ROMA Esattamente quattro anni fa, gli ex presidenti della giunta regionale, Giuseppe Scopelliti, e del consiglio regionale, Francesco Talarico, tenevano una delle loro oceaniche conferenze stampa per pomposamente illustrare «il progetto che consentirà di avere un’unica sede a Roma della rappresentanza della Regione Calabria. Attualmente, infatti, nella città capitolina sono presenti due sedi, una riservata alla giunta, in affitto, l’altra di proprietà del consiglio regionale». Spiegava il comunicato ufficiale che «l’idea di Scopelliti e Talarico è quella di vendere la sede romana del Consiglio, risolvere il contratto per quella della giunta ed acquistare un’unica sede, già individuata in un immobile in via Barberini, in cui opereranno tutti i dipendenti e i collaboratori».
Scopelliti aggiungeva, e Talarico annuiva, che «oltre ad una maggiore funzionalità amministrativa e un risparmio di costi, avremo maggiore sinergia ed efficienza tra giunta e Consiglio. Secondo le nostre stime, l’unica sede di rappresentanza della Regione, potrebbe essere operativa entro il prossimo mese di ottobre». E siccome la conferenza era del dicembre 2010, ne discende che già da quattro anni dovevano essere razionalizzate risorse umane e ridotti sprechi economici che, invece, vanno avanti ancora oggi ed anzi si accentuano.
Il consiglio regionale resta proprietario di due ampi uffici che affacciano su Piazza Colonna, formando un triangolo ideale con Montecitorio e Palazzo Chigi. Tali uffici erano e restano chiusi con il danno di doverne garantire manutenzione, onorare il costo del condominio, pagare le forniture passive e anche le tasse. Nel frattempo la giunta regionale resta allocata ben lontano dalla cittadella politica in un palazzetto nobiliare per il quale si paga, dopo averne curato la ristrutturazione, un fitto di circa 15mila euro al mese, al netto di condominio, forniture e manutenzioni.
Soldi ben spesi? Potrebbe anche essere, se qualcuno spiegasse ai tartassati calabresi cosa produce la nostra rappresentanza nella Capitale. Speriamo non sia quello che si legge nelle determine della stessa Regione Calabria, perché in quel caso il nuovo governatore Mario Oliverio dovrebbe affrettarsi a chiudere la sede e sprangare le porte. Infatti, secondo i documenti ufficiali della Regione Calabria, che riportiamo integralmente e fedelmente, «il Settore delegazione di Roma con sede a Roma cura, tra l’altro, i rapporti con i corrispondenti Uffici delle altre Regioni e gli Organismi centrali, fornisce assistenza tecnica al presidente, vicepresidente e agli assessori, in occasione della loro permanenza a Roma per esigenze istituzionali, quindi provvede al funzionamento e alla gestione, sotto ogni profilo (tecnologico, logistico, ecc.), all’operatività sia del Settore che della struttura – Coordinamento commissioni della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome – di cui alla D.G.R. del 23/01/2013, n. 35 rettificata dalla D.G.R. dell’11/11/2013, n. 408; curando di sostenere le spese connesse al funzionamento della sede, relative tra l’altro alla fornitura di energia elettrica, acqua, a quelle attinenti servizi postali e telegrafici, condominiali, all’acquisto di giornali, pubblicazioni e riviste, all’acquisto e manutenzione di apparecchiature elettroniche, autonoleggio ncc, all’acquisto di mobili ed arredi d’ufficio, cancelleria bevande ed altro anche in occasione di manifestazioni, riunioni, assemblee, ecc., spese relative all’organizzazione di eventi istituzionali, spese di manutenzione dell’autovettura assegnata (permesso Ztl, garage, autolavaggio, parcheggi, piccole riparazioni)». Per garantire questo si continuano a dilapidare soldi e risorse umane in misura assolutamente non comparabile con quanto speso dalle altre regioni italiane.
Ma a noi piace vivere alla grande. E pare proprio che questo “noi” sia oggi ben condiviso anche dai nuovi inquilini di Palazzo Alemanni e di Palazzo Campanella. Non è un riferimento al presidente Oliverio e neanche al presidente Scalzo, anzi quest’ultimo ha già fatto sapere che non intende dare continuità allo scandalo di una sede di proprietà tenuta chiusa con personale dirottato altrove a legittimare il pagamento di fitti onerosi. E tuttavia i mesi passano senza che alcune consolidate rendite di posizione appaiano minimamente scalfite.
pa. po.
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