REGGIO CALABRIA Condannati i politici di San Luca, coinvolti nel processo “Inganno”, scaturito dall’inchiesta che ha messo per l’ennesima volta nei guai l’amministrazione del piccolo paese della Locride, ma anche la pasionaria dell’antimafia, Rosy Canale. Mentre quest’ultima è alla sbarra nel procedimento con rito ordinario che la vede imputata assieme ad altri, il gup Davide Lauro ha oggi condannato a sei anni di carcere l’ex sindaco Sebastiano Giorgi, mentre è di cinque anni – quattro mesi in più di quanto chiesto dal pm – la pena inflitta a Francesco Murdaca, ex assessore comunale all’Ambiente. Otto anni, a fronte della condanna a sei anni e otto mesi chiesta dalla pubblica accusa, sono andati invece a Francesco Strangio, formalmente imprenditore di San Luca, per la Procura uomo dell’omonimo clan, mentre come chiesto dal pm è stato assolto l’imprenditore Giuseppe Cosmo.
Per l’accusa, tutti quanti hanno a vario titolo partecipato a quel sistema di spartizione dei lavori pubblici – «un manuale Cencelli della ‘ndrangheta» lo aveva definito il procuratore aggiunto Nicola Gratteri che, assieme al sostituto Francesco Tedesco, ha coordinato l’indagine – in ragione del quale tra i clan di Platì sono stati divisi appalti per milioni di euro. Lavori e favori che hanno fatto finire in manette diversi imprenditori fra cui Francesco Strangio, conosciuto come “Ciccio Boutique”, cui era andato invece il controllo esclusivo dell’area mercatale della zona di Polsi, ma soprattutto chi ha deciso l’assegnazione di quei lavori: il sindaco Giorgi e il suo assessore Murdaca. Per gli inquirenti, Sebastiano Giorgi era un «sindaco eletto con il consenso e l’appoggio delle cosche», responsabile di aver asservito «l’attività amministrativa ai voleri degli appartenenti alle cosche che di fatto avevano occupato il Comune», dunque «referente politico e amministrativo cui le cosche si rivolgevano per assecondare le loro necessità in materia di appalti e lavori pubblici».
Ma Giorgi si sarebbe preoccupato anche di tutelare gli affari, omettendo di comunicare alla Stazione unica appaltante dati che avrebbero comportato l’immediata revoca dei lavori come l’arresto di Antonio Pelle, che tramite l’Azzurra Costruzioni si era aggiudicato un appalto da 300 milioni di euro, o l’interdizione all’attività imprenditoriale che aveva colpito Antonio Nirta, o ancora – banalmente – i ritardi e la pessima esecuzione delle opere, che hanno salvato le imprese dei clan dalle relative penali. Servigi per i quali l’allora primo cittadino di San Luca sarebbe stato debitamente ricompensato non solo con l’elezione a sindaco, ma anche con un concreto e attivo supporto quando con la lista di centrodestra “Noi Sud” ha tentato la corsa alla Regione. Comportamento del tutto analogo a quello del suo assessore Francesco Murdaca, imparentato con i Mammoliti e loro presunto principale referente. Un vincolo di parentela che – a esempio – avrebbe portato ad assegnare i lavori di ripristino della viabilità nella zona di Polsi a Francesco Mammoliti, nonostante fosse sorvegliato speciale e utilizzasse mezzi intestati fittiziamente all’impresa individuale del nipote.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
x
x