REGGIO CALABRIA Intere fette della città e finanche edifici pubblici sensibili nelle mani di una cricca che avrebbe consentito di realizzare le opere anche senza avere la certificazione antimafia. Lo spaccato che emerge dall’indagine portata avanti dalla Dda reggina – e finita sulle colonne del Sole 24 ore – è decisamente inquietante e traccia un modello di affidamento dei lavori pubblici in riva allo Stretto dalle tinte oscure. Nella ricostruzione dell’indagine curata dalla Dia di Reggio Calabria agli ordini del colonnello Gaetano Scilla – su disposizioni del pm Giuseppe Lombardo – emergerebbe il ruolo chiave svolto da una società la Co.ge.m. partecipata occultamente dai coniugi Amedeo Matacena e Chiara Rizzo. Il primo da tempo latitante a Dubai e con una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, mentre la moglie è finita sotto processo a Reggio per procurata inosservanza della pena e intestazione fittizia di beni. La metodologia adottata dalla Cogem – riporta nel pezzo di Roberto Gallullo apparso sul quotidiano economico – avrebbe permesso, attraverso una miriade di società e fiduciare estere, di schermare operazioni poco lecite e uomini che tiravano le fila delle imprese che si aggiudicavano i lavori a Reggio dalla fedina penale non limpida. E così una miriade di opere pubbliche sarebbero state realizzate – stando alle risultanze degli inquirenti – da quella società. Si va dal tapis roulant lungo via Giudecca (lavoro da 17 milioni di euro) al nuovo cimitero di Cardeto passando attraverso i lavori per la sicurezza dell’aeroporto “Tito Minniti” e addirittura la costruzione della nuova sede della Questura reggina.
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