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Processo Lanzino, prelevato il Dna sui familiari di Carbone

COSENZA Un’udienza delicata quella che si è svolta oggi nell’aula della Corte d’Assise di Cosenza, nel corso del processo sulla morte di Roberta Lanzino, la studentessa violentata e uccisa il 26 lu…

Pubblicato il: 04/02/2015 – 12:39
Processo Lanzino, prelevato il Dna sui familiari di Carbone

COSENZA Un’udienza delicata quella che si è svolta oggi nell’aula della Corte d’Assise di Cosenza, nel corso del processo sulla morte di Roberta Lanzino, la studentessa violentata e uccisa il 26 luglio del 1988. Questa mattina era attesa la comparazione del Dna – isolato dopo quasi 27 anni dai militari del Ris di Messina su una zolla di terra prelevato sotto il cadavere della giovane – con quello dei familiari di Luigi Carbone, accusato assieme a Franco Sansone di aver ammazzato Roberta. Per la scomparsa di Carbone, vittima di lupara bianca, sono accusati rispettivamente il padre e il fratello di Sansone, Alfredo e Remo Sansone. Nella scorsa udienza, dopo la relazione del maggiore Carlo Romano, comandante della sezione Biologia del Ris di Messina e del collega, il maresciallo Giovanni Marcì, era stato deciso di fare quel giorno stesso il prelievo del Dna su Franco Sansone, avendo il suo avvocato, Enzo Belvedere, data disponibilità immediata.
Rinviando per oggi – in udienza – la comparazione sui familiari di Carbone per avere il tempo di avvisarli. Ma questa mattina, il pm Sonia Nuzzo (titolare del fascicolo assieme alla collega Maria Camodeca), in un primo momento ha contestato il prelievo su Sansone, esponendo dei dubbi sulla sua identità. Un dubbio che però i militari del Ris e un carabiniere hanno dissolto. In particolare, il carabiniere – chiamato come consulente di parte della famiglia – ha affermato che quello era realmente Franco Sansone e che lui lo ha riconosciuto anche perché all’epoca dei fatti lui si occupò delle indagini. Ma la contestazione del pm – che voleva procedere a una nuova identificazione – ha sollevato un mare di polemiche e forti reazioni tra accuse e difesa. Così nonostante gli animi un po’ accesi e la tensione, che ultimamente sta caratterizzando queste udienze, il presidente del collegio giudicante, Maria Antonia Gallo, ha respinto le contestazioni del pm e ha ritenuti validi l’identificazione e la comparazione effettuata dal Ris su Sansone.
L’udienza è proseguita con l’identificazione e poi il prelievo del tampone salivare, eseguito in un’altra stanza del tribunale, sui familiari di Carbone e sui due figli maschi di Carbone.
L’avvocato Belvedere aveva già fatto sapere di aver eseguito per ben due volte l’esame del Dna sul suo assistito, mettendo nero su bianco che il Dna trovato in quel terriccio non è quello di Franco Sansone. Ma questo, ora, dovranno accertarlo i militari del Ris che – dopo aver raccolto tutti i campioni salivari necessari -, dal 10 febbraio inizieranno a fare le loro verifiche. Il giudice ha concesso trenta giorni di tempo al termine dei quali dovranno riferire gli esiti delle analisi. Il Dna di Sansone e dei familiari di Carbone sarà paragonato con quello trovato sul campione di terra, e sarà analizzato anche quello isolato da un organo di tessuto appartenente a Roberta Lanzino.  
Quindi, nella prossima udienza del 5 marzo i militari del Ris renderanno noto in aula i risultati dell’esame del Dna su Sansone e sui familiari di Carbone.

 

Mirella Molinaro

m.molinaro@corrierecal.it

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