REGGIO CALABRIA Condanne confermate, ma pene mitigate per Teodoro Crea e i figli Giuseppe e Domenico, nel secondo processo d’Appello per la milionaria estorsione alla Devin, la società che ha costruito il noto centro commerciale di Rizziconi, Porto degli Ulivi. Dopo circa un’ora e mezza di camera di consiglio, la Corte d’appello, chiamata a ridiscutere in procedimento dopo l’annullamento con rinvio del precedente giudizio disposto dalla Cassazione, ha dunque sostanzialmente confermato l’impianto accusatorio a carico degli imputati, ritenuti elementi di vertice del clan Crea. Il presidente Tommasina Cotroneo, con Francesco Petrone e Onofrio Laudadio, a latere ha infatti deciso di condannare a 8 anni di carcere, in luogo dei dieci in precedenza rimediati, Teodoro Crea, assistito dagli avvocati Nico D’Ascola, Francesco Albanese e Francesco Siclari. Scendono le pene anche per i due fratelli Crea. I giudici hanno infatti deciso di punire con sette anni al posto degli otto rimediati in primo grado il latitante Giuseppe, assistito dall’avvocato Lorenzo Gatto. Medesima pena viene inflitta anche al fratello Domenico, in precedenza condannato a nove anni di carcere, difeso dai legali D’Ascola e Roberto Rampioni. Una decisione che arriva all’esito di un procedimento reso ancor più complesso dalla riapertura dell’istruttoria, chiesta e ottenuta dal procuratore generale Cianferoni, su istanza del quale sono state chiamati a deporre l’ex candidato dell’Udc, Pasquale Inzitari, già condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo denominato “Salina”, e i suoi soci Rosaria Vasta e Ferdinando De Marte. In questo procedimento tuttavia, Inzitari figura come vittima della prepotenza dei Crea. Stando alla ricostruzione dell’accusa infatti, nonostante avesse «autorizzato» la realizzazione del centro commerciale, a stabile terminato, il boss Teodoro Crea avrebbe chiesto in cambio una mazzetta da 800mila euro, la costruzione di una colonnina di benzina all’esterno del Porto degli Ulivi e l’assunzione di due persone. Un tentativo di estorsione in piena regola, cui Inzitari avrebbe risposto non solo informando la magistratura sul luogo in cui si trovasse Teodoro Crea, all’epoca latitante, ma anche il cognato Antonino Princi, pure lui indagato prima di essere ucciso con un’autobomba al centro di Gioia Tauro. Circostanze ammesse da Inzitari in un memoriale depositato nel corso della sua detenzione, in cui confessava anche di non avere volutamente risposto, insieme ai due soci, e alle domande in giudizio, perché a carico dei Crea arrivassero pesanti condanne, ma in Appello pubblicamente negate. Una marcia indietro che però non ha salvato né Crea né i figli da una lunga pena detentiva.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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