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Nuovi guai per Rappoccio

REGGIO CALABRIA “Un vero e proprio sistema, coordinato e stabile, basato su un’organizzazione strutturata e solida, di fraudolenta captazione del consenso elettorale di centinaia di persone, cui ve…

Pubblicato il: 17/02/2015 – 18:57
Nuovi guai per Rappoccio

REGGIO CALABRIA “Un vero e proprio sistema, coordinato e stabile, basato su un’organizzazione strutturata e solida, di fraudolenta captazione del consenso elettorale di centinaia di persone, cui veniva offerta e prospettata come altamente probabile un’assunzione lavorativa in cambio del sostegno politico elettorale al predetto Rappoccio Antonino, punto di riferimento e dominus delle vicende oggetto del presente procedimento”. Sono parole pesantissime quelle utilizzate dal gup di Reggio Calabria, Massimo Minniti, per motivare la sentenza con cui ha inflitto un anno e otto mesi, senza sospensione della pena, a Loredana Tolla, collaboratrice dell’ex consigliere Antonino Rappoccio e un anno e due mesi a un altro collaboratore del politico, Francesco Verbaro. Una sentenza severa, considerata la diminuente del rito, ma che rischia di spaventare più l’ex consigliere regionale che i diretti interessati.

GUAI PER RAPPOCCIO
Nonostante il procedimento che lo vede imputato per corruzione elettorale, associazione a delinquere, truffa e peculato sia ancora in corso, la sentenza del gup potrebbe essere una pietra tombale sulla strategia difensiva di Rappoccio, che ha sempre negato di essere il dominus del sistema nascosto dietro le tre presunte cooperative fantasma a lui riconducibili e costituite – secondo l’accusa – esclusivamente per alimentare una personalissima macchina elettorale. Un sistema di cui oggi – in dettaglio e con minuzia – il giudice Minniti afferma l’esistenza, indicando in Rappoccio l’unico e vero perno. “Il compendio probatorio – si legge infatti nelle motivazioni – offre una serie di elementi univocamente interpretabili, alla luce dei ricordati principi, nel senso dell’esistenza di una struttura stabile, con una suddivisione interna di ruoli e compiti sufficientemente specifici, i cui membri perseguono lo scopo di realizzare utilità e profitti attraverso reati elettorali”.

L’ASSOCIAZIONE C’E’
Un dato che per il gup emerge in maniera prepotente non solo dagli innumerevoli e documentati esposti dell’avvocato Aurelio Chizzoniti, ma anche dalle dichiarazioni dei soggetti a vario titolo coinvolti. Dichiarazioni che si incrociano e convergono nel confermare che “la struttura organizzativa realizzata dal Rappocciosi è rivelata non solo esistente, ma talmente solida da restare operativa per un lasso di tempo più che apprezzabile e cioè per circa un quinquennio (ovvero dal 2007 al 2012)”. Un’associazione – afferma il gup Minniti – “ideata e coordinata dal Rappoccio, non a caso impostata sull’originaria ‘segreteria politica’ e con sede corrispondente a quest’ultima, risultava fondata non solo su un mero progetto di captazione del consenso elettorale, ma si sostanziava nella spregevole strumentalizzazione del bisogno occupazionale di migliaia di giovani elettori, e delle rispettive famiglie, attraverso il consapevole e studiato utilizzo di uomini e mezzi, in vista della messa in piedi di una fittizia “selezione” concorsuale (così da dare una acconciata veste di serietà alla cosa), rappresentando possibilità di lavoro solo apparentemente concrete”.

MACCHINA ELETTORALE ALIMENTATA DALLA FAME DI LAVORO
In sintesi, per il giudice Rappoccio non avrebbe fatto altro che costruire una raffinata macchina di consenso elettorale basata su un finto concorso, alimentata dall’atavica fame di lavoro presente a Reggio e provincia, che per anni è andata avanti grazie anche a un ristretto pugno di collaboratori. “Ciò che lascia basiti – evidenzia quasi sconcertato il giudice – va subito detto, è la pervicacia con la quale i sodali, costantemente coordinati dal Rappoccio, hanno contribuito a tenere in piedi una selezione concorsuale protrattasi ad arte per anni (e mai ovviamente conclusa), invitando tutti i partecipanti, reiteratamente, a pazientare e, guarda caso, a sostenere, in occasione delle diverse consultazioni elettorali medio tempore intercorse, il Rappoccio, ovvero i candidati che orbitavano nell’area politica dello stesso e da questi sponsorizzati”.

SERBATORIO DI VOTI PAGANTI
Un particolare che a detta del gup spiega anche la vera natura della struttura criminosa messa in piedi dall’ex politico, fondata non solo “sul chiaro e presupposto accordo di favorire il Rappoccio nelle singole consultazioni elettorali nelle quali lo stesso si cimentava (direttamente o indirettamente)”, ma soprattutto “aveva il preordinato obiettivo di consolidare un “serbatoio elettorale” di consenso solido e controllabile dal Rappoccio ed i suoi sodali, attraverso la predisposizione di un archivio, in parte rinvenuto e posto sotto sequestro, di schede, nelle quali i candidati alla (pseudo) selezione concorsuale erano chiamati a dichiarare ed indicare (e ciò già la dice lunga) le proprie generalità ed il numero della sezione elettorale nelle cui liste erano iscritti, così da permettere il controllo del voto, il tutto in cambio del conseguimento del promesso e tanto agognato “posto di lavoro”. Per di più, a ogni candidato – non dimentica di ricordare il giudice – veniva chiesto il pagamento di una quota per le asserite spese amministrative, “esazione che, tenuto conto del numero dei “candidati”, cioè degli elettori raggirati, ha di fatto assunto proporzioni economiche consistenti”.

RAPPOCCIO IL DOMINUS
Una truffa di dimensioni colossali di cui Rappoccio – mette nero su bianco il giudice – è dominus e ispiratore. A provarlo, spiega il gup “è il fatto, per nulla casuale, per cui la gestione del progetto occupazionale sia transitata di cooperativa in cooperativa, dalla Alicante alla Iride Solare per approdare alla Sud energia, mantenendo, però, sempre quale punto di riferimento il Rappoccio”, come il ritrovamento delle schede, ma soprattutto le “convergenti dichiarazioni di numerosi soggetti, vittime del dispiegato ed indegno piano criminoso”. Elementi che per il giudice non fanno che confermare l’esistenza di “un accordo criminoso non limitato, pertanto, in via meramente occasionale ed incidentale, alla commissione di una serie di reati determinati, unificati da un medesimo disegno criminoso – l’elezione del Rappoccio al consiglio regionale della Calabria – che tutti li comprenda e preveda, con la realizzazione dei quali si esaurisce l’intesa dei sodali e cessa ogni motivo di allarme sociale, bensì un accordo diretto alla attuazione di un più vasto programma criminoso, che non viene meno con la conquista della prima delle mete che si intendeva raggiungere, ma permane inalterato in funzione della comunanza di interessi che lega ciascuno dei correi agli altri”.

SUCCESSI ELETTORALI GRAZIE ALLA STRUTTURA CRIMINALE
Una struttura in grado di raggiungere anche obiettivi concreti e molto ambiti. “È di palmare evidenza – si legge ancora nelle motivazioni – come una struttura organizzata abbia operato molto efficacemente, consentendo al Rappoccio di scalare, con ampi e non usuali salti, i livelli di governo locale ed essere così eletto al consiglio regionale della Calabria con ben 3.814 voti, senza neanche aver fatto né un manifesto elettorale né “santini”. Una struttura che si preparava a sostenere ad assecondare anche le aspirazioni parlamentari del politico, che sperava di giocarsi la partita grazie anche a quel serbatoio di voti, costituito nel tempo, promettendo un lavoro che non sarebbe arrivato mai. “Una vicenda – conclude il gup Minniti – “di allarmante pericolosità in quanto ha minato le fondamenta di un istituto essenziale per la vita di una comunità democratica, quale è quello della gestione della cosa pubblica da parte di soggetti liberamente eletti dai cittadini e cioè l’esercizio stesso del diritto/dovere del voto in modo effettivamente, e non solo formalmente, libero”.

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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