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Anticorruzione cercasi

di Paolo Pollichieni   I numeri parlano chiaro e riguardano maggiormente – come evidenziano Libera, Legambiente e Avviso pubblico nel dossier “Corruzione, le cifre della tassa occulta che impo…

Pubblicato il: 14/02/2015 – 5:00

di Paolo Pollichieni

 

I numeri parlano chiaro e riguardano maggiormente – come evidenziano Libera, Legambiente e Avviso pubblico nel dossier “Corruzione, le cifre della tassa occulta che impoverisce ed inquina il Paese” – la Calabria che anche nel 2014 si conferma al vertice della classifica nazionale sulla pervasività della corruzione nella pubblica amministrazione. Il settore che appare maggiormente fuori dal controllo di legalità resta quello legato al cosiddetto “ciclo del cemento”: dall’urbanistica alle lottizzazioni, dalle licenze edilizie agli appalti pubblici. Lo segue quello relativo alle autorizzazioni e realizzazioni di impianti eolici e fotovoltaici abusivi. Avanza, però, con cifre e percentuali da fare impallidire anche lo scenario nazionale, la corruzione legata con il lavoro, la formazione professionale, la fornitura di beni e servizi, la manutenzione di edifici pubblici. Spesa fuori controllo, per via della corruzione, resta poi quella connessa alla sanità, dove i tagli hanno influito molto sui livelli di assistenza, ma non hanno “impoverito” faccendieri, manager corrotti e società di servizio.
E qui sarebbe bene riflettere su un report redatto da Transparency international che ha, altresì, dimostrato una «forte correlazione tra il tasso di mortalità infantile e la diffusione della corruzione». Il rapporto causa-effetto tra tangenti e morti infantili è evidente, visto che la corruzione ridistribuisce nelle tasche di corrotti e corruttori quote di quei fondi che sarebbero altrimenti destinate a finanziare programmi di cura, assistenza e prevenzione della malattie.
Muovendo da questa premessa, anche le massime istituzioni calabresi sono state chiamate a dotarsi di strumenti di contrasto alla corruzione interna. Il consiglio regionale, ad esempio, con deliberazione dell’Ufficio di presidenza del 28 marzo 2013 ha nominato Carlo Calabrò “responsabile della prevenzione della corruzione del consiglio regionale della Calabria”. Ha da garantire «il ruolo di promotore e coordinamento dell’intera strategia mediante rilevazioni delle aree di attività maggiormente esposte al rischio illegalità».
Inoltre, anche perché obbligati a farlo dalla legge nazionale, si sono dotati in consiglio regionale di un “Piano triennale per la prevenzione della corruzione” che va a scadere nel 2016 e che prevede ben determinate aree particolarmente a rischio sulle quali intervenire. Sono: «Acquisizione e progressione del personale; affidamento lavori, servizi e forniture; provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari privi di effetto economico diretto ed immediato per il destinatario; provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari con effetto economico diretto ed immediato per il destinatario».
Fin qui siamo alle belle parole, nei fatti, però non è mai stato diffuso alcun comunicato che ci dica, ad esempio, cosa ha scritto nei suoi report trimestrali il responsabile dell’anticorruzione Carlo Calabrò.
C’è poi un altro dettaglio, e sappiamo che il demonio agisce sempre sui dettagli. Il Piano triennale anticorruzione attribuisce particolare importanza al cosiddetto “accesso civico”. Vuole che ogni atto del consiglio regionale sia reso pubblico e «ove l’amministrazione abbia omesso la pubblicazione degli atti, sorge in capo al cittadino il diritto di chiedere e ottenere l’accesso agli atti non pubblicati. La richiesta di accesso civico non è sottoposta ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente, non deve essere motivata, è gratuita e va presentata al responsabile della trasparenza dell’amministrazione, obbligata alla pubblicazione».
Dove sta il “dettaglio”? Eccolo, con altra norma il consiglio regionale ha disposto di sostituire, in fase di pubblicizzazione degli atti, con un “omissis” il nome dei beneficiari di molti provvedimenti e di molti incarichi, nonché aziende appaltanti di servizi e forniture. Domanda semplicissima: come si fa a verificare se è stata rispettata la «regola dell’astensione in caso di conflitto di interessi» se un “omissis” protegge i nomi degli interessati ai provvedimenti?
Altro esempio, per adeguarsi alle direttive nazionali, si fa ricorso all’«adozione di adeguati sistemi di rotazione del personale addetto alle aree a rischio corruzione. Ciò al fine di evitare il consolidamento di rischiose posizioni di privilegio nella gestione diretta di determinate attività, correlate alla circostanza che lo stesso dipendente si occupi personalmente, per lungo tempo, dello stesso tipo di procedimento e si relazioni con gli stessi utenti». Se i nuovi componenti dell’Ufficio di presidenza del consiglio regionale cercheranno traccia della “rotazione” sopra descritta avranno di che restare delusi.
Chicca finale: il piano anticorruzione prevede che il responsabile «provvederà ad effettuare adeguata attività di sensibilizzazione e comunicazione sull’importanza dello strumento della segnalazione nei confronti dei dipendenti attraverso avvisi sul sito internet del consiglio regionale». Sapete come si con concretizza questo impegno? Ecco: «Verranno adottate tutte le misure necessarie per tutelare l’anonimato del dipendente che segnala illeciti, di cui viene a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, sulla base delle indicazioni contenute nel piano nazionale anticorruzione. A tale proposito è stata istituita una apposita casella di posta elettronica con il seguente indirizzo di posta: antiticorruzione@consrc.it, che potrà essere utilizzata da chiunque volesse segnalare notizie o episodi di corruzione o tentativi di corruzione con garanzia dell’assoluto anonimato».
Provate a chiedere al dottor Calabrò quante segnalazioni sono arrivate su quell’indirizzo di posta elettronica.

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