Ultimo aggiornamento alle 7:00
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 6 minuti
Cambia colore:
 

Hanno tutti torto

C’è un libro di Paolo Sorrentino che, nel descrivere il massimo del disordine di una vita, ha come titolo “Hanno tutti ragione”. Occorre fare l’opposto, avvicinandosi alla drammatica farsa (il bist…

Pubblicato il: 28/01/2015 – 17:07
Hanno tutti torto

C’è un libro di Paolo Sorrentino che, nel descrivere il massimo del disordine di una vita, ha come titolo “Hanno tutti ragione”. Occorre fare l’opposto, avvicinandosi alla drammatica farsa (il bisticcio in termini è assolutamente voluto) che in queste ore viene servita sulla scena politica calabrese: hanno tutti torto!
Renzi ha il torto di continuare a fidarsi del sottosegretario Delrio. Oliverio quello di essersi fidato della Lanzetta. La Lanzetta quello di sovrastimare le sue facoltà intellettive e credere che gli altri siano invece una massa di fessi, al pari di Delrio, di Bersani e di Pippo Civati.
E, se un’attenuante si può riconoscere a Mario Oliverio, è appunto questa: prima di far fesso lui, la farmacista di Monasterace ha messo nel carniere un bel numero di più apprezzabili allocchi. Il primo fu Bersani, corso a Monasterace per scongiurare la crisi delle democrazie occidentali che le dimissioni dell’allora sindaco del paesino della Locride avrebbe provocato. Non volle sentire ragioni, il buon Bersani, e neanche dare retta alle “schede” che gli uffici gli avevano messo sotto il naso.
Poi arrivarono le primarie, la Lanzetta scaricò Bersani per diventare una “civatiana” dura e pura. L’unico a crederci fu proprio Civati che la impose nella direzione nazionale del Pd.
Infine, complici i tentennamenti di Giorgio Napolitano (ricordate il premier con la lista dei ministri due ore fermo nella sala delle vetrate?), Matteo Renzi che, dovendo sostituire in corsa Nicola Gratteri, deve rivoluzionare il suo gabinetto: sposta Orlando alla Giustizia, Galletti va al posto di Orlando all’Ambiente e c’è da nominare un ministro per i rapporti con le Regioni. Guarda caso, era proprio il ministero che stava occupando Graziano Delrio e guarda caso era solo Delrio ad accompagnare Renzi al Colle per consegnare la lista dei ministri. Maria Carmela e Graziano si stimano, lei è una debuttante bisognevole di cure: passare da sindaco di Monasterace, paese in dissesto finanziario e con meno di duemila votanti, a ministro della Repubblica, farebbe tremare i polsi a chiunque, ma non alla nostra eroina, che trenta secondi ci mette per rispondere con un fatidico “sì”.

E qui comincia l’avvenuta della ex bersaniana, ex civatiana e oggi anche ex renziana Maria Carmela Lanzetta. Il resto è noto: grandi gaffe istituzionali, visite private seguite da comunicati stampa ufficiali, grande attenzione per tutto quello che non le compete: infrastrutture, autostrade, porti, nomine nella sanità, nomine nella difesa del suolo. Fin quando non allunga la sua ombra anche sui contenziosi interni alla ristrettissima corte di Palazzo Chigi: Lotti gli sta antipatico, Magorno non lo sopporta proprio, Guerini la evita cordialmente. C’è solo Graziano, così gentile da occuparsi del ministero che le aveva portato in dote continuando a dirigerlo in una sorta di “interim”, mentre lei scorrazza e pontifica.
A quel punto, però, il premier comincia a prendere in considerazione un «diverso incarico» per la Lanzetta, ne accenna anche all’interessata che sa mascherare il suo disappunto ma intanto concede una prima intervista al Corriere della Sera. È quella, per intenderci, dove dice di non aver mai accusato la ‘ndrangheta di essere mandante degli attentati subiti. È anche quella dove, con falsa leggiadria, dice che tutto sommato se alzi la mano in Consiglio dei ministri, Renzi ti concede anche di parlare.
In molti assicurano che a Palazzo Chigi la cosa diede molto fastidio. E la pratica per un «diverso incarico» ebbe una nuova accelerazione. In questo contesto, Renzi chiede aiuto a Mario Oliverio, che offre alla ministra un posto in giunta. Sapeva bene, la Lanzetta, che vi avrebbe trovato accomodato anche Nino De Gaetano: i giornali ne parlavano da mesi e lo stesso Oliverio non aveva mai smentito la cosa. Anche quando dichiara alle agenzie di esser grata per la fiducia accordatagli e di accettare con entusiasmo la nomina ad assessore regionale, la Lanzetta sa che in giunta c’è pure De Gaetano. E sa anche che con Matteo Renzi il rapporto è definitivamente rovinato. E qui capita un episodio sfuggito a tutti, ma non a Fabio Desideri, presidente di Confimprese world, che lo confida a Il Giornale che lo pubblica proprio oggi. Intervenendo in un convegno internazionale, la Lanzetta si è lasciata “sfuggire” una frase velenosa contro «le politiche degli annunci». Forse riteneva che questo avrebbe portato Renzi a fargli una telefonata, invece proprio questo ha spinto definitivamente Renzi a «riavvicinarla a casa».
Maria Carmela ci pensa un poco su, poi decide di rompere i piatti e devastare il tinello. “Scopre” che De Gaetano nel 2010 venne attenzionato per i voti che la famiglia mafiosa dei Tegano gli avrebbe girato, allo scopo di accontentare il suocero che ne era il medico. Altri si incaricheranno di “scoprire” che la polizia aveva a lungo pedinato, filmato e fotografato il dottore Suraci mentre cerca voti per il genero. Ovviamente non c’è una foto o un filmato che ritragga anche Nino De Gaetano insieme ai boss, ma ci sono i suoi volantini e tanto basta. Fatte queste scoperte, la nostra eroina dell’antimafia a fasi alterne, concede la terza intervista al Corriere e fa recapitare all’Ansa di Roma una nota che il suo amico di sempre Graziano Delrio avrebbe inviato a Mario Oliverio per rimproverargli la nomina di De Gaetano ad assessore. Usiamo il condizionale perché nella farsa c’è spazio anche per il giallo: dove sia il messaggio di Delrio non lo sappiamo. La nota dell’Ansa di Roma che ne parla non mette tra virgolette neanche una parola. Il destinatario, Oliverio, non lo ha mai ricevuto. Lo stesso Matteo Renzi ne ignorava l’esistenza.
Ma senza quel “messaggio” la Lanzetta non poteva legittimare il suo mutato parere circa l’accettazione della nomina ad assessore regionale. Insomma Oliverio c’è cascato di brutto. Altro che generosa rivendicazione aver scelto in piena e totale autonomia: la Lanzetta è stata un’imposizione. Dicono, e non senza qualche ragione, che Mario Oliverio sia sospettoso fino alla paranoia. In questo caso, invece, si è lasciato prendere assolutamente in contropiede e l’essere in buona compagnia non lo risarcirà più di tanto.
Dopo Bersani, Civati, Renzi, e Magorno, la Lanzetta ha incartato anche il Lupo di San Giovanni in Fiore.
La sua è una vendetta fredda e calcolata: non si può elevare la gente e poi lasciarla ricadere brutalmente nella polvere. In fondo lo ammette, con un moto di apprezzabile e forse anche insolita sincerità, la stessa Maria Carmela Lanzetta nella sua ultima risposta all’intervista di Goffredo Buccini che, aprendo lo scenario del suo rientro a Monasterace, gli chiede:
«Paura degli attentati?»
«No. Ma in Calabria, sa, c’è qualcosa di peggio: la fatica di vivere ogni giorno».

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x