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'Ndrine in Piemonte, chiesto l'annullamento delle condanne

TORINO Rischia di dover ricominciare da capo in Corte d’appello il processo Minotauro, sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel Torinese, che si era svolto in abbreviato, e che vede alla sbarra un…

Pubblicato il: 30/01/2015 – 18:14
'Ndrine in Piemonte, chiesto l'annullamento delle condanne

TORINO Rischia di dover ricominciare da capo in Corte d’appello il processo Minotauro, sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel Torinese, che si era svolto in abbreviato, e che vede alla sbarra una settantina di imputati, tra cui il presunto boss della locale di Cuorgné Bruno Iaria. Il procuratore generale ha chiesto oggi alla Cassazione l’accoglimento dei ricorsi della difesa che chiedevano l’annullamento delle condanne per 416 bis, e il rinvio degli atti alla Corte d’Appello, perchè non sarebbe motivato il reato più grave, quello di associazione a delinquere di stampo mafioso. I giudici torinesi, secondo il procuratore generale, non avrebbero motivato con precisione la sussistenza del 416 bis. Per questo motivo, se la Cassazione accoglierà quanto chiesto dall’accusa, il processo sarà da rifare. Il procuratore ha dichiarato invece inammissibili i ricorsi relativi ai reati satellite, ovvero ai reati minori contestati ai presunti ‘ndranghetisti, come estorsioni e detenzioni di armi, che secondo lui sono sussistenti.
In particolare, la tesi del procuratore generale è che non sarebbe provata la sussistenza della ‘ndrangheta perché non sarebbe dimostrato il legame unitario che collegherebbe tutte le locali – nove secondo la procura di Torino – presenti nel torinese. I giudici di secondo grado infatti avevano stabilito che il Crimine, una sorta di braccio armato della ‘ndrangheta in grado di fornire armi e uomini pronti a commettere azioni violente a tutte le locali presenti in provincia di Torino, non esisterebbe. Ma se non esiste, cosa collega la locale di Cuorgné a quella di Volpiano e quella di Moncalieri? «Secondo il procuratore generale – spiega l’avvocato Carlo Romeo, che difende 14 imputati, tra cui Pasquale Trunfio, presunto capo della locale di Chivasso, Rocco Raghiele, “boss” di Moncalieri, e altri – occorre un altro processo per chiarire questi legami e la sussistenza dell’unitarietà della ‘ndrangheta, elemento indispensabile in giurisprudenza per contestare la presenza di un’associazione di stampo mafioso».
Il processo d’appello a Torino si era concluso con 50 condanne e 12 assoluzioni. L’accusa rappresentata dalla pg Elena Daloiso ne aveva chieste 62. È in corso a Torino in queste settimane il secondo grado del processo Minotauro, che si era svolto invece con il rito ordinario e si era concluso con 38 assoluzioni e 36 condanne. L’operazione Minotauro, una maxi inchiesta iniziata nel 2006, quando il pentito Rocco Varacalli decise di collaborare parlando per la prima volta con il sostituto procuratore Roberto Sparagna della Procura di Torino, è sfociata, nel giugno del 2011, in 150 arresti eseguiti dai carabinieri di Torino sia nel capoluogo piemontese che, soprattutto, nei dintorni della città. Una zona particolarmente infiltrata dalla ‘ndrangheta è il canavese, dove sarebbero presenti le locali di Cuorgné, San Giusto Canavese, Volpiano, Chivasso e la cosiddetta Bastarda. Ma la procura contesta la presenza di locali anche a Moncalieri, Rivoli, Livorno Ferraris e Torino.

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