CATANZARO Il gup del Tribunale di Catanzaro Giuseppe Perri si è pronunciato, nell’ambito del processo Siesta, con una sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste. Rigettati dunque i capi di accusa a carico dei 75 dipendenti dell’Asp di Catanzaro Lido.
Sembra dunque crollare il castello accusatorio della Procura che aveva ipotizzato che i camici bianchi facessero, forti dei badge elettronici timbrati dai colleghi, assente ingiustificate che erano finite sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti a partire dal 2008.
Telecamere nascoste avevano, allora, permesso di svelare il meccanismo che si pensava fosse alla base del modo di gestire la giornata lavorativa di dipendenti che timbravano fino a cinque volte, andavano a fare la spesa o si recavano dal barbiere negli orari in cui avrebbero dovuto essere in servizio.
Secondo l’accusa gli indagati si sarebbero assentati per ore o per interi giorni, grazie alla “collaborazione” di colleghi compiacenti che timbravano al posto loro. In questo modo gli indagati, affermavano gli inquirenti, si sarebbero procurati «un ingiusto profitto inerente la retribuzione delle ore/giornate indebitamente lucrate, con corrispondente danno per l’ente pubblico inerente anche al disservizio cagionato». Accuse crollate di fronte alla decisione del giudice dell’udienza preliminare che ha accolto le tesi difensive dei legali, tra cui Amedeo Bianco, Eugenio Perrone, Valerio Murgano, Nicola Cantafora, Giancarlo Pittelli e Saverio Loiero. Il pm titolare delle indagini Domenico Guarascio ha deciso, tuttavia, di proporre ricorso in Cassazione.
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