VIBO VALENTIA Hanno confermato anche alcune delle tesi sostenute dalla difesa gli investigatori chiamati dalla Dda di Catanzaro a deporre davanti al Tribunale di Vibo nel processo “Purgatorio”, che vede imputati l’ex capo della squadra mobile di Vibo, Maurizio Lento, e il suo vice Emanuele Rodonò, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, e l’avvocato Antonio Galati. Dalla deposizione dell’ispettore della Mobile di Catanzaro, Alfonso Esposito, è infatti emerso che l’ex capo della Mobile di Vibo, Maurizio Lento, aveva informato lo Sco della polizia di Catanzaro su diverse indagini in corso contro il clan Mancuso di Limbadi. L’ispettore Carmelo Pronestì, invece, ha spiegato che non solo l’avvocato Galati, ma anche in diversi paesi del Vibonese e persino tra gli investigatori nei loro atti si è soliti indicare i Mancuso con dei soprannomi, oppure li indicavano con il termine “Zio” prima del nome, per distinguerli l’uno dall’altro. Tale circostanza secondo gli avvocati difensori ha una sua rilevanza poiché la Dda contesta l’associazione mafiosa all’avvocato Galati anche sulla scorta della terminologia (“Zio” prima del nome) con cui il legale era solito indicare, nei dialoghi intercettati, alcuni esponenti dei Mancuso.
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