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Voto anticipato

Che la politica abbia abdicato dalla considerazione che la voleva un’onorifica arte che si interessasse del bene comune e sia progressivamente caduta nello stereotipo di un’attività per mestieranti…

Pubblicato il: 05/02/2015 – 15:21

Che la politica abbia abdicato dalla considerazione che la voleva un’onorifica arte che si interessasse del bene comune e sia progressivamente caduta nello stereotipo di un’attività per mestieranti, credo fosse un dato sensibile – se non a tutti – almeno alla stragrande maggioranza dei cittadini. Basta infatti considerare che tutte le volte che si ha la necessità di far approvare una legge, un emendamento di cui si abbia il sospetto che possa non ottenere la maggioranza dei consensi, il deterrente è sempre la minaccia di elezioni anticipate. E di fronte allo spauracchio di perdere il “posto” quasi sempre si riesce a superare ogni tipo di difficoltà in barba alle idee, ai partiti, alle strategie e a quant’altro possa allontanare il pericolo delle urne anticipate per paura di non essere più rieletti.
È capitato di recente a Catanzaro la cui amministrazione comunale ha vissuto l’ultima (temporale) “minaccia” di questo tipo quando, sotto la spinta dei partiti, è stato ritenuto di dar corso a un nuovo esecutivo sul quale, però, non è stata trovata la “quadra” soprattutto per volontà del senatore Piero Aiello che non ha gradito che fossero altri a scegliere gli uomini del suo schieramento. Sarà stato un caso, ma sembra proprio – senza occuparsi molto della bontà del progetto – che prevedeva una nuova giunta, non più solo formata da esterni ma anche da politici. Nessuno comunque che si sia preoccupato che, ancora una volta, gli interessi dei cittadini venivano elusi e messe in un angolo le idee per la crescita della città. Tutto in linea secondo la capacità del potere economico di massimizzare il proprio interesse determinando il depauperamento dei valori della politica, tanto che non importa più agire per il bene comune considerato un’eventualità che sta perdendo progressivamente di valore fino probabilmente a scomparire lasciando spazio all’interesse e al profitto personale.
Gli echi delle cronache di questi ultimi tempi riferiscono di un Abramo che, constatato che la sua giunta tecnico-politica stesse per arenarsi finendo sulle secche tese dall’opposizione, non avrebbe esitato a brandire, a sua volta, l’arma del voto anticipato minacciando di presentare le dimissioni. Anche questa volta lo stereotipo di cui si è detto ha dato i suoi risultati facendo tirare un sospiro di sollievo a tutta l’aula rossa e, particolarmente, a quanti avevano dato il consenso all’investitura di assessore. Come in una partita a poker è stato lanciato il bluff forse anche nella certezza che nessuno sarebbe andato a “vedere” perché la partita è assai importante e tutti vogliono rimanere seduti al tavolo.
Fa veramente ridere l’idea che si possa risolvere una controversia politica barattando interessi personali di un manipolo di arrampicatori piuttosto che condividendo il programma e i temi dello sviluppo barattando gli ideali (?). È stato come sottoscrivere che al Comune si possa litigare sul nulla. Non è così. Non è come si vuole far credere. Non è stata semplicemente una schermaglia politica finalizzata a contare di più. Quella vicenda nasconde altro. Quella storia che ha rischiato di mettere in crisi Palazzo Santa Chiara è infarcita di ben altro. È anche probabile che in tale occasione si siano acuiti fatti pregressi compreso il rancore personale che non è solo conseguenza della scazzottata di Piazza Prefettura, ma avrebbe coinvolto tutti gli schieramenti con spunti che rasentano la vendetta che poco hanno a che vedere con la politica, ma che sono gravide di interessi economici impensabili per qualità e portata. Quella che stiamo vivendo è solo una manfrina per mascherare gli interessi ben più grandi del nuovo piano regolatore che comporta un grande giro d’affari.
Tutto ciò accade mentre la città è veramente giunta a un punto di non ritorno come può esserlo un borgo di periferia abbandonato; ridotta in questo stato dal perdurare dell’incuria figlia di una classe dirigente che purtroppo non si crea il problema di primeggiare per incultura e incapacità gestionale. Non è mai troppo ricordare che Catanzaro è il capoluogo della Calabria e che, anche per questo, ha bisogno di essere curata con attenzione dall’amministrazione comunale cominciando col pretendere, per esempio, che giornalmente gli venga riservato uno spazio nel palinsesto del telegiornale della Rai regionale. È comprensibile che per fare questo c’è bisogno di una rappresentanza politica autorevole, che abbia il senso dei diritti e amore per la cosa rappresentata se non si vuole che la delegittimazione non colpisca in maniera più pesante al momento del voto esercitato nella cabina elettorale. Di ciò i partiti dovrebbero tener conto al momento della formazione delle liste selezionando persone culturalmente e professionalmente valide, capaci di svolgere il mandato con efficienza, senza continuare a sceglierle solo tra i detentori di pacchetti di voti. Solo così può essere aiutata a crescere una comunità che sente di voler essere protagonista del suo futuro, ma che non ha la forza di interrompere la pratica del clientelismo. È importante far sentire il fiato sul collo agli eletti facendo intendere chiaramente che chi deroga da questa impostazione va a casa ed è destinato a restarci per tutta la vita.
Sono soprattutto le nuove generazioni, a giusta ragione arrabbiate, a chiedere con forza una nuova condotta della classe politica ivi compreso, quando se ne ravvisi la necessità, di rassegnare senza tentennamenti, con un gesto di dignità personale, le dimissioni, pensando che il bene di tutti viene prima di quello proprio.

 

*Giornalista

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