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Processo Meta 2010, condanne confermate per i signori della coca

REGGIO CALABRIA Passa il vaglio del giudizio di secondo grado il processo “Meta 2010”, scaturito da quella che è stata definita dagli investigatori l’operazione che ha portato a uno dei maggiori se…

Pubblicato il: 28/01/2015 – 19:31
Processo Meta 2010, condanne confermate per i signori della coca

REGGIO CALABRIA Passa il vaglio del giudizio di secondo grado il processo “Meta 2010”, scaturito da quella che è stata definita dagli investigatori l’operazione che ha portato a uno dei maggiori sequestri di droga operati in Europa negli ultimi 20 anni.
Nonostante sia stata esclusa l’aggravante della transnazionalità e dunque le pene siano state leggermente riformate, la Corte d’appello di Reggio Calabria presieduta da Adriana Costabile ha confermato le condanne a carico di tutti gli imputati del procedimento, scaturito da un’indagine complessa, inizialmente coordinata dalla Procura di Roma, quindi passata per competenza alla Dda di Reggio Calabria perché l’importazione di stupefacente, ha segnalato il gip di Roma, è stata «certamente consumata nel porto di Gioia Tauro».
Ed è qui che l’organizzazione che faceva capo al vibonese Vincenzo Barbieri – ritenuto affiliato al clan Mancuso e perno centrale del gruppo di narcos fino al suo assassinio, avvenuto a San Calogero (Vibo Valentia) il 12 marzo 2011 – prevedeva di far arrivare i carchi di bianca dalla Colombia. Per gli inquirenti, Barbieri era un grande broker delle importazioni: teneva i contatti diretti con i fornitori in Colombia, grazie anche a personaggi come Alessandro Pugliese, detto “Pupetto”, trasferito in pianta stabile nella zona di Meta in qualità di addetto ai rapporti con i fornitori, e si occupava del trasporto in Italia dello stupefacente. Stava poi ad altre organizzazioni e clan organizzare l’immissione della droga sul mercato.
Ma nonostante l’organizzazione che faceva riferimento a Barbieri gestisse solo una fase del traffico di droga, la sua struttura era estremamente complessa e sofisticata. Per gli inquirenti, al vertice del gruppo c’era anche Giuseppe Topia, anche lui storicamente legato ai Mancuso, braccio destro di Barbieri incaricato delle operazioni di recupero di tutti i carichi di stupefacente importati in Italia.

 

LE CONDANNE

Proprio per questo è proprio a lui che la Corte infligge la pena più alta, condannandolo a 16 e 8 mesi di reclusione, in luogo dei 20 rimediati in primo grado, più 30 mila euro di multa.Quattordici anni e 8 mesi, al posto dei 16 in precedenza rimediati vanno a Alessandro Pugliese, punito anche con 30mila euro di multa, mentre è di 13 anni 6 mesi e 20 giorni la pena decisa dalla Corte per il padre Giuseppe, in passato condannato a 18 anni e il fratello Vincenzo, in precedenza punito con 18 anni di reclusione). Durissime condanne arrivano anche all’indirizzo degli imputati ritenuti a vario titolo affiliati all’organizzazione: dieci anni e 32 mila euro di multa vanno ad Alessandro Alloni, in primo grado condannato a 14 anni di reclusione e 200mila euro di sanzione pecuniaria. La Corte ha invece punito con sette anni e sei mesi di reclusione ciascuno Nicola Certo, Giuseppe Galati, Francesco Grillo e Fabrizio Sansone, in primo grado condannati a 10 anni di reclusione. Sei anni e 8 mesi di reclusione vanno invece a Salvatore Pirrò, in primo grado condannato a 14 anni di reclusione e 200mila euro di multa, mentre dovrà scontare 8 anni di carcere e pagare 30mila euro di multa Tommaso Pirrò, anche lui in passato punito con 14 anni di reclusione e 200mila euro di multa. Per Antonio Della Rocca e Filippo Paolì, condannati in primo grado a 15 anni di reclusione e 200mila euro di multa, la Corte ha invece deciso una pena di 11 anni e 8 mesi di reclusione ciascuno, mentre dovranno passare 15 anni e 8 mesi dietro le sbarre Antonio Franzè e Giovanni Mancini, in primo grado condannati a 18 anni di reclusione. Un anno in meno, 14 anni e 8 mesi, dovrà scontare Giorgio Galiano, in precedenza punito con 16 anni, mentre va a Iyad Waked El Ghandour, condannato in primo grado 10 anni di reclusione, la riduzione di pena più consistente. Se non detenuto per altra causa, per lui si aprono le porte del carcere perché Il reato a suo carico è stato derubricato in mero favoreggiamento e la condanna ridotta a 3 anni e 4 mesi.

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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