REGGIO CALABRIA «Mi chiamo Fausto Orsomarso milito da sempre nell’area del centrodestra italiano ed esclusa una nefasta esperienza del Nuovo CentroDestra che non si è rilevato né nuovo né di centrodestra, la mia storia politica è fatta di coerenza, di militanza e di adesione ai valori della destra e ancor di più a quello più alto dell’amicizia». Così il consigliere regionale di Forza Italia. «Ho iniziato a fare politica nel Msi e poi An quando era per noi finanche inimmaginabile ambire a fare il consigliere comunale. Fatto salvo il classico teatrino della politica, in queste settimane ho lavorato in diverse riunioni e in Consiglio per provare a ricompattare l’intera minoranza consiliare che al di là delle legittime aspirazioni dei singoli dovrebbe essere la base da cui far ripartire il centrodestra calabrese e riaggregare tanta gente delusa che non si è recata alle urne».
«Leggo ancora oggi, attonito – continua Orsomarso –, una nota inerente il gruppo di Forza Italia con una serie di considerazioni che non vorrei neanche commentare. Ma andiamo con ordine. In merito alla questione relativa all’iscrizione ai gruppi consiliari, atteso che finanche Scalzo e Oliverio hanno compilato solo qualche giorno fa il fatidico pezzo di carta dove si scrive aderisco al gruppo x, non si è mai visto in quaranta anni di regionalismo un richiamo formale a una indicazione dello statuto che ordinatoria prima che perentoria non è stata richiamata mai per nessuno. Nessun funzionario regionale ha richiamato ad esempio Oliverio rispetto alla norma che dice che entro 10 giorni deve presentare la giunta, o Scalzo rispetto ai tempi per la composizione delle commissioni consiliare anche queste, al di là dello statuto, da sempre e per prassi istituzionale composte nei tempi tecnici dettate dalle circostanze politiche e istituzionali».
«Una manina – spiega il forzista – ha voluto quindi stimolare un solerte funzionario regionale, che mi pare abbia già rimangiato la sua non corretta nota, a richiamare statuto e regolamento indicando ordini perentori che invece l’ufficio di presidenza ha smentito, ricevendo poi una ulteriore nota di chi evidentemente non ci voleva in Forza Italia.
Ma saltando il burocratese, rispetto al quale credo che comunque i funzionari dovranno rispondere nelle sedi opportune, vorrei fare una considerazione più politica. Partiamo dall’inizio.
Insieme a tanti dirigenti e amici che avevano provato a costruire il nuovo centrodestra abbiamo deciso di abbandonare un partito che al di là delle questioni personali era ormai, come i fatti oggi dimostrano, proiettato a essere stampella della sinistra. In quelle ore ho sentito tanti amici: da Jole Santelli, con cui al di là delle scelte dei partiti ho sempre avuto un rapporto di stima e collaborazione, Giorgia Meloni amica di sempre che stava costruendo la lista di Fratelli d’Italia, e ovviamente la candidata a presidente Wanda Ferro, oltre che tanti altri.
La scelta migliore ci sembrava partecipare alla sfida con il centrosinistra candidandomi nella lista della presidente Ferro, che poi alla fine neanche fu presentata».
«Tralasciandovi le ore di grande riflessione rispetto alle quali sarei dovuto andare dove mi portava il cuore – aggiunge Orsomarso –, alla fine feci una scelta politica in ragione dell’amicizia con Jole Santelli, della sollecitazione a lavorare per costruire un partito del futuro e anche in ragione della collaborazione con Mario Occhiuto già sindaco di Cosenza e, grazie alla lista Calabria futura costruita insieme a Giovanni Dima. Scelsi quindi la via della competizione più difficile candidandomi in Forza Italia per mettermi a disposizione per la costruzione di un centrodestra che potesse passare il testimone anche alle nuove generazioni. In quelle ore non vidi barricate anzi tante pacche sulle spalle perché avrei contribuito al risultato elettorale di un partito e alla sua crescita. Ora ammesso e non concesso che sia io che il collega Tallini così come tanti altri colleghi anche del centrosinistra abbiamo compilato in ritardo un modulo di carta, ribadisco la cui compilazione non è perentoria, può un partito – e mi riferisco ai suoi vertici regionali – decidere di non volere nel proprio gruppo i primi eletti in due delle tre circoscrizioni elettorali? Può un partito insistere nel chiederti di candidarti tra le sue fila, nel chiederti di lavorare per costruire sul territorio classe dirigente, decidere di rispondere negativamente a una richiesta non perentoria seppur arrivata oltre un termine disatteso in Consiglio rispetto a tante altri termini più importanti e meno banali? Può un partito decidere di perdere a tavolino due consiglieri regionali senza riunire un coordinamento in cui richiamare il suo capogruppo? Altra considerazione politica. Ad oggi su una campagna di tesseramento che non mi pare abbia coinvolto i territori e rispetto alla quale, vista la grande confusione su scala nazionale, ad oggi non risultano aver rinnovato la tessera neanche i reggenti o segretari provinciali, mia pare sia il minimo decidere, e quando lo deciderò non devo certo renderne conto a nessuno, di verificare se iscrivermi a un partito dove il giorno dopo il risultato elettorale, forse inaspettato per tanti, ho verificato una dimensione ormai nota alle cronache nazionali ribaltata anche su scala locale. Litigiosità non sui temi ma su posizioni personali, scarso coordinamento (anche questo mi pare di capire ogni giorno sottolineato da tanti iscritti e simpatizzanti), confusa e stravagante linea politica di opposizione al governo di centrosinistra sia a livello nazionale oltre che dalle prime battute a livello regionale».
«Riassunte in queste poche righe considerazioni politiche e non personali, un’ultima precisazione», dice Orsomarso: «Pur facendo le dovute differenze tra i firmatari della missiva e pur mantenendo immutato il rapporto di amicizia personale con la coordinatrice Jole Santelli, a cui riconosco un impegno politico sui temi generali che interessano la gente e rispetto ai quali siamo in sintonia, appare a molti evidente che questa Forza Italia tutto sembra tranne che un partito. Ne scrive Galati, ne scrive Fitto, ne scrive Wanda Ferro, ne scrive Tallini, ne scrivono tanti militanti e dirigenti e vista la storia e nonostante il mio impegno e i miei buoni propositi non arriverò mai a dover pronunciare la ormai famosa frase: “che fai, mi cacci?” (alle cronache anche in questi giorni). Un’ultima battuta sui taxi e sulle bandiere. La fase laica del Pdl che è stato un grande continitore somma di diversi valori conservatori, radicali a volte anche progressisti che ambiva a costruire un centrodestra liberale italiano sul modello dei conservatori americani, prima che una grande ambizione fallita e che va ricostruita è stata invece una grande opportunità sfruttata da tanti, da sempre dall’altra parte politica, che non centrano nulla con la storia del centrodestra italiano e che su Berlusconi hanno nella loro storia politica espresso giudizi peggiori dei suoi oppositori».
«Non sono certo io abituato – conclude il consigliere regionale – a prendere i taxi e a stare comodamente a destra e a manca a seconda delle stagioni pur di stare al potere. Non sono certo io a non avere una bandiera, da sempre il tricolore sventolato in tante piazze d’Italia da quando avevo 18 anni. Ognuno ha la propria storia e grazie a Dio la Calabria è una terra piccola dove, al di là delle enunciazioni di principio, ci conosciamo tutti. Coerenza e serietà, già!».
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