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Schiavone collaborava con Reggio

REGGIO CALABRIA Nel corso degli ultimi mesi Carmine Schiavone ha fornito alla Dda di Reggio Calabria informazioni e dettagli sulla filiera illecita dello smaltimento dei rifiuti in Calabria, per qu…

Pubblicato il: 22/02/2015 – 22:51
Schiavone collaborava con Reggio

REGGIO CALABRIA Nel corso degli ultimi mesi Carmine Schiavone ha fornito alla Dda di Reggio Calabria informazioni e dettagli sulla filiera illecita dello smaltimento dei rifiuti in Calabria, per questo oggi la sua morte è un affare anche calabrese. E sembrerebbe tingersi di giallo. Prima boss, quindi storico collaboratore del clan dei Casalesi, Schiavone ai magistrati ha svelato non solo organigramma affari e interessi della sua organizzazione, ma soprattutto ha rivelato il disastro dei rifiuti tossici e no interrati ovunque in quella che oggi è comunemente nota come terra dei Fuochi.

L’uomo, uscito dal programma di protezione, da tempo viveva nell’alto Lazio, dove il 10 febbraio scorso era rimasto vittima di un incidente, mentre effettuava delle riparazioni sul tetto di casa. Nulla di grave – almeno a detta dei ben informati – ma le lesioni riportate avevano resa necessaria un’operazione, programmata ed eseguita quattro giorni fa all’ospedale di Viterbo. Questa mattina, alle 11.15 le sue condizioni si sarebbero però improvvisamente aggravate. Nel giro di pochi minuti Carmine Schiavone è stato dichiarato clinicamente morto. Stando ad alcune fonti, si sarebbe trattato di una complicanza relativa all’intervento, secondo altri a stroncare il pentito sarebbe stato un imprevedibile arresto cardiaco. A sciogliere l’enigma dovrebbe essere l’autopsia, in programma già per domani. Il quadro però non è chiaro e alla famiglia certi conti non tornano. Per questo motivo, uno dei sette figli del pentito, qualche ora dopo la morte del padre, ha chiamato il procuratore capo della Dda di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, uno dei primi magistrati con cui Schiavone avesse collaborato, ma soprattutto una delle poche toghe – aveva più volte ribadito anche in pubblico il collaboratore – in cui riponesse la massima fiducia. E con cui – prima di morire misteriosamente in un letto dell’ospedale di Viterbo – Schiavone stava continuando a parlare. Stando ad indiscrezioni infatti, nel corso dell’ultimo anno lo storico collaboratore dei Casalesi aveva più volte incontrato Cafiero de Raho per fornire informazioni sullo smaltimento illecito di rifiuti in Calabria e sulle “terre dei fuochi” che nella regione sarebbero state negli anni create. Una collaborazione recente e riservatissima, di cui i familiari di Schiavone, pur non conoscendone i contenuti nello specifico, erano da tempo informati. Per questo, quando il padre è morto in circostanze non chiare, la prima telefonata che hanno sentito il dovere di fare è stata al procuratore capo della Dda reggina. Una conversazione – allo stato – blindata, di cui si sa solo che il figlio di Schiavone avrebbe messo al corrente Cafiero de Raho di tutti i particolari e le circostanze “strane” che secondo la famiglia ci sarebbero nella morte di Schiavone. E che li avrebbero indotti a sospettare che ci sia qualcosa di molto poco naturale.
Dubbi che il procuratore sembra aver condiviso se è vero che immediatamente sono state disposte misure per sigillare l’abitazione e gli archivi del collaboratore, in modo che nulla possa essere toccato o alterato prima che i magistrati ci possano mettere le mani. Allo stesso modo, sono stati ordinati approfonditi accertamenti sulle cause del decesso del pentito, come sulle persone che negli ultimi giorni sono entrate in contatto con lui all’ospedale di Viterbo. Un centro già tristemente noto alle cronache giudiziarie. È qui che lavorava il giovane e brillante urologo siciliano Attilio Manca, che avrebbe curato Bernardo Provenzano durante la latitanza nel 2003 ed e è stato trovato morto il 12 febbraio 2004 per un letale mix di stupefacenti e farmaci. Il caso è stato archiviato come un’overdose, ma si tratta di una verità che la famiglia non ha mai accettato e contro cui da anni chiede nuove indagini e approfondimenti che sgombrino il campo dalle ombre lunghe che ancora si stagliano su quella frettolosa archiviazione. Ombre che Federico Cafiero de Raho pretende che non esistano sul decesso di Schiavone eche da ore investigatori e inquirenti lavorano per dissipare.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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