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Imperia, le 'ndrine dietro la costruzione del porto

REGGIO CALABRIA C’è la ‘ndrangheta dietro la discussa realizzazione del porto di Imperia. L’opera immaginata da Claudio Scajola sindaco e la cui costruzione è di fatto iniziata quando il politico i…

Pubblicato il: 09/02/2015 – 20:22
Imperia, le 'ndrine dietro la costruzione del porto

REGGIO CALABRIA C’è la ‘ndrangheta dietro la discussa realizzazione del porto di Imperia. L’opera immaginata da Claudio Scajola sindaco e la cui costruzione è di fatto iniziata quando il politico imperiese è diventato ministro è stata concretamente realizzata dal clan Grande Aracri di Cutro. A metterlo nero su bianco sono i magistrati della Dda di Catanzaro e Bologna nel svelare la rete del clan cutrese, che era riuscita ad “infettare” società, politica ed imprenditoria in Emilia Romagna. Ma forse non solo lì. Nel tesoretto riferibile al boss Nicolino Grande Aracri c’è infatti la Save Group, che ad inquirenti ed investigatori non è per nulla sconosciuta.

 

LA GALASSIA SAVE NELL’AFFARE PORTO DI IMPERIA Qualche anno fa, entrambe erano finite al centro di quell’inchiesta Porto di Imperia, che inizialmente aveva portato all’arresto del noto imprenditore Caltagirone Bellavista e all’iscrizione sul registro degli indagati per Claudio Scajola, all’epoca non ancora sfiorato dall’inchiesta che oggi lo vede imputato per aver aiutato Amedeo Matacena a sfuggire ad una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Per entrambi, quel procedimento – trasferito per competenza a Torino – si concluderà con un nulla di fatto, ma quello che gli inquirenti portano alla luce sulle società che hanno lavorato al Porto di Imperia acquista oggi nuovo valore investigativo. Nel corso delle indagini, i pm scopriranno infatti che dopo l’assegnazione dell’appalto alla società riferibile a Bellavista Caltagirone, la concreta realizzazione del megaporto turistico verrà smembrata in un infinito numero di subappalti. «Acquamare s.r.l. – si legge nelle carte dell’inchiesta – una volta ottenuto l’appalto da Porto di Imperia s.p.a. per la realizzazione del porto, ha sub-appaltato l’intera opera a Peschiera Edilizia s.r.l., la quale ha a sua volta sub-appaltato le opere a mare a Sielt s.r.l. e le opere a terra a Euroappalti s.r.l.,le quali a loro volta hanno sub-appaltato rispettivamente a Save group (Opere a mare) e a Impregeco (Opere a terra)».

 

LA RETE DEL PORTO Un vero e proprio labirinto che però gli inquirenti sono riusciti a ricostruire. «Al fine di individuare il reale costruttore dell’opera – sottolineavano all’epoca i magistrati – occorre scendere nella catena dei (finti) subappalti fino ad arrivare allivello di Save Group (sub-appaltatrice di Sielt per le opere a mare) e Impregeco, (sub-appaltatrice di Euroappalti per le opere a terra). Save ed Impregeco sono collegate tra loro in forma orizzontale per mezzo della Save Engineering la quale appare essere, nella sostanza il “vero” contraente generale, in quanto, sia pure non scelto attraverso gara è, di fatto, non un mero intermediario, ma una società di ingegneria che ha redatto i progetti esecutivi e dunque è parte attiva nella realizzazione delle opere a terra ed a mare».  

 

APPALTI E SUBAPPALTI A svelarlo agli inquirenti era stata anche una gola profonda tutta interna a una delle tre aziende, Alessandro Bottazzi, all’epoca responsabile della Save group. Nel luglio 2011, di fronte ai magistrati Bottazzi racconta: «Con rifermento alla realizzazione del Porto Turistico di Imperia la Save Group nel gennaio 2008 ha concluso con Sielt Immobiliare s.r.l. un contratto di sub-appalto per la realizzazione di tutte le opere a mare ad eccezione della spiaggia artificiale». Opere che a detta di Bottazzi comprendevano «la costruzione di moli, banchine, molo paraonde, riempimenti dello Yacht Club e tutte quelle che sono le opere strumentali alle opere marittime cioè: impianti elettrici e meccanici, le pavimentazioni di bordo banchina, gli arredi portuali, le bitte, le colonnine e gli ormeggi. Parte di queste opere è stata da noi data in ulteriore sub-appalto ad una serie di ditte tra cui Euro Mare, Futura Costruzioni, B&C, Comar, Edilaba». In più, aggiunge il responsabile della Save group, «durante il corso dei lavori a seguito di alcune richieste di miglioramento ci sono state delle integrazioni. In particolare ci era stato richiesto di realizzare circa quaranta cave nautiche in via Scarincio – che ad oggi però non sono state realizzate, – poi un impianto di sollevamento e smaltimento acque nere e di sentina per le grandi imbarcazioni (realizzato e funzionante); poi ci è stato richiesto di aumentare la qualità dei pavimenti e quindi di pavimentare buona parte del Porto con la pietra anziché con autobloccanti in Cls. Si tratta di pietra arenaria che ci è stata fornita dalla ditta Stone Service di Belluno e che è in parte di provenienza cinese». Ma la lista non si conclude qui. Bottazzi spiega infatti che «ci siamo poi occupati anche delle opere a terra con la ditta Impregeco che è controllata dalla Save Engeenering. La Impregeco ha ricevuto il sub-appalto da Euro Appalti Srl in particolare per la realizzazione chiavi in mano delle opere a terra dei settori di Banchina S. Lazzaro (ad eccezione del parcheggio interrato), Hall del Mare (ad esclusione delle vele), Yacht Club, Calata Anselmi, locale per servizi diportisti e locale pubblico del Molo Lungo e passeggiata Alta di Molo S.Lazzaro e tute le opere a verde dell’area portuale. Il nostro corrispettivo da contratto era pari a 30.000.000. successivamente a seguito della interruzione del rapporto tra Nuovi Lavori Liguri ed Euro Appalti abbiamo acquisito anche il completamento delle opere del parcheggio interrato per la somma di euro 3.900.000. Successivamente ci è stato assegnato per la somma di 275.000 euro la realizzazione della spiaggia artificiale». Passaggi di mano che spesso e volentieri hanno fatto lievitare costi e tempi, portandoli a oltre 209 milioni, dai circa 160 previsti. Di questi, quasi 44mila sono andati alla Save. 

 

IL REFERENTE? BELLAVISTA CALTAGIRONE Bottazzi spiega che «al di là del dato formale dei contratti nei rapporti diretti il mio referente era l’Ing. Francesco Bellavista Caltagirone. La contrattazione l’hanno fatta Vecchi Giovanni, il legale rappresentante della Save e Caltagirone. L’interlocutore principale anche per quanto le scelte “estetiche” più importanti era sempre lui. Caltagirone veniva spesso sul cantiere a volte ricordo anche la domenica per seguire direttamente i lavori». Non a caso, aggiunge Bottazzi «la stipulazione dei contratti tra Save e Sielt come tra Euro Appalti ed Impregeco è avvenuta materialmente a Roma in via Lungotevere Aventino n. 3, una residenza storica ove hanno anche sede Acqua Marcia s.p.a. e Peschieras.r.l».

 

L’OMBRA DEI CUTRESI Quello che gli inquirenti all’epoca non erano riusciti a capire è che dietro la galassia Save si nascondevano i Grande Aracri. A gestire per loro l’affare è Alfonso Diletto – nipote di Rosario Grande Aracri, fratello del boss – indagato per associazione mafiosa e altri reati nel filone bolognese dell’indagine Aemilia. Nel giugno 2013, gli uomini della Dia lo registrano nell’ufficio del legale Benedetto Stranieri, ex maresciallo dei carabinieri diventato avvocato e finito in manette per aver “aggiustato” una serie di processi in Cassazione per uomini del clan di Cutro. Per Stranieri, Diletto è «il braccio destro di Nicolino», per questo gli investigatori stanno bene attenti quando nel suo studio sentono entrare Diletto, accompagnato da Patrizia Patricelli – insieme a Giovanni Vecchi, formale proprietaria della Save group – Gabriele Storani e Francesco Aiello, «un porta ordini – dice Stranieri – di Nicolino Grande Aracri». 

 

«DELLA SAVE TI OCCUPI TU» È un momento delicato. Catagirone Bellavista è stato arrestato qualche tempo prima proprio nell’ambito dell’inchiesta sul porto di Imperia. Il clan probabilmente sente il fiato sul collo degli investigatori e cerca di svuotare e far fallire la società. Stranieri è una delle pedine, ma la vera ment
e dell’operazione è proprio Diletto.  A svelarla nelle ore che precedono l’arrivo di Diletto in studio sarà lo stesso Stranieri che – intercettato – spiega «questa società, siccome hanno visto che c’è il problema dei giudici che sono … poi eh … questi cristiani qua … questo che viene oggi … è praticamente il braccio destro di Nicolino Grande Aracri». Un soggetto, per il quale Stranieri sembra avere un’ammirazione incondizionata. «Questo qua è il capoclan della ‘ndrangheta», dice l’avvocato. «Questi qua – aggiunge – c’hanno … tutta Reggio Emilia … perché c’hanno 7000 eh … calabresi a Reggio Emilia e 3/4mila a … a … Parma … c’hanno tutte le …», sottolineando l’importanza di non disattendere le aspettative: «… allora qua non dobbiamo sbagliare!». Non appena entrato nello studio dell’avvocato, ci penserà «il braccio destro di Nicolino Grande Aracri», a sfatare ogni dubbio non solo iniziando a discutere in dettaglio la situazione della Save group, ma fornendo anche a Stanieri la documentazione necessaria per agire in sede legale.

 

L’ORDINE DEL BOSS A ulteriore conferma del coinvolgimento di Diletto – che quanto meno sulla carta non figura nella compagine societaria – nell’operazione Save group, gli investigatori registreranno una conversazione tra il boss Grande Aracri e Stranieri. Mano di gomma – così è conosciuto il boss – non è convinto, nonostante l’inchiesta in corso non vuole rinunciare a quella creatura.  E in ogni caso vuole vederci chiaro su ogni passaggio dell’operazione. Le videocamere del carcere  lo registrano infatti ordinare a Stranieri di chiedere contezza a Diletto di un ingente somma di denaro che, per gli investigatori, è da ritenersi collegata alla vicenda della Save Group. «Adesso – lo ascoltano dire gli investigatori – gli dovete dire così, così: “I soldi che fine hanno fatto?”. L’avvocato non capisce, mentre il boss prima mima il gesto di contare i soldi, quindi scrive qualcosa su un foglietto che poi distrugge. Si parla di sei milioni di euro, quindi di 80omila, infine il boss a ve bassissima si lascia sfuggire: «Allora io chiamo … inc … mi devono rientrare 250 … però se viene qua, mi dia una mano, che mi dia i soldi». 

Ordini che l’avvocato riceve ed esegue immediatamente, se è vero che la prima persona che chiamerà uscendo dal carcere è proprio Alfonso Diletto, cui dice «domani vado su … vado a Milano … tu che programmi hai … quando passi da queste parti … (…) … tu come stai messo? … mi dicevi che passavi da Roma … passavi … (…) … sì … io … se è che devo venire vengo … (…) … no … no … ti volevo salutare un attimino … insomma … niente di … non urgentissimo … assolutamente … non urgente». Tutti elementi che per i magistrati hanno un significato univoco, che ha direttamente a che fare con il ruolo «dello Stranieri nel portare all’esterno del carcere le indicazioni del boss Grande Aracri, in particolare nel riferire allo stesso quanto saputo dal Diletto Alfonso circa le vicende della società Save, cui il detenuto risulta interessato, e nel ricevere indicazione dallo stesso boss circa la richiesta di informazioni sull’investimento realizzato tramite il Diletto Alfonso stesso». La Save, l’azienda chiave del porto di Imperia. 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

 

 

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