Opportunamente sollecitato dall’evento (Massimo D’Alema che presenta l’ultimo numero della rivista edita dalla fondazione ItalianiEuropei e intitolata “Sprofondo Sud”) il governatore Mario Oliverio ha parlato in quel di Cosenza con passione e chiarezza pur dicendo cose grandemente allarmanti. Cose che oggi vengono confermate da uno studio condotto da Demoskopika i cui risultati verranno illustrati domani a Cosenza. «Demoskopika, nel tentativo – spiega Raffaele Rio – di fare più chiarezza rispetto alle risorse comunitarie in quota alla Regione Calabria, ha osservato con attenzione la natura e la dotazione delle risorse comunitarie, misurato i vari livelli di rischio, rilevato le ripercussioni sul tessuto economico e sociale calabrese per la mancata attuazione dei progetti cofinanziati dall’Unione Europea». Alla fine dell’indagine, Demoskopika utilizza un termine secco: «Default».
Proprio così: la gestione dei fondi comunitari 2007-2013 è semplicemente fallita. Vi sono progetti di primaria importanza che praticamente sono andati perduti come gran parte dei finanziamenti poggianti sul Fondo sociale europeo e sul Piano di coesione. Non è solo una perdita economica, in alcuni casi anche il danno etico e sociale è elevatissimo. Ad esempio sono praticamente persi i finanziamenti per i contratti locali della sicurezza e quelli connessi alla seconda manifestazione d’interesse per il recupero e la conservazione dei beni con confiscati alla ‘ndrangheta.
E torniamo all’impietosa analisi che Mario Oliverio ha fatto giovedì pomeriggio a Cosenza: «Io mi sono insediato due mesi e mezzo fa e già quelli che hanno compiuto disastri in questa regione mi chiedono il conto. Nei prossimi giorni presenteremo il rapporto di “un’operazione-verità” sui conti di questa regione. In ogni punto dove si mettono le mani si trovano macerie. Chiedi un rapporto, seppur parziale, sui conti dell’Afor – ha aggiunto Oliverio – e scopri un buco da 200 milioni. Vai a guardare nelle società in house della Regione, un sistema di matrioske, di scatole cinesi in cui si trovano dappertutto centinaia di consulenze, migliaia di clienti e sprechi a non finire».
È il Mario Oliverio che piace a quanti hanno scommesso sulla sua elezione per cambiare senso e direzione alle cose in Calabria. L’impegno a presentare, nel giro di giorni, un rapporto-verità è quello che anche da questa parte del mondo dell’informazione ci fa piacere sentire. Certo, terrorizza l’idea che già abbiamo davanti, oltre alle macerie strutturali, anche una voragine economica che il governatore stima, ma solo per difetto, in oltre due miliardi e mezzo di euro.
Diversamente da Oliverio, però, non siamo per nulla sorpresi dal fatto che, a fronte di questa situazione drammatica, molti ancora oggi lavorano per far fallire il suo tentativo di cambiare verso e indirizzo alle cose. Lui ribadisce l’intenzione di fare guerra a «personaggi che esaminano i progetti e che, a seconda delle simpatie o delle antipatie, assegnano le risorse». Assicura la volontà di attivare «automatismi e premialità. Chi riesce a realizzare gli obiettivi deve essere premiato. Bisogna investire nella innovazione e nella trasparenza». E conclude sottolineando come «tutto questo presuppone un cambiamento e mette in discussione interessi e privilegi consolidati».
Tutto giusto, tutto sottoscritto. Ma con quali mezzi, con quali risorse, seguendo quali priorità e quale crono programma e, soprattutto con quali uomini Oliverio intende fare queste cose? È qui il punto ed è qui che non si hanno, almeno al momento, tranquillizzanti risposte. Dice ancora Oliverio: «Non è né semplice né facile fare tutto questo. È necessario stringere un patto». Verissimo anche questo, ma il patto con chi intende sottoscriverlo? Ci sono antichi mestieranti della politica che tornano giornalmente a Palazzo Alemanni, anzi per dirla tutta non se ne sono mai allontanati. Il primo segnale da dare e cacciarli dal tempio. Ci sono dirigenti che in questi anni hanno firmato di tutto e creato intrecci dove non sai più chi è il controllore, chi il controllato, chi il proponente e chi il decisore. Al momento sono ancora lì, anzi qualcuno è stato spedito a ispezionare gli enti dei quali aveva già il controllo quando le ruberie e le malversazioni venivano portate a termine.
Sono queste le cose che destano perplessità e preoccupazione. Le potrà agevolmente fugare, Mario Oliverio, nel momento in cui, come promesso giovedì, convocherà una grande assemblea e renderà noti i risultati della sua perlustrazione, rendendo noti nomi e fatti. Altrimenti il rischio è che tutto cada nel già visto, nel generico e nel banale. Cosa disse insediandosi Chiaravalloti? «Ho ereditato un disastro». E dopo di lui Loiero: «Abbiamo ereditato lo sfascio più completo, dovremo rivoltare la Calabria come un calzino». E poi arrivò Scopelliti e per due anni non ha fatto che ripetere di avere ereditato disastri e che era necessario un «radicale cambiamento». Ma poi scopriamo che la compagnia di giro, quella meno visibile ma più rognosa, è rimasta sempre la stessa transumando da Chiaravalloti a Loiero e approdando da Scopelliti. Oggi comincia a fare capolino qualche faccina anche nella cerchia di Mario Oliverio. È qui che scatta l’allarme in quanti non hanno smesso di credere nella sua buona fede. Siamo tutti paranoici? Può darsi, ma visti i trascorsi è difficile non esserlo.
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