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Reggio, assegnato il canile (che non c'è)

REGGIO CALABRIA Partita chiusa per l’assegnazione della gestione del canile di Mortara? Per il Tar, che oggi ha rigettato il ricorso di “Dacci una zampa” contro l’assegnazione della struttura ad Ar…

Pubblicato il: 26/02/2015 – 16:53
Reggio, assegnato il canile (che non c'è)

REGGIO CALABRIA Partita chiusa per l’assegnazione della gestione del canile di Mortara? Per il Tar, che oggi ha rigettato il ricorso di “Dacci una zampa” contro l’assegnazione della struttura ad Aratea, la questione è chiusa, ma proprio in questi giorni sono emersi nuovi particolari che potrebbero rendere molto difficile l’assegnazione della struttura. Stando a quanto svelato da una semplice visura catastale, la particella 2152 – che identifica il canile che nel luglio scorso è stato rimesso in funzione e gestito dai volontari di “Dacci una zampa” – non solo non presenta alcun fabbricato, ma non è neanche di proprietà del Comune. Quel terreno, che per il catasto è un semplice agrumeto, è tuttora di proprietà del noto imprenditore Carlo Montesano. O almeno questo dicono le carte.
In realtà, la storia è più complessa e paradossale e per ricostruirla bisogna tornare al lontano 1998, quando l’allora sindaco Italo Falcomatà, ha disposto l’occupazione di quelle particelle – destinate ad accogliere il canile nell’ambito del più ampio progetto integrato del “centro alimentare trasporti pubblici e servizi annessi – per ragioni di pubblica utilità. Una procedura standard previa all’esproprio che concedeva dieci anni di tempo all’amministrazione, al termine dei quali il Comune avrebbe dovuto comunicare le proprie determinazioni al riguardo. I dieci anni sono passati, a Mortara sono partiti i lavori per il nuovo canile finanziato con i fondi del Decreto Reggio, ma nessuno ha comunicato a Montesano cosa si volesse fare di quei terreni. Risultato, il noto imprenditore ha presentato un ricorso al Tar, che sembra aver convinto l’amministrazione, all’epoca retta da Giuseppe Scopelliti, a metterci una pezza. Tuttavia, scaduti i dieci anni senza che nessuno si preoccupasse di finalizzare le procedure per l’esproprio, l’unica carta rimasta in mano all’amministrazione non era che l’acquisizione, formalizzata a caro prezzo nel dicembre del 2009. In cambio della rinuncia al ricorso al Tar – si legge nella determina dell’ufficio di gabinetto del sindaco n.360 – l’allora sindaco Giuseppe Scopelliti, in qualità di funzionario delegato del Decreto Reggio si impegnava a versare 520mila euro a titolo di risarcimento a seguito della «irreversibile trasformazione dei suoli occupati senza che sia concluso nel tempo vigente l’iter espropriativo». Al riguardo, si specifica infatti nella determina che «la suddetta procedura espropriativa non si era perfezionata con la liquidazione del debetur e che comunque, anche se in assenza del decreto di esproprio o di cessione volontaria, a far data dal 13.5.1998 il fondo sopra descritto è stato utilizzato per scopi di interesse pubblico, per il compimento di attività necessarie alla realizzazione dell’opera, che ne hanno comportato la modifica irreversibile e che pertanto non può essere più retrocesso al legittimo proprietario». Traduzione: avendo cancellato l’originario agrumeto per costruirci su un canile, ma avendo dimenticato di espropriare l’area nei tempi dettati dalla norma, l’acquisizione rimaneva l’unica strada percorribile dall’amministrazione. Tuttavia, di questa costosa transazione, al Catasto non è mai arrivata comunicazione, tanto meno se ne trova traccia. Quel pezzetto di terra che si affaccia sulla superstrada, anche per l’Agenzia delle entrate, è ancora di Montesano. Eppure, in Comune, si è proceduto come se nulla fosse. Il 20 agosto 2009, ancor prima che l’amministrazione procedesse alla transazione con Montesano, il Comune ha pubblicato il primo bando per l’assegnazione della gestione del canile. Lo stesso canile che – almeno formalmente – l’amministrazione non possedeva. Quella gara si sarebbe conclusa con un nulla di fatto, ma anche nell’agosto 2012, quando il nuovo bando per l’assegnazione della gestione della struttura è stato pubblicato, la situazione quanto meno formalmente non era diversa. Nessuno si è infatti preoccupato di procedere alla trascrizione di quella acquisizione, che amministrativamente risulta inesistente. Eppure, non più tardi di qualche mese fa, quel canile che non c’è, anche in assenza di accatastamento ha ottenuto una parziale agibilità – solo un’infima parte dei box è infatti ritenuta agibile – firmata e protocollata con firma del dirigente comunale Carmelo Nucera, che non ha avuto timore alcuno a mettere nero su bianco che quel fondo «è stato acquisito in proprietà comunale per espropriazione di pubblica utilità». Una procedura in realtà mai conclusa e rappezzata tardi e male, che adesso toccherà all’amministrazione Falcomatà sanare. Tuttavia, c’è da chiedersi come sia stato possibile che a luglio, tutto questo non sia venuto fuori quando la macchina burocratica si è messa in moto, ma soprattutto se e in che misura sia legale e legittima una gara bandita per una struttura che – almeno legalmente – non c’è. Questioni che toccherà non al Tar, ma al sindaco Falcomatà valutare attentamente, con un occhio rivolto anche alla Corte dei conti, che prima o poi potrebbe decidere di occuparsi di una struttura che, al netto delle spese legali per ricorsi e controricorsi, è già costata alla città più del doppio degli originari seicentomila euro stanziati.

 

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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