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AEMILIA | Il matrimonio a Vibo e le “ambasciate” degli Alvaro

LAMEZIA TERME Gli uomini del clan sembrano seguire una sorta di protocollo quando c’è da prendere parte a un matrimonio, specie se la cerimonia si tiene in luoghi considerati strategici per le dina…

Pubblicato il: 30/01/2015 – 11:33
AEMILIA | Il matrimonio a Vibo e le “ambasciate” degli Alvaro

LAMEZIA TERME Gli uomini del clan sembrano seguire una sorta di protocollo quando c’è da prendere parte a un matrimonio, specie se la cerimonia si tiene in luoghi considerati strategici per le dinamiche interne alla ‘ndrangheta. Gli emissari dei Grande Aracri lo sanno bene, proprio per questo adottano ogni cautela possibile per non essere identificati dalle forze dell’ordine nei loro spostamenti, e proprio per questo prima di recarsi a San Luca o a Vibo Valentia – e anche quando fanno rientro nel Crotonese – fanno sempre tappa a Cutro, in contrada Scarazze, dove secondo gli inquirenti incontrano il boss Nicolino, considerato il capo del locale che avrebbe avuto l’intenzione, secondo quanto emerso dall’operazione Aemilia e dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Giampà, di costituire una “provincia” autonoma dai clan reggini. Stando agli elementi raccolti dalle procure antimafia di Catanzaro, Brescia e Bologna, i Grande Aracri stavano assumendo il ruolo di punto di riferimento delle cosche di tutto il distretto giudiziario del capoluogo di regione, tanto da fare affermare al boss che «Da Sibari a Vibo Valentia le portiamo noi».

 

I MATRIMONI-SUMMIT E LE “AMBASCIATE” TRA BOSS
Nell’aprile del 2012 due cutresi, Michele Diletto e Tommaso Trapasso, secondo gli inquirenti si sarebbero recati a San Luca per partecipare, come emissari dei Grande Aracri, a un matrimonio tra persone legate alla famiglia Romeo “Staccu”. E solo qualche settimana dopo ai due viene affidata un’altra missione delicata: partecipare a un matrimonio che riguarda i Bonavota di Sant’Onofrio, famiglia vibonese che pare abbia un ruolo particolare nei nuovi assetti strutturali della ‘ndrangheta: «Volevano passare i Bonavota pure di Vibo – ha dichiarato il pentito Giuseppe Giampà – pure sotto la provincia di Crotone, si stava diciamo parlando». È il 15 luglio 2012 e nella sala ricevimenti dell’hotel 501 di Vibo sono presenti, secondo i rilievi dei carabinieri del Nucleo investigativo, sia Diletto che Trapasso. Assieme a loro, oltre ad altre persone di Cirò, ci sono anche gli emissari di altri clan calabresi. Sarà lo stesso boss cutrese, nel corso di un summit intercettato nell’agosto del 2013, a spiegare perché i suoi uomini avevano partecipato a quel matrimonio.

Uomo: Quale matrimonio?
Nicolino: Dei CUGLIARI! Quelli dei CUGLIARI che sono andati al matrimonio …
Uomo 2: A SANT’ONOFRIO!
Nicolino: A SANT’ONOFRIO … sono andati a un matrimonio …
Uomo 2: Di compare MICO … (o fonetica simile)
Voce anziana: Compare MICO …
Nicolino: … INC … e là c’erano gli ALVARO …
Uomo: Ma là si stava cercando di … INC … pure … INC …
Uomo 2: … INC … no?
Nicolino: C’era un ALVARO …
Uomo: … INC … MICO … INC …
Nicolino: … e gli ALVARO dice che mandano … mandano l’ambasciata … dice “Ci stiamo per Nicola” … dice … “che ci veda bene su questo fatto qua che noi ci uniamo per trovare una pace … trovare una pace” …
Uomo: Là a SANT’ONOFRIO? E a VIBO …
Nicolino: Quelli no … quelli per il fatto di POLICASTRO … di VINCENZO MANFREDA!
Uomo: Ah!
Nicolino: E dice “Che ci dobbiamo incontrare…”.

Secondo le ipotesi degli inquirenti, dunque, alcuni omicidi commessi a Petilia Policastro (quelli di Vincenzo Manfreda e Valentino Vona) avrebbero allarmato anche una potente cosca del Reggino quale quella degli Alvaro di Sinopoli, che quindi avrebbero chiesto un incontro direttamente con il boss.

 

«MAMMA MIA… AVEVANO PURE I MISSILI»
Gli investigatori scoprono che il clan di Cutro avrebbe disponibilità di «”missili” e armi pesanti» da un colloquio intercettato dalla Dda di Reggio Calabria la sera del 7 aprile 2006 nell’auto in uso a Pietro Nardo, di Sorianello, che secondo i magistrati catanzaresi sarebbe collegato alle ‘ndrine vibonesi.
«Nel corso della conversazione – si legge nel decreto di fermo emesso dalla Dda di Catanzaro – un uomo non identificato, Multari Fortunaro e Nardo Pietro discutono della recente uscita di prigione di tale Mico (si riferiscono a Lazzarini Domenico di Cutro, esponente della consorteria cutrese, e scarcerato due mesi prima, ndr)», che sarebbe stato in grado di procurare armi e addirittura dei missili.

Fortunato: “Ah!… era libero… andavano le persone a casa per informarsi… e i familiari gli dicevano: “Ma chi ve lo ha detto che è ancora in galera? Ma chi ve lo ha detto…” invece era libero … e siccome tra me e lui siamo pure mezzi parenti… ed ora ti parlo chiaro… parlando … parlando… MICO mi ha detto: “io non voglio sapere niente … vai da Tizio e Caio… insomma… io glielo ho detto pure ad Ernesto”… mi ha detto: “beh!… che vuoi”… mi ha portato… mamma mia… mamma mia… mamma mia… mamma mia… missili armi… tutti… avevano pure i missili!… gli ho detto: “e che me ne devo fare di questi?”… INC … (ride) … madonna! …”.

Secondo gli inquirenti queste frasi «non lasciano alcun dubbio circa il possesso da parte della consorteria di questi micidiali ordigni bellici». E sempre dalle intercettazioni di Nardo emergerebbe anche come la struttura del “locale” di Cutro sarebbe stata molto più ampia rispetto ai confini geografici del paese del Crotonese: «Un soggetto appartenente alla ‘ndrangheta di Vibo Valentia – si legge nelle carte della Dda – nel trattare degli affari che interessano il territorio di Crotone ed in particolar modo Cutro (si parla di un “villaggio” che vedremo essere una delle attività economiche di maggiore interesse della ‘ndrangheta), si rivolge a chi “comanda tutto il mandamento là”, dando così anche una definizione diversa della struttura che, per come vedremo, appare essere una novità assoluta e superiore al “locale”».

 

Sergio Pelaia

s.pelaia@corrierecal.it

 

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