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Massacrò di botte la compagna, pena confermata in Appello

REGGIO CALABRIA Pena confermata anche in appello per Domenico Laface, il compagno di Immacolata Rumi, la donna massacrata di botte e morta per le percosse ricevute nel maggio 2013. I giudici della …

Pubblicato il: 17/02/2015 – 17:44
Massacrò di botte la compagna, pena confermata in Appello

REGGIO CALABRIA Pena confermata anche in appello per Domenico Laface, il compagno di Immacolata Rumi, la donna massacrata di botte e morta per le percosse ricevute nel maggio 2013. I giudici della Corte d’assise d’appello di Reggio hanno confermato la condanna emessa dal gup Domenico Santoro, che su richiesta del pm Antonella Crisafulli aveva condannato l’uomo a 18 anni di carcere.
Arrestato in seguito alla morte della donna, spirata in ospedale dopo l’ennesima lite, Laface non ha mai ammesso le proprie responsabilità. Al contrario, durante i primi interrogatori l’uomo ha raccontato che la sua era una famiglia normale dai rapporti normali, un nucleo solido e senza alcun problema o screzio degno di nota.
Non ha parlato delle liti, delle urla, delle botte che Immacolata Ruimi regolarmente riceveva. Circostanze confermate invece dai sei figli, tanto quelli che hanno lasciato la casa che i due condividevano nel quartiere di Ravagnese-Saracinello, tanto le due ragazze più piccole che ancora vivevano con la coppia. Tutti hanno immediatamente preso le distanze dal padre, non hanno voluto né vederlo né parlarci. Tutti hanno confermato quella violenza che l’uomo mai ha rivolto contro di loro, ma che per Immacolata è stata per anni pane quotidiano. Una violenza divenuta quasi normale, che anche i vicini – sentiti fino a notte fonda nella stessa giornata di sabato – avevano imparato a riconoscere dalle urla e dalle liti che quotidianamente attraversavano le pareti sottili del palazzo. E l’ultima lite è stata fatale ad Immacolata, arrivata in pronto soccorso accompagnata dal convivente. Lamentava un mal di pancia – ricordano i medici di turno – che però si sono insospettiti per quei lividi e quelle ecchimosi che coprivano il volto della donna. Non hanno creduto alla semplice epistassi con cui aveva cercato di giustificare quel sangue, tanto meno hanno potuto non notare quelle costole rotte e gli evidenti segni di precedenti maltrattamenti.
Per questo immediatamente hanno allertato i carabinieri. Ma mentre i militari procedevano alle prime verifiche, Immacolata non ce l’ha fatta. L’autopsia ha stabilito che le lesioni rilevate sul suo corpo sarebbero compatibili con le percosse subite, ma il referto del professor Materazzo, incaricato dalla Procura di effettuare l’autopsia, ha soprattutto messo nero su bianco la geografia del dolore e dell’orrore che per anni Immacolata Rumi è stata costretta a vivere.

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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