CATANZARO «Il Tar mi darà ragione». Wanda Ferro irrompe nella vicenda politica che la riguarda direttamente sicura che il suo ricorso al Tribunale amministrativo darà gli esiti sperati. E cioè: farla entrare in consiglio regionale, in qualità di candidato governatore perdente. «Sulla vicenda relativa alla mia esclusione dal consiglio regionale – spiega Ferro – sono continui gli interventi sulla stampa: devo quindi fare qualche considerazione, ma non mi esprimo sulle rivelazioni di Caputo, che aprono scenari inquietanti ai quali, se lo riterrà, dovrà dare risposta la magistratura inquirente, e comunque ringrazio gli ex consiglieri Caputo e Gallo per l’onestà intellettuale con la quale hanno raccontato le dinamiche della seduta di Consiglio che ha generato questo grande equivoco. Perché ci tengo a sottolineare che di equivoco si tratta, fermamente convinta che il Tar riconoscerà a breve il mio diritto a entrare nell’assemblea regionale. Condivido il pensiero di Mimmo Tallini, e sono rimasta profondamente delusa dalla costituzione in giudizio al Tar da parte della giunta regionale e del governatore Oliverio. Alle parole di circostanza non sono seguiti i fatti, non ho ricevuto neanche una telefonata di Oliverio che mi spiegasse le ragioni, ma soprattutto è mancata una presa di posizione complessiva sulla vicenda».
«Il ricorso – continua l’ex presidente della Provincia di Catanzaro – è stato infatti notificato anche al consiglio regionale (ma Oliverio non ha avviato il processo di istituzione del “ruolo unico regionale”?) che di fatto ha emanato la legge, ma non mi risulta un’analoga costituzione in giudizio: forse perché il consiglio regionale, quale unico atto ufficiale sulla vicenda, prima e ben oltre la presentazione delle candidature, aveva pubblicato sul proprio sito che “Inoltre, si proclama consigliere il candidato alla carica di presidente che ha conseguito un numero di voti validi immediatamente inferiore a quello del neoletto, sulla base del meccanismo previsto dall’articolo 5 della legge costituzionale 1 del 1999”, confermando la legittimità della mia elezione. In definitiva avrebbe dovuto schierarsi nel giudizio dalla mia parte, e questo serve anche come risposta a chi continua a ipotizzare una superficialità nello studio della legge elettorale da parte nostra».
«Allora l’atto dovuto, di cui parla Oliverio, appartiene solo alla giunta – insiste Ferro –, e la risposta al perché della scelta operata da Mario Oliverio sta in alcune sue recenti dichiarazioni: “Oggi la regione Calabria non è trasparente. Non consente ai cittadini di vedere con chiarezza ciò che accade al suo interno, chi comanda, come vengono rese le decisioni…”. Piuttosto che un’opposizione al mio ricorso mi sarei aspettata dal governatore l’istituzione di una commissione d’inchiesta su questa vicenda: per accertare, ad esempio, come mai nessuno ha tenuto conto del parere del consiglio regionale. Ma soprattutto per chiarire il ruolo del dipartimento regionale che ha generato un teatrino e condizionato la decisione assunta, peraltro senza motivazioni espresse, dai giudici della Corte d’appello. Sono convinta, e attendo con fiducia l’ormai prossimo pronunciamento del Tar, che le modifiche introdotte non incidano sulla mia elezione a consigliere regionale, ma resta l’obbligo, da parte dei vertici di governo della regione, di fare luce sulla vicenda. Gli interrogativi ai quali dare risposta sono semplici: quali funzionari regionali hanno partecipato all’incontro con il ministero dell’Interno il 26 settembre interpretando a torto (e nella direzione opposta al consiglio regionale) che la nuova legge escludesse l’ingresso in Consiglio del candidato presidente arrivato secondo? Perché gli stessi non hanno pubblicato per tempo questa interpretazione, tenuta segreta ancora oggi, evitando così che si generasse questo colossale equivoco? A quale titolo, in funzione di quale atto questi funzionari sono diventati determinanti e quali documenti ufficiali hanno prodotto? Sono gli stessi che hanno inviato i verbali precompilati all’Ufficio centrale cancellando l’area relativa alla proclamazione del leader dell’opposizione, e indirizzando la commissione elettorale verso la mia esclusione? Ci sono stati incontri, ufficiali o no, durante i quali si è discusso dell’argomento e tra chi? E poi, sono gli stessi funzionari che hanno suggerito al governatore “l’atto dovuto” (dalla giunta ma non dal Consiglio) della costituzione in giudizio? Una commissione d’inchiesta, di fatto, dovrebbe dare risposta a questi interrogativi, al solo fine della trasparenza e non certo con intenti punitivi. Ad esempio sarebbe paradossale se il Governatore si fosse affidato agli stessi protagonisti di questa brutta storia per difendere la Regione al Tar e di fatto affermare la contrarietà del governo regionale all’applicazione della legge che prevede il mio ingresso in consiglio. Oggi, mentre il governatore parla di trasparenza, è ancora possibile che in Calabria qualche funzionario assuma decisioni così importanti senza confronto con il Consiglio che emana una legge, senza atti ufficiali, ma soprattutto, ed è colpa ben più grave, nell’ombra e senza alcuna assunzione di responsabilità».
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