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Forza Italia si è liquefatta

Ci sono numeri che in politica certificano un fallimento. E quelli relativi alle tessere sottoscritte dai militanti calabresi di Forza Italia testimoniano il flop di un progetto. Le stime, non anco…

Pubblicato il: 15/02/2015 – 7:43
Forza Italia si è liquefatta

Ci sono numeri che in politica certificano un fallimento. E quelli relativi alle tessere sottoscritte dai militanti calabresi di Forza Italia testimoniano il flop di un progetto. Le stime, non ancora ufficiali, fatte filtrare dagli uffici di San Lorenzo in Lucina, parlano di meno di tremila iscritti al partito dal Pollino allo Stretto. La metà risiede nella provincia di Reggio Calabria, il resto negli altri territori.
Ma, tralasciando per un attimo i numeri, è bene soffermarsi sulla sostanza dei fatti. Forza Italia è un partito sull’orlo di una costante crisi di nervi. Tensione, preoccupazione. Il partito assomiglia a un Repubblica di Salò dove i gerarchi si fanno la guerra vicendevolmente.
Jole Santelli, da un anno al timone del partito, giura che la tempesta passerà. Che il tempo darà ragione alla sua linea. Anzi è convinta che, su questa strada, farà ballare e non poco Oliverio. «Ma di quale linea – ragiona un alto in grado forzista – si parla? È chiaro che abbiamo fallito su tutto».
Già, c’è la realtà con cui dover fare i conti. E i fatti concreti certificano che Forza Italia ha perso nettamente le elezioni, è stata incapace di trovare una sintesi in consiglio regionale sull’elezione dei propri rappresentanti nell’Ufficio di presidenza, non ha dimostrato compattezza sulla scelta del capogruppo e ora litiga perfino sul seggio non assegnato a Wanda Ferro.
Tra Tallini e Morrone siamo alle carte bollate, ma le cose non vanno meglio nemmeno nei rapporti tra gli altri big. Nel partito ormai convivono due modi di intendere l’opposizione al centrosinistra. Quella del no «senza se e senza ma» incarnata da Tallini e Orsomarso (su impulso di Peppe Scopelliti?) e quella più “ragionata” di Nicolò, Salerno e Morrone.
La sintesi? Nemmeno a parlarne. Ne sa qualcosa Wanda Ferro, che di questa guerra fratricida è stata l’unica vittima. Ha accettato di guidare il centrodestra ben consapevole di non partire certo con i favori del pronostico, non si è risparmiata in campagna elettorale e adesso per via di una (pessima) legge elettorale si ritrova fuori da Palazzo Campanella. Senza che nessuno (o quasi) abbia speso una parola per la sua causa. Chi ha provato a difenderla – vedi Nino Foti – è rimasto isolato.
Si narra che il sacrificio (al di là della decisione che il Tar prenderà sul suo ricorso) non sarà invano, che Berlusconi abbia in serbo per lei una candidatura alle prossime politiche. Ma il dato è un altro e riguarda la distanza con cui i massimi rappresentanti hanno trattato finora la vicenda. Santelli, Galati e Occhiuto sono parsi più intenti a marcare una loro presenza nello scontro Berlusconi-Fitto che a interrogarsi su cosa sia realmente accaduto in queste settimane in Calabria.
Il cielo sopra Forza Italia è tutt’altro che azzurro.

 

an.ri.

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