REGGIO CALABRIA Amedeo Matacena potrebbe presto essere estradato in Italia. Con buona pace delle promesse di spontanea consegna alle autorità giudiziarie fatte a più riprese dall’ex parlamentare di Forza Italia condannato in via definitiva per mafia, sarà l’accordo di cooperazione giudiziaria che le autorità degli Emirati Arabi firmeranno a breve con Roma, a rispedire Matacena in Italia. A darne notizia, è stato il deputato Pd, Davide Mattiello, componente delle commissioni Antimafia e Giustizia, al termine dell’incontro con l’ambasciatore degli Emirati in Italia, Saquer Nasser Alraisi. «L’ambasciatore mi ha rassicurato sul fatto che i contatti tra i governi sono in corso. Da parte mia ho sottolineato l’importanza che riveste il buon esito di questa vicenda: la cooperazione giudiziaria è uno strumento necessario per azzerare le sacche di impunità, soprattutto dei colletti bianchi, cioè di quel modo di fare mafia che ha a che fare con la corruzione, il riciclaggio e il traffico internazionale di valori» ha detto Mattiello, che però ha tenuto anche a precisare che la commissione antimafia dovrebbe convocare a breve anche l’ambasciatore italiano a Dubai, Giorgio Starace. «C’è più di un particolare da comprendere meglio», ha concluso Mattiello.
L’uomo, per la Dda di Reggio Calabria, è diventato «soggetto di interesse investigativo» in seguito alle dichiarazioni del colonnello dell’Aisi, Paolo Costantini, che nei mesi scorsi spontaneamente si è presentato negli uffici della Dna a Roma, chiedendo di parlare con il pm Francesco Curcio, applicato all’indagine del pm Giuseppe Lombardo sul cosiddetto “caso Scajola”. Secondo quanto dichiarato ai magistrati inquirenti dal colonnello Costantini nell’ambito di un interrogatorio reso il sei giugno scorso, la rete di protezione che ha permesso a Matacena di sottarsi all’esecuzione di una condanna definitiva per mafia – di cui fanno parte con ruoli e compiti diversi l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, la moglie di Matacena, Chiara Rizzo, il suo storico collaboratore Martino Politi e le segretarie dei due politici – poteva contare anche sul personale apporto dell’ambasciatore Starace che avrebbe fatto pressioni nei confronti delle autorità di Abu Dhabi e, nello stesso tempo, avrebbe aiutato Matacena non comunicando a Roma alcune informazioni utili all’autorità giudiziaria italiana. Stando a quanto emerso, l’ambasciata italiana avrebbe omesso di informare i magistrati calabresi delle raccomandazioni avute in via riservata dalle autorità degli Emirati arabi i quali avevano per tempo invitato a formulare la richiesta di estradizione non già (o non solo) sul reato di associazione mafiosa, non previsto dal loro ordinamento giudiziario, bensì sull’ipotesi di concorso nel riciclaggio internazionale. La mancata segnalazione di ciò, avrebbe comporatato un negativo esame della richiesta di estradizione, il che ha consentito a Matacena di restare libero e indisturbato.
E se nelle informative messe agli atti del caso Scajola si può leggere che «Starace ha esercitato pressioni insistenti per i modi e per i tempi, che servivano a garantire a Matacena, le migliori condizioni possibili di permanenza nel Paese», anche in passato il nome dell’ambasciatore era stato messo all’attenzione dei magistrati della Dda di Reggio Calabria. Nelle carte d’indagine delle procure di Genova e Imperia sul sistema bancario ligure, si segnalava infatti l’assidua frequentazione tra l’ambasciatore e il faccendiere reggino Andrea Nucera, titolare di un avviato ristorante ad Abu Dhabi dove si era trasferito proprio in conseguenza alle inchieste genovesi sul riciclaggio di soldi delle cosche mafiose reggine. Lo stesso ristorante, secondo quanto accertato dagli inquirenti, sarebbe diventato base fissa di Amedeo Matacena in questi anni di permanenza negli Emirati.
a. c.
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