo Colonna”.
Gli interventi, avevano lamentato i Cinquestelle – e in particolare Paolo Parentela e Dalila Nesci nell’interrogazione dello scorso venerdì presentata al ministro per i Beni e le attività culturali Dario Franceschini – sono più «adatti a un centro commerciale» perché considerati dagli interessati come troppo invasivi, e avrebbero già danneggiato, come avrebbero riscontrato in sede di un sopralluogo, una parte della terme di età romana.
A «ristabilire un ordine», arriva però adesso la prima presa di posizione ufficiale – l’unica dopo lo “scoppio” della vicenda sollevata dai Cinquestelle e dalle associazioni “Sette soli” e “Gettini di Vitalba”– della Soprintendenza per i Beni archeologici della Calabria, e in particolare di Simonetta Bonomi. «Il progetto – ha riferito – ha reali intenti conservativi e di valorizzazione, che mirano a rendere maggiormente fruibile il sito, la Chiesa che organizza funzioni religiose molto partecipate in occasione di alcune ricorrenze e la pavimentazione a mosaico fino a ora celata ai visitatori».

«NON C’È NESSUN PARCHEGGIO»
A partire dal fatto che non esisterebbe alcun parcheggio di sorta, per quanto il «sagrato della Chiesa» – di questo, come ha riportato la sovrintendente, si tratta – sarà aperto «occasionalmente» al traffico delle auto, e ospiterà i veicoli «dei residenti del promontorio e di quanti operano all’interno del parco».
La soluzione, tuttavia, sarebbe stata l’unica a coniugare la conservazione dei resti di età romana con il proposito di rendere maggiormente fruibile la chiesa, attualmente con un sagrato considerato dalla Bonomi «inaccessibile dal punto di vista del decoro e dello spazio. L’intervento – ha spiegato – è stato concordato con il parroco e ha avuto tutte le autorizzazioni del caso. I lavori hanno innanzitutto riguardato il sottofondo della pavimentazione, ma è bene precisare che solo a livello di fondazione e di sottofondazione sono stati trovati i resti di una piazza porticata di età romana. Non c’è, quindi, alzato. Si tratta di strutture estremamente fragili, che in nessun caso avrebbero potuto rimanere scoperte, esposte alle intemperie o al calpestìo dei visitatori. Abbiamo effettuato – ha affermato la sovrintendente – delle indagini archeologiche propedeutiche sviluppando un repertorio fotografico e facendo sorvolare un drone. L’intervento, data la destinazione d’uso, ci è sembrato effettuabile senza rischi, e anzi necessario. I resti di età romana sono, tra l’altro, stati coperte con tessuto, sabbia e terra», ha detto Bonomi. Ma perché non effettuare una copertura trasparente? Presto detto. «Coperture di questo tipo – ha spiegato la sovrintendente – hanno certamente l’immediato vantaggio di rendere visibili i reperti. Dobbiamo però pensare che il vetro soggetto a calpestìo è portato a diventare opaco e, soprattutto, a causa della presenza di rocce affioranti e per il leggero pendìo, non c’era modo di evitare la camera d’aria tra i resti e il vetro, che agevola la formazione di muschi che avrebbero danneggiato seriamente i reperti. Abbiamo allora pensato a una soluzione di compromesso: sulla preparazione pavimentale cui stiamo lavorando, verranno riportate le basi delle colonne, con il disegno in scala reale. Pannelli illustrativi spiegheranno cosa c’è sotto il sagrato e si avrà, dunque, una traccia visibile degli interventi svolti».

«LA TETTOIA? PUÒ NON PIACERE, MA SERVE»
Un discorso analogo la soprintendente per i Beni archeologici della Calabria Simonetta Bonomi lo compie per la tettoia, di cui è iniziata l’installazione nella zona adiacente alle terme romane. «Qualche anno fa è stato trovato un pavimento a mosaico, di cui fa parte anche il famoso mosaico di Orsi. È stato subito ricoperto – ha specificato Bonomi – perché non poteva essere lasciato esposto alle intemperie. Nell’ambito del nuovo progetto, si è deciso di costruire una tettoia che servirà a proteggere il vano del mosaico, che quindi potrà essere finalmente ammirato al posto delle attuali fotografie. Si tratta di una tettoia con caratteristiche antisismiche, la cui costruzione è stata avviata a seguito di una relazione geologica. Puntualizzo che deve stare in piedi, e dunque ha bisogno dei pilastri di calcestruzzo e dei pali metallici. Il disegno della tettoia – prosegue l’interessata – è stato poi approvato dal punto di vista paesaggistico. Non è detto che il risultato piaccia, ma era da fare nell’interesse dei mosaici sussistenti. Sulle caratteristiche di questo tipo di copertura, del resto, si è espressa una mole massiccia di letteratura tecnica, non sarà il caso di Capo Colonna – ha concluso Bonomi – a trovare una soluzione che metta tutti d’accordo».

 

Zaira Bartucca
z.bartucca@corrierecal.it

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