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Vibo, nella tabaccheria l'archivio degli strozzini del clan

VIBO VALENTIA C’è il dramma vissuto da un commerciante vibonese all’origine dell’operazione “Insomnia”, di cui oggi è stato portato a termine il terzo filone. La vita di Giuseppe Sergio Baroni – ex…

Pubblicato il: 14/02/2015 – 13:41
Vibo, nella tabaccheria l'archivio degli strozzini del clan

VIBO VALENTIA C’è il dramma vissuto da un commerciante vibonese all’origine dell’operazione “Insomnia”, di cui oggi è stato portato a termine il terzo filone. La vita di Giuseppe Sergio Baroni – ex agente all’ingrosso di preziosi poi passato all’abbigliamento – è stata distrutta dall’usura, il suo lavoro annientato dalle continue richieste di denaro, la sua vita familiare sconvolta dall’incessante sequela di minacce e intimidazioni. Un calvario iniziato nel 2010, quando ha cominciato a chiedere prestiti, e durato fino al 10 giugno 2014, quando ha trovato il coraggio di denunciare. Così i carabinieri del reparto operativo di Vibo hanno messo fine al suo dramma con i sei arresti scattati il 25 novembre e il 13 dicembre scorsi, mentre oggi hanno chiuso il cerchio attorno ai suoi aguzzini con l’emissione di altri due provvedimenti vergati del gip su richiesta del pm della Dda di Catanzaro Camillo Falvo, che contesta ai due l’accusa di usura aggravata dalle modalità mafiose. Le misure cautelari in carcere eseguite stamattina riguardano Gaetano Antonio Cannatà (41enne di Vibo, già detenuto perché coinvolto nella prima operazione) e Domenico Bruno Moscato (55 anni, vibonese): entrambi, secondo i carabinieri del comando provinciale di Vibo guidati dal colonnello Daniele Scardecchia, sono ritenuti contigui alla cosca Lo Bianco-Barba che gestisce da anni, con il beneplacito dei Mancuso, il racket delle estorsioni in città.
Moscato è considerato dagli inquirenti un «usuraio di professione», «stabilmente dedito a tale attività», mentre Cannatà – come già emerso dalle precedenti operazioni – svolgerebbe il ruolo di intermediario, ovvero colui che mette in contatto le vittime con gli strozzini. Entrambi, scrive il gip di Catanzaro Abigail Mellace, sarebbero «soci di uno stabile consorzio operante in tale settore già dall’anno 2010»: dalle perquisizioni nella tabaccheria di Moscato nel quartiere Cancello Rosso, è emerso un vero e proprio archivio, composto da numerosi titoli e assegni, suddivisi per nominativi, su cui gli inquirenti stanno continuando a lavorare.
Il nuovo, ennesimo caso di usura di cui è stato vittima Baroni, oggi portato alla luce grazie alle indagini degli uomini coordinati dal tenente Marco Califano e del capitano Diego Berlingieri, è avvenuto nel 2013. Moscato, noto e temuto per la sua vicinanza ai Lo Bianco, in particolare a Vincenzo Barba (detto “U musichiere”), sarebbe il «finanziatore ed erogatore» di tutti i prestiti i questione.
E sarebbe stato proprio il 55enne, che non era rimasto coinvolto nelle prime operazioni, a chiarire che le somme date in prestito al commerciante provenivano da soggetti di cui era nota la pericolosità. Tanto che lo stesso Baroni dice agli inquirenti di non aver avuto il coraggio di denunciare prima Moscato perché conosceva i suoi saldi legami con la ‘ndrangheta vibonese.
Da una delle conversazioni intercettate emerge il contesto in cui si è consumata la vicenda. Dopo un incontro tra Baroni e Moscato, quest’ultimo riferisce a un’altro uomo che la persona con cui aveva appena parlato era “Peppe u Baruni”, il quale «mi deve portare i soldi chi avanzu». A questa riposta lo sconosciuto interlocutore chiedeva: «Assai te ne deve?». E Moscato, dopo avere detto, sconsolato, «non puoi fare credito a nessuno», precisava: «O è assai o è poco …. Il problema lo hai capito… se uno ha una parola con uno… quella deve essere ….siamo rimasti che venivi lunedì… non sei venuto lunedì… non ti preoccupare che sarà stasera (riferito a Baroni)…. lo l’ho avvisato: non mi fare salire i cazzi, che ti prendo a schiaffi (ti piju a tampuluni )…. Dice non ti preoccupare, non ti preoccupare e non mi preoccupo». In un passaggio successivo, l’uomo finito oggi in manette aggiunge: «Non hanno nemmeno una lira per spararsi…. Non lo hai capito … oggi come oggi sono tutti nelle stesse condizioni… Non c’è n’è uno che sta bene».

Sergio Pelaia

s.pelaia@corrierecal.it

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