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La storia del mercantile Ezadeen raccontata da Servizio pubblico

LAMEZIA TERME Non solo “viaggi” della speranza, ma un vero e proprio giro di affari riguarderebbe i tredici mercantili Ezadeen che da settembre a oggi hanno toccato le coste italiane. Quattro sono …

Pubblicato il: 27/02/2015 – 13:14
La storia del mercantile Ezadeen raccontata da Servizio pubblico

LAMEZIA TERME Non solo “viaggi” della speranza, ma un vero e proprio giro di affari riguarderebbe i tredici mercantili Ezadeen che da settembre a oggi hanno toccato le coste italiane. Quattro sono affondati, mentre per i nove rimanenti si pongono adesso seri (e onerosi) problemi di smaltimento. Di questo, e in particolare del natante giunto lo scorso 3 gennaio a Corigliano Calabro, si è occupato il servizio andato in onda nella puntata di ieri di Servizio pubblico del giornalista Sandro Ruotolo, in collegamento con la cittadina cosentina.
«Il mercantile trasformato in una sorta di nave bestiame – spiega Ruotolo – è giunto dalla Turchia con a bordo 360 profughi siriani. È costato 90mila euro e ha generato un guadagno di 2 milioni di dollari». Cifre da capogiro ben presto motivate: per salirci e per affrontare un viaggio che avrebbe potuto rivelarsi rischioso, se non letale, i passeggeri avrebbero pagato seimila euro a testa. «Ma perché – si è domandato ancora Ruotolo – se i siriani fanno tappa da noi per poi recarsi in altri Stati, come la Germania, non pensano a un volo low-cost da Istanbul che gli costerebbe 200 o 300 euro, certo non 6mila?».
Le operazioni di soccorso sono invece state raccontate dal comandante della Capitaneria di porto Francesco Perrotti, secondo cui la Ezadeen sarebbe giunta presso le coste calabresi priva di conducente e con il pilota automatico inserito. «La nave – afferma Perrotti – non era ovviamente in grado di governarsi e per questo sono stati chiesti i soccorsi».
«Totalmente ignorata dai greci che avrebbero dovuto quantomeno segnalarla», rileva Ruotolo, è presto scomparsa, secondo la ricostruzione del giornalista e di Perrotti, dalle rotte di cui dà conto l’amministrazione della compagnia, diventando così «una nave senza pedigree», come l’ha definita il comandante dalla Capitaneria di porto di Corigliano.
Attualmente, è quanto spiega ancora il giornalista, le nove navi rimaste, tra cui quella che si trova in provincia di Cosenza, sono destinate a uno sfascio che «costa troppo» e che pende come una spada di Damocle sulla testa dei cittadini. Si parlerebbe di 200-300 mila euro per smaltire l’enorme “rifiuto speciale”, assieme ai suoi materiali e alle sue vernici.  

z. b.

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