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Avvelenamento dell'Oliva, otto casi di tumore accertati

COSENZA Otto casi di tumori accertati dalla polizia provinciale di Cosenza, di cui uno avrebbe portato al decesso del paziente. Nella deposizione di Maria Antonietta Pignataro, comandante della pol…

Pubblicato il: 23/01/2015 – 12:15
Avvelenamento dell'Oliva, otto casi di tumore accertati

COSENZA Otto casi di tumori accertati dalla polizia provinciale di Cosenza, di cui uno avrebbe portato al decesso del paziente. Nella deposizione di Maria Antonietta Pignataro, comandante della polizia provinciale di Cosenza, nel processo per l’avvelenamento della valle dell’Oliva che si sta celebrando davanti la Corte d’Assise di Cosenza, emergono ulteriori particolari dell’indagine svolta dalla Procura di Paola per comprendere cosa sia accaduto in questa parte della Calabria. Un processo che vede imputate cinque persone che, a vario titolo, sono accusate di aver causato l’avvelenamento dei terreni e delle acque del fiume Oliva e il disastro ambientale della zona. Si tratta in particolare dell’imprenditore amanteano Cesare Coccimiglio e di quattro possessori dei terreni all’interno della valle dell’Oliva, dove, secondo l’accusa, sarebbero stati sotterrati materiali contaminati. L’accusa, sostenuta oggi dal pm Maria Camodeca, ritiene che attraverso l’interramento di materiali tossico-nocivi e radioattivi nelle profondità della vallata i cinque, a vario titolo, avrebbero compromesso l’ambiente e la salute degli abitanti. Da qui la contestazione dei reati di disastro ambientale, avvelenamento delle acque e discarica abusiva di rifiuti di varia natura, contaminati da metalli pesanti. E, secondo l’accusa, ci sarebbe un nesso anche con la diffusione di tumori nella zona e la morte di Giancarlo Fuoco, un pescatore amatoriale e le lesioni dell’amico con cui abitualmente pescava nel fiume Oliva. Gli inquirenti hanno deciso di avviare tutti gli approfondimenti del caso per dimostrare la vastità del problema e individuare il numero di persone potenzialmente esposte al presunto inquinamento della vallata. Stando a quanto riferito da Pignataro, che all’epoca dell’indagine coordinava gli uomini della provinciale cosentina, gli agenti – su delega del procuratore capo Bruno Giordano – avrebbero individuato 17 persone che avrebbero attinto alle acque sotterranee per uso agricolo provenienti dal fiume Oliva e individuato inoltre 57 persone che, in zona, detenevano licenza di pesca. Ebbene: dalle risultanze degli inquirenti – riferite oggi in aula – sarebbe emerso che, tra queste persone, otto avrebbero, appunto, contratto malattie oncologiche di cui una avrebbe portato al decesso del malato. Una deposizione fortemente contestata dagli avvocati della difesa come anche quella di Giovanni Fusaro, all’epoca dei fatti vice ispettore del Corpo forestale dello Stato. Nel corso della sua deposizione, l’agente della forestale ha sottolineato come la ditta Coccimiglio nel tempo si sia aggiudicata lavori nella vallata dell’Oliva tra cui quelli per la realizzazione della briglia del fiume, una delle aree in cui sarebbero emersi nel corso delle indagini i livelli più elevati di concentrazione di metalli pesanti ma anche picchi di Cesio 137. Fusaro avrebbe elencato anche i verbali notificati dai forestali all’epoca alla ditta. Anche se, su richiesta specifica della difesa di Coccimiglio, il vice ispettore ha ammesso che in quel periodo in zona avrebbero lavorato anche altre ditte a cui sarebbero stati elevati verbali per irregolarità. Sulla stessa posizione anche l’ultimo testimone ascoltato in udienza: l’agente del Corpo forestale dello Stato Carlo Ferraro, che ha ricordato i verbali emessi nei confronti della ditta incriminata. La prossima udienza è stata aggiornata al 2 marzo, quando proseguiranno le deposizioni di altri testimoni dell’accusa.

 

Roberto De Santo
r.desanto@corrierecal.it

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