REGGIO CALABRIA Prima udienza per il processo sul concorso per due posti di dirigente medico presso il reparto di dermatologia degli Ospedali Riuniti, che vede tra gli imputati l’ex consigliere regionale Demetrio Naccari e la moglie, la dottoressa Valeria Falcomatà. Secondo l’accusa, i coniugi avrebbero effettuato pressioni sui vertici dell’assessorato regionale alla Sanità dell’epoca per ottenere la nomina di una persona ritenuta amica nella commissione esaminatrice. Insieme a loro secondo la Procura a vario titolo coinvolti nella vicenda, sono imputati anche gli ex dirigenti dell’Azienda sanitaria Domenico Mannino e Paolo Vazzana, e i commissari di gara Giuseppe Crisalli e Giuseppa Caserta. Per tutti – stando alle richieste di accusa e difesa accettate oggi dal Tribunale – arriverà il momento di spiegare in aula la propria versione dei fatti, allo stesso modo tanto il pm Mauro Tenaglia, come i difensori degli imputati avranno modo di esaminare e controesaminare l’unica parte civile ammessa dai giudici, la dottoressa Carmela Arcidiaco, dirigente del reparto di Dermatologia che per prima ha puntato il dito contro la collega Falcomatà e il marito Demetrio Naccari Carlizzi, accusandoli di aver tentato di drogare il concorso per l’assunzione di due dermatologi ai Riuniti.
Più serrato invece il confronto fra accusa e difesa per la definizione delle rispettive liste testi. Un acceso confronto si è aperto infatti sull’escussione – chiesta dai legali di Naccari e Falcomatà – dei dottori Manganaro e Riccetti, chiamati a deporre sulla conformità in «diritto, buon senso ed effettivi valori» del risultato del concorso contestato. Per lo stesso motivo, ai giudici è stato chiesto di ammettere la testimonianza della dottoressa Teramo, una delle partecipanti al concorso contestato, che anche in fase di indagine ha sempre negato qualsivoglia irregolarità. Tutte testimonianze contro cui il pm Tenaglia ha fatto opposizione, non ritenendole inerenti all’oggetto del procedimento, dunque non rilevanti.
Considerazioni respinte dal Tribunale che ha ammesso la testimonianza dei tre, così come ha decretato che le deposizioni di Falvo, Bonura e Piraino, transitino attraverso l’esame in aula e non semplicemente attraverso l’acquisizione delle testimonianze rese in fase di indagine. I giudici hanno invece detto no alla richiesta delle difese di far saltare la testimonianza del sovrintendente Marino, considerato dai legali «teste inquinato» perché braccio destro investigativo del pm nel corso delle indagini preliminari.
Proprio dalla sua testimonianza si inizierà invece il prossimo 17 marzo, data a cui è stato rinviato il processo per l’inizio dell’istruttoria in aula. Un dibattimento che si preannuncia lungo e complesso.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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